Voci ebraiche su Gaza – SettimanaNews

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Intervista ad Anna Foa, tra i firmatari dell’appello di «Ebree ed ebrei italiani (che) dicono NO alla pulizia etnica». Qui risponde alle nostre domande dopo gli attacchi da esponenti dell’ebraismo italiano riportati dal Corriere della Sera in data 27 febbraio. Anna Foa è autrice del volume Il suicidio di Israele (cf. SettimanaNews, qui).

  • Gentilissima Anna, come è giunta a firmare questo appello?

Non ne sono tra i diretti promotori. Questi mi hanno chiesto − diversi giorni fa − di firmarlo. L’ho fatto con profonda adesione. Si tratta infatti di contestare fermamente la soluzione prefigurata da Donald Trump sui palestinesi, cioè, cacciarli da Gaza mentre sono vittime di continue aggressioni pure in Cisgiordania. Ho trovato l’espressione usata dall’appello − «pulizia etnica» − senz’altro appropriata per «senso storico»: non ha infatti nulla a che fare con chi lamenta ostilità antisemite.

  • Gli organismi promotori del manifesto sono il «Laboratorio Ebraico Antirazzista» e «Mai indifferenti – Voci per la Pace». Come li conosce?

Non conosco molto. Mi appaiono movimenti − fatti soprattutto da giovani ebree ed ebrei italiani − molto attivi nel denunciare la politica dello Stato d’Israele e nel promuovere processi di pacificazione tra ebrei e palestinesi in Israele. Ciò non significa affatto, contrariamente a quanto stanno sostenendo i polemici, che i movimenti e i firmatari del manifesto − tra cui la sottoscritta − stiano sottovalutando o giustificando, in qualsiasi modo, la disumana aggressione del 7 ottobre 2023.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

  • Dalle colonne del Corriere della Sera, Victor Fadlun, Presidente della Comunità ebraica romana, ha detto: «È dissonante e orribile che in queste ore siano comparsi appelli e denunce contro la “bonifica etnica” a Gaza, infangando − proprio mentre si celebravano i funerali di Shiri e dei piccoli Bibas, e mentre anche la nostra Comunità si raccoglieva nel cortile della scuola, commossa e col cuore spezzato al suono dello Shofar − la legittima guerra di Israele». Come risponde?

Come le ho detto, la raccolta delle firme è iniziata diversi giorni fa, almeno due settimane fa. È del tutto casuale che l’appello sia uscito proprio nel giorno dei funerali dei bambini. Nulla è stato detto al riguardo, perché non c’è nessuna relazione tra i fatti. Naturalmente piange il cuore a me, come a tutti, per i piccoli ebrei.

  • Angelica Edna Calò Livnè, ebrea romana, ha sostenuto che «con la vostra firma voi incriminate Israele e soprattutto mettete in pericolo voi stessi, ebrei della Golà (diaspora)». Si sente in pericolo?

Come ho avuto già modo di dire qui, ho 80 anni, scrivo libri e articoli. Non nascondo il mio nome e la mia identità ebraica; così come me, tante altre ebree e tanti ebrei italiani, autori o meno. Non avverto su di me la caccia all’ebreo per strada. Semmai ci sono persone – ebree – che, da un giorno all’altro mi hanno tolto il saluto.  Certamente l’antisemitismo c’è, anche in Italia, ma non per la ragione che sostiene la signora Livnè.

  • Anche Riccardo Pacifici, ex Presidente della Comunità ebraica di Roma, ha attaccato i firmatari dell’appello, dicendo «mi sembrano gli ebrei di “corte” sotto il fascismo». Cosa ne pensa?

Posso far notare a Riccardo Pacifici che tra i firmatari dell’appello ci sono, ad esempio, Carlo e Alessandra Ginzburg, figli di Leone, uno dei massimi studiosi italiani degli anni Trenta, antifascista e resistente, passato ripetutamente attraverso le carceri fasciste sino ad essere assassinato, durante l’occupazione nazista, a Regina Coeli nel febbraio del 1944. E ricordo che mio padre, Vittorio Foa, si è fatto otto anni e mezzo di prigione per il suo antifascismo e non ha mai certamente fatto parte di quella «corte» a cui fa impropriamente riferimento Pacifici. Quanto meno, avrebbe dovuto pensare alla storia delle nostre famiglie prima di parlare.

  • La religione ha una qualche parte in questa diatriba tra ebrei italiani?

Mi sembra piuttosto evidente che la maggior parte dei firmatari muova da posizioni «laiche» in fatto di religione. Ma la religione non mi sembra l’elemento discriminante. Naturalmente non conosco tutti i firmatari e le loro motivazioni. Non posso dire di più. Per certo, invece, posso dire che conosco ebrei italiani, religiosi osservanti, che condividono le mie stesse opinioni politiche su Israele, così come conosco ebrei non osservanti custodi di una identità ebraica molto chiusa e politicamente orientata al sostegno della odierna «destra» israeliana.

  • Per quanto lei possa osservare, come sono politicamente orientate le Comunità ebraiche italiane oggi?

La Comunità ebraica romana, così come una parte della Comunità milanese, è chiaramente orientata a «destra» e a sostegno del governo Netanyahu in Israele. I trascorsi dell’ex Presidente della Comunità romana, Riccardo Pacifici, parlano da sé, anche in Italia. Ci sono persone inclini al fascismo nelle comunità italiane.

  • Intende intervenire direttamente in questa vicenda? 

Se null’altro accade, penso di dover chiudere così questa infelice vicenda, che, all’opinione pubblica italiana, dovrebbe dire almeno due cose: esiste una opposizione interna al mondo ebraico italiano, evidenziata, peraltro, dal giornale israeliano Ha’aretz; il confronto politico tra ebrei italiani è polarizzato e, nella circostanza, ha assunto toni personali che sarebbe bene per tutti non avesse assunto.

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