“Capsulectomia en-bloc”. Non sembra un termine di immediata comprensione, vero? Eppure, questo approccio chirurgico è diventato piuttosto noto tra le persone affette da Breast Implant Illness, al punto che lo richiedono esplicitamente al loro chirurgo plastico. Tale fenomeno è strettamente legato al potere dei social media, a cui sempre più persone si rivolgono per questioni di salute.
Ma facciamo un passo indietro: prima di addentrarci nell’argomento, è necessario chiarire due concetti fondamentali. Cosa si intende per “Breast implant illness” e per “capsulectomia in blocco”? Con il termine Breast Implant Illness (BII), letteralmente “Malattia da protesi mammarie”, si fa riferimento ad un insieme di sintomi sistemici che riferiscono pazienti portatrici di protesi mammarie. Sebbene la BII non sia ufficialmente riconosciuta come una condizione medica distinta, migliaia di donne riportano sintomi quali affaticamento, dolori articolari, “annebbiamenti”, problemi cutanei e molti altri: sono stati segnalati oltre cento sintomi attribuiti alle protesi.
Questi sintomi possono manifestarsi nel tempo e con gravità variabile.
La causa della BII non è ancora stata chiarita, ma sono state formulate diverse ipotesi: reazioni immunitarie, risposte dell’organismo alle protesi, rilascio di sostanze dalle protesi o la presenza di biofilm.
La capsulectomia, invece, è la rimozione chirurgica della capsula fibrosa che si forma naturalmente intorno alle protesi mammarie. Esistono diverse tipologie di capsulectomia:
– Capsulectomia en-bloc: rimozione della protesi e della capsula con un margine di tessuto sano, indicata nel trattamento del linfoma anaplastico a grandi cellule associato alle protesi mammarie (BIA-ALCL);
– Capsulectomia totale che viene distinta in due tipologie; quella che in inglese viene definita come total intact che consiste nella rimozione della protesi e della capsula come un’unica unità, senza asportare margini di tessuto sano, e quella semplicemente definita come totale, che fa riferimento alla rimozione completa della capsula, ma non necessariamente in un’unica unità con la protesi;
– Capsulectomia parziale: rimozione di una parte della capsula, lasciandone una porzione in sede.
Secondo uno studio americano, la crescente richiesta di capsulectomia en-bloc da parte delle pazienti affette da BII è il risultato di idee errate diffuse tramite i social media e le comunità online dedicate alla BII e al linfoma anaplastico a grandi cellule associato alle protesi (BIA-ALCL). Proprio questa settimana è stato presentato il primo rapporto del registro nazionale delle protesi mammarie dal Ministero della Salute con oltre 60 mila protesi mammarie impiantate. I dati confermano come l’incidenza del BIA-ALCL sia molto bassa con poco più di 2 casi ogni 100 mila pazienti nel 2023 e questo grazie all’aumento della consapevolezza su questa patologia promossa dal ministero e dalla comunità scientifica, grazie a una conoscenza sempre più approfondita, che ha portato inevitabilmente anche a una maggiore “popolarità online” di questa patologia.
Il BIA-ALCL è un raro tipo di linfoma non-Hodgkin che si sviluppa nella capsula fibrosa attorno alla protesi mammaria, principalmente in pazienti con protesi macrotesturizzate. Si manifesta tipicamente con gonfiore, dolore o accumulo di liquido intorno alla protesi. Il trattamento chirurgico consiste proprio nella rimozione della protesi mediante capsulectomia en-bloc. Tuttavia, questa correlazione ha generato una grande confusione nelle comunità online, portando molte pazienti con BII a credere erroneamente che la capsulectomia en-bloc sia la soluzione ai loro sintomi. Ma esistono prove scientifiche a supporto dell’idea che questa procedura rappresenti la scelta migliore per le pazienti con BII?
“La capsulectomia en-bloc è una procedura lunga, complessa, costosa e non priva di rischi, è necessaria esclusivamente per le pazienti con tumori, accertati o sospetti, associati alla protesi mammaria, previa accurata valutazione medica.” Questa è la dichiarazione della Breast Surgery Collaborative Community (BSCC) che chiarisce quando la capsulectomia en-bloc è realmente indicata, rispondendo così alla nostra domanda.
Per quanto riguarda la gestione della BII? La BII non è ancora pienamente riconosciuta come diagnosi medica ufficiale. Si tratta di una condizione poco conosciuta, con studi limitati a causa della sua unicità. Per questo, esiste ancora incertezza sulla migliore strategia da adottare, oltre alla rimozione delle protesi. Alcuni studi non rilevano differenze statisticamente significative nella riduzione dei sintomi tra i diversi tipi di capsulectomia (totale o parziale), mentre altri sottolineano la necessità di eseguire una capsulectomia “total intact”. Tuttavia, non tutte le pazienti ottengono una completa risoluzione dei sintomi, indicando che altre condizioni sottostanti potrebbero contribuire al quadro clinico.
Non si può negare il supporto che molte donne con BII, in particolare quelle sottoposte a interventi per motivi oncologici, hanno trovato nelle comunità online. Tuttavia, questo caso rappresenta un esempio lampante di come, in assenza di una guida adeguata da parte di professionisti, il vasto bacino di informazioni disponibili online possa trasformarsi in un altrettanto vasto serbatoio di idee sbagliate, perdendo il suo valore. I social media, Internet e le nuove tecnologie come le intelligenze artificiali sono strumenti potenti, ma il loro utilizzo deve essere responsabile. Le informazioni, soprattutto in ambito medico, devono essere veicolate da esperti qualificati nel settore della chirurgia plastica.
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