Sabato 1° marzo, nella chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo, a Sassari, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica di apertura della Visita pastorale, conferendo il sacramento della Confermazione ai ragazzi e alle ragazze della comunità.
Don Dino Pittalis, prima dell’inizio celebrazione, ha salutato l’arcivescovo, anche a nome di don Emanuele e di tutta la comunità parrocchiale:
«Monsignor Gian Franco, siamo lieti e felici di accoglierla in occasione della sua Visita pastorale alla nostra parrocchia. Questo momento di incontro è per noi un segno di vicinanza e di attenzione da parte sua e rappresenta un’opportunità preziosa per riflettere insieme sul nostro cammino di fede e di missione. La nostra comunità sta attraversando un periodo di attesa, in particolare per la nomina del nuovo parroco, un passaggio importante che ci invita a metterci in ascolto e a vivere, con pazienza e speranza, questo tempo di transizione. È una sfida non da poco, soprattutto nel contesto della costruzione di una pastorale fedele al Magistero di Papa Francesco, il quale ci esorta continuamente a vivere in una Chiesa sinodale, aperta al dialogo, alla corresponsabilità e alla missione.
Come discepoli di Cristo, siamo chiamati a camminare insieme, a condividere il nostro impegno e le nostre fatiche, perché la parrocchia non è un luogo chiuso, ma una comunità viva che si apre al mondo, animata dal desiderio di portare il Vangelo a tutti, in particolare agli ultimi e ai più fragili.
Le sue parole e la sua presenza, oggi qui in mezzo a noi, ci ricordano che la nostra parrocchia è parte integrante della più grande famiglia diocesana, una comunità che cresce e si arricchisce nella fraternità, nel servizio e nella missione. Come lei spesso ci ricorda nel suo magistero, siamo chiamati a camminare insieme, non solo come singoli, ma come Corpo di Cristo, e il discernimento sinodale ci aiuta a farlo in modo più consapevole e corresponsabile. Siamo certi che anche questo periodo di attesa e di rinnovamento potrà portare frutti di vita nuova in una Chiesa che non si ferma mai, ma che è sempre in cammino, sempre pronta ad annunciare la speranza che viene dal Vangelo.
Grati per la sua presenza qui, oggi, in mezzo a noi, chiediamo al Signore che ci accompagni insieme nel cammino di crescita, perché possiamo diventare sempre più una parrocchia missionaria, unita e fedele, che vive con gioia la sua vocazione di essere discepola e testimone di Cristo risorto».
Nell’omelia, in un dialogo con i cresimandi, l’Arcivescovo ha detto:
«Dopo la presentazione della catechista, che ringrazio, ora vorrei vivere un breve momento di dialogo con voi, cari ragazzi e ragazze, che state per ricevere il sacramento della Cresima.
Nel Vangelo di oggi troviamo alcune immagini. Vi ricordate? Sì, si parla di una persona che accompagna un’altra persona. E cosa dice? Dice che, per accompagnare l’altra persona, occorre che essa veda. Cosa dice esattamente il Vangelo? Dice che un cieco non può accompagnare un altro cieco. Perché? Che cosa succederebbe? Se anche chi accompagna la persona cieca non vede cadono, si fanno male e non riescono nemmeno a trovare la strada giusta.
La prima cosa che Gesù ci insegna è che, per essere suoi discepoli, dobbiamo imparare a vedere. E allora: che cosa rende la vista viva? La luce, perché produce effetti particolari che permettono di vedere. Ma vi ricordate la circostanza nel Vangelo in cui Gesù dice: “Io sono la Luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12)? Colui che ci fa vedere è Gesù. Questa è la prima cosa che, questa sera, il Vangelo desidera ricordarci: Gesù è colui che ci fa vedere.
Voi desiderate, nella vita, rimanere fermi o camminare? Correttamente avete detto che desiderate camminare. Ma cosa vuol dire camminare? Voi dite: andare avanti, senza fermarsi mai. Per la vostra età, camminare significa crescere.
Gesù dice che lui è la Luce; la prima cosa che desidera ricordarci è che, per essere buoni discepoli, dobbiamo seguire una via luminosa. Dobbiamo imparare a guardare, a vedere; altrimenti si va a cadere, e questo non lo vogliamo assolutamente: vogliamo camminare.
Poi c’è un altro aspetto nel Vangelo, molto sottile. Gesù parla di una sola persona o di due? Di due, avete risposto correttamente. E cosa dice ancora il Vangelo? Dice che entrambe devono saper vedere, altrimenti cadono.
Essere discepoli di Gesù implica due cose: un impegno personale di imparare a vedere e l’impegno di camminare insieme, aiutandoci a vicenda. Ora vi chiedo: è semplice camminare sempre insieme oppure, a volte, è difficile? Ho sentito che avete risposto che è difficile. Nell’amicizia, vi capita mai di litigare? Sì, avete risposto. Ecco, quando si litiga, si va nel buio. Supponiamo allora che uno dei due non voglia perdonare il compagno: dove si rimane, nel buio o nella luce? Nel buio, voi dite. Quindi, almeno uno deve perdonare e recuperare la via, la via luminosa. Se, invece, tutti e due si mettono d’accordo, allora è fatta: è una vittoria. Questa è l’essenza della vita cristiana, che non è solo un fatto privato e personale. C’è una scelta individuale in cui ciascuno di noi sceglie Gesù; ma in questo siamo chiamati anche ad aiutarci insieme.
Ora vi chiedo: dopo la Cresima, rimanere da soli, secondo voi, basta? No! Questa è la ragione per cui, dopo la Cresima, occorre ancora imparare a camminare insieme. Ad esempio, voi avete un luogo speciale per camminare insieme: il primo luogo è la famiglia. E poi, avete la parrocchia. La parrocchia è il luogo, insieme alla famiglia, in cui si impara a essere discepoli di Gesù.
Si impara così a fare scelte personali e, contemporaneamente, a camminare insieme.
Don Dino, nel porgere il suo saluto, ha detto che il Vescovo durante la Visita pastorale viene ad incontrare questa comunità parrocchiale, che fa parte della famiglia più grande, quella della diocesi. Questo significa che nella Chiesa non si vive in modo isolato, ma insieme, per scoprire il senso della vita, dell’amicizia e del vivere insieme. Questo è davvero molto importante ed è un compito che riguarda tutta la comunità, chiamata a coltivare la famiglia della parrocchia. Talvolta, può sorgere la tentazione di concepire la fede come qualcosa di isolato e di dire: “Io faccio le mie scelte, le mie preghiere, le mie opere buone, e agli altri non mi interessa nulla.”
Il Vangelo ci ricorda che la parrocchia implica un gruppo di discepoli che camminano insieme. Inoltre, la parrocchia è un luogo fondamentale in cui ci si prende cura l’uno dell’altro.
A un certo punto, nel Vangelo che abbiamo ascoltato, si parla di un albero e dei suoi frutti. Il Vangelo dice che un albero buono si riconosce dalle sue radici, le quali sono fondamentali: se le radici non sono buone, l’albero non riceve l’alimento, la linfa. Successivamente, l’albero si estende e produce frutti. Ma se quell’albero non è buono, se le radici, ad esempio, non sono sane o non sono piantate in un terreno adeguato, il frutto risultasgradevole.
Poi Gesù fa un ulteriore esempio per ricordarci che, affinché possiamo diventare un frutto gradevole e saporito, occorre essere ben coltivati. Questo è l’altro aspetto. Voi avete vissuto un tempo di cura per prepararvi alla Cresima, ma, questo tempo non basta perché nella vita ogni giorno dobbiamo imparare a prenderci cura di noi stessi e anche degli altri.
L’impegno della parrocchia si evidenzia anche nell’altro aspetto della Visita pastorale: il Vescovo rappresenta il segno sacramentale di Gesù, che nel Vangelo appare talvolta come l’agricoltore, il giardiniere o il padre. Gesù si presenta, infatti, come il giardiniere che va nelle parrocchie per verificare se si sta maturando e se si stanno coltivando bene queste belle piante, questi alberi. Ma chi sono queste “piante”, questi “alberi”? Siamo noi!
Ma, secondo voi, questo compito – quello di essere luce, come abbiamo detto prima, e quello di coltivare bene le piante – spetta solo al parroco o è un compito di tutti noi? È un compito di tutti noi!
Oggi, ricevendo il sacramento della Cresima, fate una scelta: la scelta di essere cristiani; voi confermate tale scelta e, tra un po’, rinnoveremo le promesse battesimali. Insieme a voi, rinnoverannole promesse battesimali i vostri padrini, le vostre madrine e i vostri genitori, insieme a tutta la comunità parrocchiale. Così, l’esperienza della Cresima, e la sua amministrazione durante la Visita pastorale, si rivela davvero bella. Sollecita, infatti, tutta la comunità parrocchiale a prendersi cura della propria fede, a coltivare le sue radici, curandole bene, a portare frutto buono – il frutto del Vangelo, il frutto di Cristo – e a camminare nella via della Luce, ad essere discepoli e luce gli uni accanto agli altri, senza essere indifferenti. Questa è, sostanzialmente, la parrocchia.
So che attendete anche il parroco, ma solo il parroco non basta. Ora avete un amministratore, don Dino, e un collaboratore, DonEmanuele, che si stanno prendendo cura della parrocchia con tanta dedizione, dopo che Don Luciano è andato in Paradiso.
Ora vi chiedo: un solo sacerdote in parrocchia può guidare la comunità? E sarebbe corretto che lo facesse da solo? La vostra risposta è stata giustamente no.
Infatti, il parroco non potrebbe sostituirsi al coro, oppure al gruppo delle catechiste. Vedete: per fare catechismo è necessario prepararsi. Anche il compito delle catechiste richiede dedizione, significa prendersi cura, proprio come si cura una pianta. È una responsabilità dell’intera comunità.
Desidero che, in questi giorni di Visita pastorale – maturi, come sta avvenendo anche nelle altre parrocchie – fiorisca un senso di responsabilità che è diverso da quello della “delega”. Cosa vuol dire, in effetti, la parola “delega”? Quando uno delega, non agisce in prima persona e affida il compito a un altro. Gesù, invece, ci chiede di agire in prima persona, di impegnarci attivamente. La delega, a volte, significa non assumersi pienamente la responsabilità o affidarla a un’altra persona. Gesù, invece, ci chiede di essere tutti responsabili.
Con questo breve e molto esemplificativo dialogo ascoltato nella lettura del Vangelo, Gesù desidera davvero aiutarci ad accogliere la Parola di Dio, che è stata proclamata e in cui ciascuno di noi è invitato a coinvolgersi personalmente.
Ora, con il dono dello Spirito Santo, voi siete il segno vivo, il segno tangibile di un gruppo di ragazzi e ragazze che dicono: “Noi desideriamo essere dei buoni”»
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