Ha la voce rotta dall’emozione, quando legge la sua “ultima relazione” all’inaugurazione dell’anno giudiziario, perchè per il procuratore regionale della Corte dei conti Roberto Leoni non ce ne sarà un’altra: a gennaio 2026 andrà in pensione. E si acciglia, puntando il neo presidente della Regione Marco Bucci (seduto in prima fila), quando denuncia che «alcuni rappresentanti della politica, spesso enfatizzando ad arte importanza e limiti dell’investitura elettorale ricevuta, intendono sgomberare il campo da chiunque, in nome della Costituzione, generi ostacolo alla loro volontà, sebbene non sfugga che quelli che essi individuano come “ostacoli” sono semplicemente riconduzioni dell’azione della legalità».
Non è casuale che queste frasi arrivino l’indomani dello sciopero nazionale dei magistrati contro la riforma della giustizia. «E l’attacco sistematico alle funzioni delle Magistrature, tutte, al quale quotidianamente assistiamo, è proprio ispirato a conseguire lo scardinamento della legalità repubblicana congegnata nell’equilibrio della Costituzione, con il sempre meno nascosto fine di limitare l’intervento di un potere neutrale, qual è quello giudiziario, che opera a garanzia di tutti».
E «per stare alle mere vicende liguri – dice Leoni – ho avuto modo di registrare a reazioni verbali del tutto fuor d’opera, nelle forme e nei contenuti, da parte di rappresentanti della politica, anche nazionale, in occasione dell’inchiesta penale che ha riguardato i vertici regionali e in occasione della pronuncia della sentenza amministrativa in materia di concessioni balneari». Il procuratore regionale si riferisce all’arresto per corruzione dell’ex governatore Giovanni Toti (insieme al presidente del porto Emilio Paolo Signorini e all’imprenditore portuale Aldo Spinelli). È fattuale che Leoni parli della “fidanzata” (Toti), per far capire alla “suocera” (Bucci).
Quanto ai balneari il procuratore rievoca la sentenza del Tar Liguria che ha stoppato la proroga delle concessioni perché manca l’intesa con l’Ue. Una bocciatura dalla destra stigmatizzata come “la sentenza dei giudici che rilanciano il caos”.
Il duro passaggio di Leoni, ieri, nel salone di rappresentanza della Prefettura, segue quello del presidente della Sezione Giurisdizionale Regionale, Piero Carlo Floreani, che, seppur meno sanguigno del procuratore, biasima «l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio che sembra porsi in forte tensione con il substrato fondamentale dell’operato dell’amministrazione pubblica, sancito dall’articolo 97 della Costituzione, e caratterizzato dalla legalità, dall’imparzialità e dal buon andamento dell’apparato, obiettivi coessenziali alle condotte di ogni suo componente». E l’intento di supplire al vuoto creato dall’abolizione dell’abuso d’ufficio, con l’introduzione del reato di “indebita destinazione di denaro o cose mobili”, per Floriani non è stato raggiunto l’obiettivo. Anzi, «pare aversi la conferma di una tendenza generale – conclude il presidente – a rivedere dalle fondamenta lo statuto di responsabilità del pubblico funzionario, anche nell’orbita penalistica, con chiari obiettivi di alleggerimento dei meccanismi di controllo a beneficio di una maggiore fluidità operazionale».
Per i magistrati contabili «il legislatore nazionale (il governo di centrodestra, ndr) sta provando a “riformare”, ridimensionandole, le funzioni della Corte dei conti e le modalità del loro svolgimento». Tanto che il procuratore tira in ballo le carte di credito utilizzate dagli assessori regionali, per le quali la Procura ha aperto un fascicolo e chiesto la rendicontazione. La Regione (rappresentata dall’avvocato Luigi Cocchi) si è rivolta alla Cassazione per far dichiarare insussistente la competenza della Corte dei conti della Liguria: «Un chiaro intento di sottrazione all’azione giudiziaria officiosa, a prescindere dalla sua fondatezza o meno – ribadisce Leoni –. Il tentativo delle giunte regionali, in materia di contabilità, è puramente sottrattivo e di sottolineatura del possesso di una condizione speciale rispetto ai comuni cittadini».
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