Il Credit Agricole può salire al 20 per cento del Banco e la sua quota è determinante per l’esito dell’offerta di scambio promossa dalla banca di Orcel, che non convince i mercati
Mentre in Borsa tengono banco le indiscrezioni sulle manovre di Francesco Gaetano Caltagirone per consolidare la sua posizione su Mps e Mediobanca, venerdì è toccato al BancoBpm dare il via alla raffica di assemblee che nelle prossime settimane sembrano destinate a cambiare la mappa del potere finanziario in Italia.
Rispettando le previsioni della vigilia, gli azionisti dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna hanno dato via libera all’aumento del prezzo dell’Opa lanciata ai primi di novembre su Anima, la società di gestione del risparmio di cui la banca milanese possiede già il 22 per cento. La proposta è passata quasi all’unanimità, con il voto favorevole del 97,64 per cento del capitale presente. L’offerta passa così da 6,2 a 7 euro per azione.
Obiettivo Anima
Ci sono pochi dubbi che l’operazione possa andare in porto, visto che oltre al 22 per cento già in portafoglio al Banco, hanno già preannunciato la loro adesione all’Opa anche altri soci di rilievo come Poste, con il suo pacchetto dell’11 per cento, il fondo Fsi (9,6 per cento), un gruppo di manager (1,5 per cento) e quasi certamente anche il gruppo Caltagirone con un altro 5,2 per cento. In totale sì arriva così a un 49 per cento che appare come una base di partenza più che rassicurante per chiudere con successo la scalata.
All’ordine del giorno dell’assemblea c’erano però anche due ulteriori questioni che potranno rivelarsi decisive sull’altra partita che vede protagonista l’istituto dell’ad Castagna. Un primo quesito riguardava la facoltà per il consiglio di amministrazione del Banco di procedere con l’Opa anche nel caso in cui la Bce non concedesse i benefici contabili del cosiddetto Danish compromise. Inoltre, andava deciso che fare se le adesioni all’offerta del Banco risultassero inferiori ai due terzi del capitale di Anima. Su entrambi i punti è scattato il semaforo verde degli azionisti.
Adesso la palla passa nel campo di Unicredit, che, come noto, a fine novembre ha lanciato a sua volta un’Ops su BancoBpm e una decina di giorni fa, a sorpresa, aveva comunicato di essere pronto a fare marcia indietro se il prezzo dell’offerta per Anima fosse stato aumentato prima di aver avuto la garanzia dell’ottenimento dei benefici del Danish compromise. Benefici che secondo Unicredit difficilmente verranno accordati dai regolatori di Francoforte.
Con l’assemblea di venerdì, il Banco ha implicitamente risposto che ha tutte le intenzioni di tirare diritto, senza curarsi di quelle che l’amministratore delegato Castagna ha liquidato come “pericolose fake news”, riservandosi di rispondere in sede legale.
Dal fronte opposto, fonti di Unicredit, nella serata di venerdì hanno ribadito quanto già detto in precedenza, confermando che i maggiori oneri legati all’Opa su Anima potrebbero determinare la rinuncia all’offerta sul Banco.
Il giudizio della Borsa
La sfida entrerà nel vivo nelle prossime settimane, ma la Borsa, intanto, si è già mossa in una direzione precisa. Sulla base delle quotazioni correnti, infatti, per avere una qualche probabilità di successo Unicredit non potrà fare a meno di aggiornare al rialzo la sua offerta. La banca guidata da Andrea Orcel ha messo sul piatto 10,1 miliardi da pagare in azioni, nel rapporto di 175 titoli Unicredit ogni mille del Banco.
Dal 25 novembre però, cioè, da quando l’operazione è stata annunciata, la banca preda si è mossa più velocemente in Borsa rispetto al predatore. E così, adesso, l’offerta è a sconto dell’8 per cento rispetto alla quotazione dell’istituto di Castagna. Questo significa che a mano di improbabili cambi d’umore di mercati, Unicredit potrebbe essere costretta a un rilancio dell’ordine di almeno il 10 per cento, cioè un miliardo circa.
La situazione si chiarirà entro il prossimo 27 marzo quando i soci sono chiamati a dare il via libera all’Ops sul Banco. Entro quella data è previsto il via libera della Bce all’operazione e cinque giorni dopo c’è la scadenza per l’ok della Consob per il prospetto informativo. L’offerta potrebbe quindi partire a fine maggio oppure a giugno.
Arbitro a Parigi
In attesa di un eventuale rilancio, potrebbero anche chiarirsi le intenzioni del Credit Agricole, che al momento appare come il vero arbitro della partita. L’istituto francese nelle settimane scorse ha già portato dal 9,9 asl 15 per cento la sua partecipazione nel Banco e potrebbe essere già pronto ad arrivare sulla soglia del 20 per cento.
Due giorni fa, infatti, Deutsche bank ha comunicato di avere la disponibilità di un pacchetto del 5,1 per cento “per conto di un cliente terzo” che, si ipotizza in Borsa, sarebbe proprio essere l’Agricole.
L’istituto transalpino potrebbe usare il suo pacchetto come merce di scambio con Unicredit, di cui è partner nel risparmio gestito. Oppure con il Banco, con cui collabora nel credito al consumo. Come dire che la battaglia, più che a Milano, potrebbe finire per decidersi a Parigi.
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