Università, il manifesto dei precari: “Bisogna raddoppiare i fondi, no alla riforma Bernini e stop ai progetti di ricerca legati alle guerre”

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Raddoppio dei fondi all’Università, stralcio del disegno di legge Bernini e nessun rapporto tra i progetti di ricerca e le guerre. Sono alcuni degli obiettivi principali del “Manifesto delle lavoratrici e dei lavoratori precari dell’Università”, articolato in sette punti e pubblicato il 28 febbraio dall’Assemblea precaria universitaria. Il documento è una sintesi degli argomenti discussi all’assemblea nazionale dei precari riunita a Bologna l’8 e il 9 febbraio e arriva a due giorni dalla diffusione di una lettera promossa dagli Stati di agitazione dell’Università che mira a una mobilitazione contro tagli e scarsa stabilizzazione.

Il manifesto dei precari – Il manifesto è presentato da ricercatori, assegnisti di ricerca, collaboratori alle attività di ricerca, docenti a contratto, dottorandi e tutte le figure con un inquadramento precario, che – stando alle stime – rappresentano circa il 40% dei lavoratori dell’Università. “Siamo quasi metà del personale docente e di ricerca, il nostro lavoro è essenziale per il funzionamento dell’Università ma è invisibile, isolato, incerto e senza garanzie contrattuali né sindacali”, denuncia il documento. I ricercatori si scagliano contro l’uso dei progetti per il riarmo – “quasi ogni ricerca è ormai potenzialmente sia militare che civile” -, contro decenni di sottofinanziamento dei fondi strutturali, i tagli e le riforme che hanno privatizzato i meccanismi di selezione, e chiedono un freno alla frammentazione delle figure. “Già oggi il percorso di ricerca accademica può durare fino a 12 anni e stabilizza solo il 10% di chi consegue il dottorato, con la riforma Bernini i precari sarebbero moltiplicati”, si legge. I lavoratori non strutturati rivendicano che gli atenei “si reggono” sul loro operato per svolgere corsi, esami e tesi di laurea, e che senza di loro non si potrebbero scrivere e vincere progetti. “Alla retorica vuota della passione come motore del nostro lavoro rispondiamo che la passione non può sopperire all’assenza di tutele, la vocazione non può essere un alibi”. La denuncia è che sui precari sono da sempre ricaduti i tagli ai fondi per gli atenei, da ultimo il Fondo di finanziamento ordinario, decurtato complessivamente di circa 500 milioni nel 2024 secondo le stime del Consiglio universitario nazionale (Cun). I ricercatori chiedono ora il raddoppio delle risorse, che per il 2025 prevedono 9,4 miliardi di Fondo di finanziamento ordinario e un pacchetto da 37 milioni e mezzo destinato soltanto ai contratti di ricerca, cresciute rispetto al 2024, ma che da più parti sono ritenute insufficienti. “Servono almeno 200 milioni aggiuntivi per permettere che tutti gli assegnisti vengano contrattualizzati”, dice tra gli altri l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani dopo l’abolizione dell’assegno di ricerca.

La lettera di docenti e ricercatori – Il manifesto dell’Assemblea dei precari arriva a pochi giorni dalla pubblicazione di una lettera degli Stati di agitazione dell’Università che rafforza le richieste dei precari. Secondo il documento, sostenuto dai sindacati (e visionabile a questo link), “più di un ateneo ha già congelato le prese di servizio per il 2025 e più di un ateneo ha bloccato il turn over ben oltre i limiti posti alla legge di bilancio”. Stando alle stime pubblicate nel testo bisognerebbe investire almeno 340 milioni sul Piano straordinario per nuove risorse e immettere circa 600 milioni per coprire gli aumenti degli stipendi. Ma oltre ai soldi, si chiedono maggiori tutele e l’abolizione del ddl Bernini. Il ddl del Mur (1240/2024), che introduce borse per ricercatori junior e senior e contratti da professore aggiunto con durate da tre mesi a tre anni, è al momento sospeso. Su quel ddl c’è un conflitto interno: da un lato i ricercatori dell’Università, che da mesi sottolineano il rischio certo di moltiplicare i precari e contraddire la riforma (79/2022) voluta dal Parlamento per ottenere i finanziamenti del Pnrr vincolati alla stabilizzazione delle figure accademiche, dall’altro i rettori, che chiedono più flessibilità nei contratti e sostengono il ddl Bernini. Come sottolineano i ricercatori, oltre 120 società scientifiche lo scorso autunno hanno lanciato l’allarme sui rischi dovuti alla combinazione di tagli alla ricerca e riforma del preruolo. Ora sia il manifesto dell’Assemblea nazionale dei precari sia gli Stati di agitazione dell’Università ribadiscono la necessità di stralciare la riforma Bernini e lanciano un appello a prendere sul serio le proteste. “La ricerca per noi è un lavoro – si legge nella lettera degli Stati di agitazione – a qualunque livello riteniamo debba essere trattato con dignità, riconoscendogli retribuzione, diritti, rappresentanza e una via chiara, unica e sicura verso la stabilizzazione. L’Università italiana rischia di essere spenta, riaccendiamola”.

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