la soglia di punibilità si calcola sul credito di imposta inesistente (Sentenza n. 7022/2025)

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Con la sentenza n. 7022/2025, la Corte di Cassazione ha affermato che la soglia di punibilità prevista per il reato di dichiarazione fraudolenta si applica anche ai crediti di imposta inesistenti esposti nella dichiarazione fiscale.

Il caso riguarda una condanna per dichiarazione fraudolenta mediante artifici, ai sensi dell’art. 3 del D.lgs. 74/2000, comminata in appello all’imputato, accusato di aver indicato elementi attivi e passivi inesistenti nella dichiarazione dei redditi per il 2012, sottraendo al Fisco oltre 53.000 euro.

La difesa aveva contestato il superamento della soglia di punibilità, ma la Cassazione ha confermato la sentenza impugnata, chiarendo che ai fini del computo della soglia di punibilità rileva il valore del credito di imposta falsamente indicato.

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Il caso concreto: dichiarazione fraudolenta e false note di credito

L’imputato, nella sua qualità di legale rappresentante della I. S.a.s., era stato condannato per aver utilizzato un meccanismo fraudolento nella sua dichiarazione fiscale:

  • emissione di fatture per operazioni inesistenti, poi utilizzate per accedere a finanziamenti bancari.

  • emissione di false note di credito, al fine di rettificare le fatture e abbattere l’imponibile fiscale.

La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la condanna, ritenendo provato il meccanismo fraudolento e la volontà di evadere il Fisco.

Il ricorrente aveva impugnato la sentenza per i seguenti motivi:

  • violazione del principio di correlazione tra accusa e condanna: la difesa sosteneva che la condanna fosse basata su elementi di fatto diversi da quelli contestati inizialmente.

  • motivazione contraddittoria sul dolo specifico: il ricorrente affermava di aver emesso le fatture fittizie solo per ottenere liquidità, senza l’intento di evadere il Fisco.

  • soglia di punibilità non superata: secondo la difesa, l’importo effettivamente sottratto all’imposizione era inferiore ai 30.000 euro previsti dalla legge.

La decisione della Cassazione: la soglia di punibilità si calcola sul credito di imposta inesistente

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la sentenza di appello e affermando due principi chiave:

1. Nessuna violazione del principio di correlazione tra accusa e condanna

Secondo la Cassazione, la descrizione del fatto contestato è rimasta invariata tra l’atto di accusa e le sentenze di merito. Il meccanismo fraudolento era il medesimo, anche se alcuni dettagli erano emersi in modo più chiaro nel corso del processo.

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“Se il nucleo centrale della contestazione resta invariato e l’imputato ha avuto piena possibilità di difendersi, non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza di condanna” (Cass., Sez. II, n. 17565/2017).

2. Il dolo specifico sussiste anche se l’obiettivo era ottenere liquidità

La Cassazione ha ribadito che il dolo specifico del reato tributario non viene escluso dalla finalità di ottenere liquidità per l’impresa.

“Il dolo specifico di evasione fiscale può coesistere con altri fini, come il reperimento di liquidità per l’azienda” (Cass., Sez. III, n. 26421/2022).

In altre parole, anche se l’imputato aveva dichiarato di aver emesso le fatture fittizie per accedere a finanziamenti bancari, questo non escludeva la volontà di evadere il Fisco.

3. La soglia di punibilità comprende i crediti di imposta inesistenti

Uno degli aspetti più rilevanti della sentenza riguarda la corretta interpretazione della soglia di punibilità.

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Il ricorrente aveva sostenuto che l’importo effettivamente sottratto all’imposizione fiscale fosse inferiore al limite di 30.000 euro.

Tuttavia, la Cassazione ha confermato che ai fini del superamento della soglia di punibilità rileva l’intero ammontare del credito di imposta falsamente esposto in dichiarazione.

“Le soglie di punibilità riferite all’imposta evasa si intendono estese anche all’ammontare del credito di imposta inesistente esposto nella dichiarazione” (D.lgs. 74/2000, art. 1, comma 1, lett. g).

Nel caso in esame, il credito di imposta falsamente indicato ammontava a 53.113 euro, ben oltre la soglia prevista dalla legge.

Le implicazioni della sentenza

Questa decisione rafforza l’approccio della giurisprudenza nei confronti delle frodi fiscali basate su crediti di imposta inesistenti, chiarendo che:

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  • l’intento di ottenere finanziamenti bancari non esclude la volontà di evasione fiscale.

  • le soglie di punibilità comprendono i crediti di imposta inesistenti esposti in dichiarazione.

  • il principio di correlazione tra accusa e condanna è rispettato se l’imputato ha avuto piena possibilità di difendersi.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di B.F., confermando la condanna e condannando l’imputato al pagamento delle spese processuali e di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende.

La sentenza integrale



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