Com’eri vestita? L’abito non è un alibi al Palazzo di Giustizia

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Microcredito

per le aziende

 


Arriva a Trieste, nell’atrio del Palazzo
di Giustizia
, la mostra Com’eri vestita? – L’abito non è un
alibi. 

 
Con una conferenza stampa d’inaugurazione il 7 marzo alle ore 10:00 aprirà
ufficialmente al pubblico l’allestimento che sta girando tutto lo stivale e che
sarà visitabile dalle 12.00 e poi disponibile fino al 15 marzo prossimo:
un’installazione che vuole mettere in luce l’abominio della colpevolizzazione
della donna (tecnicamente vittimizzazione secondaria) e del suo
modo di vestirsi nei purtroppo numerosissimi casi di violenza di genere.

 

In mostra 10 outfit ispirati a reali abiti indossati dalle vittime: potenti della loro normalità e resi oltremodo drammatici dagli estratti delle testimonianze che li accompagnano.
L’iniziativa – promossa dalla Consulta Femminile di Trieste – è l’adattamento italiano a cura di Libere Sinergie da What Were You Wearing?, l’installazione ideata nel 2014 da Jen Brockman, direttrice del Centro per la prevenzione e l’educazione sulle aggressioni sessuali presso la University of Kansas, e Mary A. Wyandt-Hiebert, direttrice delle iniziative di programmazione del Centro di educazione contro lo stupro presso la University of Arkansas. 
Agli outfit in mostra si aggiungono tre fotografie di tre luoghi realmente teatro di violenze nella città di Trieste, trattati con l’occhio artistico di Brenda Rossi, giovane fotografa al suo primo allestimento pubblico. L’iniziativa vede, inoltre, la preziosa collaborazione con il Coordinamento della Rete Espansioni con il quale è stato lanciato il concorso dall’esito del quale sono state selezionate tre opere che arricchiranno la mostra.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Alla conferenza stampa saranno presenti il Procuratore della Repubblica Dottor Federico Frezza, il Dottor Sergio Gorjan Presidente della Corte d’Appello, il dottor Igor Maria Rifiorati Presidente del Tribunale, la dottoressa Carla Marina Lendaro già magistrata e presidente donne mastrate italiane, la d.ssa Stefania De Castro Commissario Capo Questuradi Trieste, Maurizio De Blasio Assessore Pari Opportunità Comune di Trieste,Debora DesioPresidente della Consulta Femminile di Trieste Laura Carlini Farfogna Direttore Artistico mostra e Brenda Rossi fotografa). In attesa di conferma la presenza del Procuratore Generale Dottor Carlo Maria Zampi

L’obiettivo della mostra è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo tema che si porta dietro innumerevoli luoghi comuni che colpevolizzano la vittima invece di proteggerla e di tutelarla. Troppo spesso, infatti, e con troppa leggerezza l’abbigliamento della donna viene messo sotto accusa, indagato e persino usato come alibi dall’uomo che ha agito con violenza. Sono tristemente famose affermazioni del tipo: “eh ma com’era vestita…” o “se l’è cercata…”.
Con il supporto della Corte di Appello, la mostra sarà ospitata nella parte storica del Palazzo di Giustizia: un’unione simbolica tra cittadinanza, forze dell’ordine e i luoghi in cui si esercita la giustizia. L’organizzazione dell’evento è affidata alla Consulta Femmininile di Trieste con l’Italia da Libere Sinergie, l’associazione autorizzata da Amnesty Internationalideatrice del progetto originale nel 2014.

L’esposizione non può lasciare indifferenti. Un allestimento dove ci si ritrova di fronte ai capi d’abbigliamento ispirati a quelli realmente indossati da donne vittime di violenza. Un abbigliamento comodo, al pari un abito da sera o uno succinto, sono espressione di libertà della donna che li ha indossati in risposta ad un preciso bisogno o pensiero di quel momento: e nessuno ha il diritto di violare questa libertà, tantomeno di abusare, o peggio, di incolpare l’abbigliamento come invito, complice o giustificazione. 
 
Costantemente, le Forze dell’Ordine intensificano gli sforzi perché questi reati vengano denunciati: per demolire il muro di silenzio e i sentimenti di vergogna in cui la donna si richiude. Il passaggio successivo è lasciare che la legge faccia il suo corso nei luoghi tributati all’esercizio della giustizia. Se è vero che la cronaca tende ad evidenziare le criticità dove la legge si impalla in situazione criticabili, è pur vero che esistono sentenze che rendono giustizia. Ciò fa riflettere sul bisogno di un lavoro ancora da fare e che non può essere responsabilità solo di alcuni: per questo riunire società civile ed esponenti a vario titolo della “legge” in uno stesso luogo, ha valore di condivisione e sostegno reciproco.
Tutti sono, tutti siamo, chiamati a partecipare ad un processo di cambiamento verso una società migliore.

La scelta del periodo non è casuale. La Consulta Femminile, infatti, intende sottolineare come la lotta alla violenza sulle donne sia un lavoro costante tutto l’anno, tanto più a ridosso della giornata dell’8 marzo in cui la giovialità della data non dovrà generare fraintendimenti sullo spirito con cui le donne usciranno di casa, frequenteranno locali, berranno drink e decideranno il loro look.  Il messaggio è chiaro: le donne hanno diritto di tornare a casa come sono uscite. 
Sane e salve, l’8 marzo e tutti gli altri giorni.
 
A seguito della conferenza, la visita alla mostra sarà riservata alla stampa e autorità presenti. L’apertura al pubblico è prevista per lo stesso giorno alle ore 12:00
La mostra sarà visitabile dal 7 al 15 marzo, dal lunedì al sabato, dalle ore 09:30 alle ore 12:30.

© Riproduzione riservata





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link