Si accende la 70esima edizione del Carnevale d’Abruzzo a Francavilla al Mare

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La 70esima edizione del Carnevale d’Abruzzo, a Francavilla al Mare, si conferma spumeggiante così come lo è già stata negli scorsi anni. I carri allegorici sono sei e, dopo aver sfilato domenica 23 febbraio, torneranno “in pista” il 2 e il 4 marzo sempre lungo il percorso classico della città, muovendo dal piazzale della stazione per poi proseguire su viale Nettuno, piazza Sirena, lungomare Kennedy e piazza Modesto Della Porta. Infine si percorrerà di nuovo l’intero l’anello per effettuare un secondo giro. Il palco è posizionato in piazza Stazione, e non manca Re Patanello, maschera simbolo del Carnevale francavillese.

Il presidente dell’associazione “Carnevale d’Abruzzo”, Nicola De Francesco, spiega che “ogni carro è coreografato e animato da una scuola di danza, che ha dunque il compito di coreografarlo e animarlo”. Ma non finisce qui: durante la sfilata c’è altresì la presenza della scuola degli sbandieratori dell’Aquila “che sono i nostri cugini stretti”, racconta De Francesco. “Da quando c’è stato il terremoto all’Aquila noi li ospitiamo e loro partecipano sempre volentieri al nostro carnevale: è una sorta di ‘legame dovuto’ perché è una cosa che va avanti ormai da 15 anni. Ne siamo fieri”. 

Ma come è nato Patanello? Il presidente De Francesco ripercorre così la sua storia: “Questa maschera è nata nel 1956 ad opera di un pittore napoletano, Caiati, che veniva a villeggiare a Francavilla nel periodo estivo. Questo artista sentì narrare la storia, tra leggenda e realtà, di un vecchio ciabattino francavillese che faceva il sagrestano per la chiesa di San Franco tra la fine dell’800 e e l’inizio del’900, e che amava bere e fare baldoria. L’uomo veniva chiamato “Zi Patane” (zio Patata) ed era famoso per la sua goliardia in quanto faceva parecchi scherzi. Da lì Caiati prese spunto per creare questo bozzetto, questa maschera, cui diede il nome di “Patanello”, partendo appunto da “Patane”, e che da allora è rimasto il simbolo del Carnevale di Francavilla, nonché il logo della nostra associazione”. 

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Il Carnevale, però, nasce qualche anno prima di Patanello, più precisamente nel 1948, con la costituzione di una banda di musicisti che girava per le strade di Francavilla; tuttavia nel 1956 venne costituito il primo comitato che si occupò della realizzazione del primo Carnevale di Francavilla. “All’epoca”, ripercorre De Francesco, “c’era un solo gruppo che si chiamava “Il disco volante”, era di cartone e circondato da marziani. Probabilmente si prese spunto da un noto libro di Ennio Flaiano, “Un marziano a Roma”, uscito proprio in quel periodo. Poiché nel 1956 ci fu una grande nevicata a Francavilla, la rassegna fu spostata a marzo, dopo di che tutte le edizioni successive si sono tenute sempre nel periodo del Carnevale, fino ad arrivare al giorno d’oggi, sempre con grande successo. Tra i gemellaggi voglio ricordare quelli con Venezia, Markdorf e, nel 2020, in pieno Covid, con il Carnevale di Capua”. 

Il 1998 è stato un anno cruciale perché “si è creata un’associazione autonoma che ha gestito indipendentemente questo evento, sempre con il patrocinio del Comune di Francavilla e, negli ultimi anni, anche con il patrocinio della Regione Abruzzo. Questa associazione, che abbiamo chiamato “Carnevale d’Abruzzo”, porta avanti questa tradizione da ormai diversi anni per tramandare quelle che sono le radici di Francavilla stessa, in quanto il Carnevale fa parte della storia della città dal dopoguerra in poi ed è diventato un appuntamento imprescindibile dell’inverno francavillese, conosciuto anche nelle regioni limitrofe, senza contare che gli abruzzesi all’estero ci seguono in maniera costante e incisiva. Per tali ragioni è importante rimarcare il sacrificio e la voglia dei “ragazzi del capannone”, come li chiamo io, che fanno di tutto per mantenere viva questa fiamma. Solo grazie a loro si tramanda questa tradizione perché profondono abnegazione e sacrificio, tra l’altro svolgendo un lavoro assolutamente volontario perché qui non ci sono stipendi né retribuzioni, c’è esclusivamente l’amore per il Carnevale e per il territorio. Per questo motivo, secondo me, tutta la cittadinanza dovrebbe ringraziare l’opera messa in campo da questi “ragazzi” di 60 anni che si dedicano ancora anima e corpo al Carnevale, sperando che ci siano giovani che vogliano raccogliere questa eredità per non lasciarla morire”. 

De Francesco ha parlato di “capannone” per una ragione molto semplice: “Si lavora in condizioni critiche, proibitive, dentro un capannone fatiscente che si trova in prossimità della stazione di Francavilla e che accoglie i carri allegorici: noi lavoriamo lì, anche se da un paio di anni ci è stato concesso l’uso di una struttura comunale con elementi accessori, e ciò ci fa sicuramente stare meglio. Molti ragazzi che vengono a darci una mano non sono di Francavilla ma di altre realtà come ad esempio Montesilvano, Pescara e Miglianico: hanno fatto loro questo impegno e riconoscono l’importanza e il valore storico di un evento simile”. 

L’auspicio del presidente è chiaro: “Mi piacerebbe vedere una maggiore voglia, da parte degli Enti, di prendere in mano la situazione perché abbiamo bisogno di sostegno, e le istituzioni devono credere fortemente al progetto del Carnevale, altrimenti non si va da nessuna parte e tutto è destinato a estinguersi come la fiamma di una candela. Ognuno deve sentirsi parte dell’organizzazione di questo evento e farlo proprio, perché questa è sì una manifestazione della tradizione ma, soprattutto, è l’unica cosa tradizionale ormai rimasta a Francavilla, visto che altre iniziative sono andate via da qui. Pertanto il Carnevale d’Abruzzo andrebbe valorizzato e sostenuto, ma parlo di un sostegno fattivo, fatto con il cuore, non di facciata, con persone che ci credono veramente”. 

Le maschere “nascono da un’idea e vengono poi trasformate in un disegno. Mentre i carri allegorici vengono progettati sul computer e poi si inizia a lavorare sul concreto, per le maschere si lavora ancora sulla cartapesta. Abbiamo dei maestri cartapestai che sanno farle, ma abbiamo bisogno pure di fabbri, carpentieri, decoratori, artisti che modellino l’argilla creando piccoli capolavori. In questo mestiere c’è un forte elemento non solo di artigianalità ma anche di capacità artistica, e tutto è all’insegna della qualità. Siamo anche disponibili a insegnare ai ragazzi come portare avanti tutto ciò, spiegare loro quali sono i processi per arrivare a lavorare la cartapesta, che è un’arte antica nata in Italia addirittura nel ‘600. Ma per fare tutto ciò non possiamo essere lasciati soli. Abbiamo le specialità per poter andare avanti e migliorare il Carnevale, ma soprattutto abbiamo capacità che sarebbe un peccato disperdere”, conclude De Francesco.





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