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Calunnia e falso ideologico, nonché di truffa militare e minaccia finalizzata a far commettere un reato.-

Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 6526 Anno 2025
Presidente: DI STEFANO PIERLUIGI
Relatore: RICCIO STEFANIA
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da-
l) M.M., nato a N. il ........
2) A.M.nato a M. il ...........
avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari del 22/10/2019
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Stefania Riccio;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Raffaele Piccirillo, che ha concluso chiedendo dichiararsi
l'inammissibilità dei ricorsi;
udita la discussione dell'avv. Franco Villa e dell'avv. Paolo Giuseppe Pilia, che si
sono riportati ai rispettivi ricorsi chiedendone l'accoglimento, nonché dei
difensori delle parti civili, avv. Rosella Oppo e avv. Rita Chiara Furneri, che
hanno chiesto dichiararsi la inammissibilità ovvero il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari, in parziale
riforma di quella pronunciata il 14 novembre 2017 dal Tribunale di Oristano nei
confronti di M.M. e M. A., rispettivamente appuntato
scelto e maresciallo capo dei Carabinieri, ai tempi in servizio presso il Nucleo
operativo radio mobile di Mogoro:
- ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M. in ordine al
reato di cui al capo D, limitatamente all'episodio del 24 e 25 maggio 2011 perché
estinto per prescrizione;
- riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle
contestate aggravanti, ha ridotto la pena nei confronti di M. alla pena di
un anno, un mese e diciotto giorni di reclusione per i residui reati di cui ai capi D
e H e a due anni e quattro mesi di reclusione per i reati A(II), B(II), C (II);
- ha condannato M. e A. al risarcimento dei danni, liquidati in
euro 1500,00, nonché alla refusione delle spese relative al grado, in favore delle
parti civili costituite;
- ha dichiarato inammissibile l'appello della parte civile U.Z:;
- ha confermato le ulteriori statuizioni, con gli accessori di legge.
I ricorrenti sono stati ritenuti responsabili di reati di calunnia e falso
ideologico, nonché di truffa militare e minaccia finalizzata a far commettere un
reato.
2. Hanno proposto ricorso gli imputati, in cui sono articolati i motivi di
seguito sintetizzati, conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc.
pen.
3. Ricorso nell'interesse di M.M.
3.1. Inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione all'art.
368 cod. pen., nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, quanto alla sussistenza del delitto di calunnia di cui al capo B (II),
nei suoi presupposti oggettivi e soggettivi.
- In relazione all'elemento oggettivo del reato, la Corte di appello,
ricostruita correttamente la sequenza cronologica degli atti del procedimento a
carico di M.S., avrebbe dovuto rilevare che le condotte di cui al
capo A (II), consistite nella falsificazione ideologica delle sommarie informazioni
di U.Z. del 19 dicembre 2011 e di C.V. del 21 dicembre 2011 non
hanno mai concretizzato il pericolo dell'istaurazione di un procedimento nuovo e
giuridicamente autonomo rispetto a quello già in essere nei confronti del
predetto S., originato dalla perquisizione domiciliare del 5 settembre 2011,
nel corso della quale vennero rinvenute nella sua disponibilità e tratte in
sequestro dieci dosi di sostanza stupefacente di tipo hashish, unitamente a
strumentazione per il confezionamento (dato non emergente dal verbale allegato
agli atti) ed in relazione al quale lo stesso era stato sottoposto a misura
cautelare per il reato di cui all'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in data 7
novembre 2011;
- parimenti insussistente sarebbe il coefficiente soggettivo di imputazione
del delitto di calunnia.
Il ricorrente M. non ha avuto alcuna consapevolezza della
innocenza di M. S,, in quanto la illiceità della condotta di questi era
fondata su elementi oggettivi - desunti dalla operazione esitata nel pregresso
arresto - idonei ad ingenerare ragionevole dubbio in una persona di media
cultura e normale capacità di discernimento.
3.2. Erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 110 e
479 cod. pen., illogicità della sentenza quanto al reato di cui al capo A (II).
Diversamente da quanto ritenuto dal primo Giudice, M. non ha mai
sottoscritto il verbale di sommarie informazioni testimoniali di C.V., né
mai si è recato a casa dello stesso, con il quale non risulta avere mai intrattenuto
alcun contatto telefonico; la Corte territoriale ha indebitamente valutato come
ininfluente il travisamento del dato probatorio e ha attribuito al ricorrente un
contributo di natura morale alla alterazione del verbale per il solo fatto che il suo
superiore, maresciallo capo M.A.  gli aveva palesato, in termini del tutto
generici, l'intenzione di predisporre tale verbalizzazione.
Non sussisterebbe alcuna falsificazione, posto che il verbale era stato solo
precompilato nella intestazione e non nel contenuto dichiarativo, secondo una
prassi diffusa nell'ufficio.
3.3. Inosservanza dell'art. 522 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110 e
479 cod. pen., quanto al reato di cui al capo A (II).
La condanna a titolo di concorso morale, quanto alla falsificazione del
verbale di C.V., riguarda un fatto diverso da quello originariamente
contestato a M., relativo alla materiale alterazione delle dichiarzioni di
V. ed alla falsa attestazione di avere personalmente escusso il predetto nei
locali della caserma dei Carabinieri, e rispetto a tale fatto il ricorrente non ha
potuto esercitare le proprie prerogative difensive.
3.4. Erronea applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 110 e
479 cod. pen., quanto al capo D.
Con riguardo alla contestata falsificazione del memoriale di servizio di cui
al capo D), la Corte di merito non ha individuato un effettivo contributo prestato
da M., posto che legittimato alla compilazione di tale atto era
esclusivamente il comandante capo del NORM.
La Corte ha ritenuto integrato il concorso del ricorrente M. con
ragionamento inferenziale, desumendo dalla percezione, da parte del medesimo,
degli emolumenti non dovuti (perché corrispondenti a prestazioni mai eseguite),
la prova di un accordo collusivo, diretto primariamente alla falsificazione dell'atto
sulla cui base venivano calcolate le retribuzioni. Per converso, al più, egli ha
tenuto un contegno meramente passivo rispetto alla condotta illecita del suo
superiore, che non integra alcun raggiro riconducibile alla fattispecie
incriminatrice di cui all'art. 234 del cod. pen. mil . di pace.
3.5. Inosservanza dell'art. 522 cod. proc. pen.
A fronte di una originaria contestazione di falso in atto pubblico, costituito
dal memoriale di servizio, che M. avrebbe realizzato mediante l'induzione
in errore, ai sensi dell'art. 48 cod. pen. del Comandante del NORM intestatario
delle password, C. dunque con condotta commissiva, è stata ritenuta dalla
Corte una condotta di natura concorsuale omissiva, estrinsecatasi nel silenzio
consapevole. La condanna è stata resa, dunque, per un fatto diverso nelle sue
connotazioni oggettive rispetto a quello in addebito, in violazione dei diritti di
difesa.
4. Ricorso nell'interesse di M.A. 
4.1. Il primo motivo è sovrapponibile al primo motivo del ricorso
nell'interesse di M., relativamente alla insussistenza degli elementi
oggettivo e soggettivo del reato di calunnia di cui al capo A (II) della rubrica.
Quanto al reato di falso ideologico relativo alle sommarie informazioni
testimoniali rese da V.e da Z., finalizzato a perpetrare la calunnia
descritta al capo B, la Corte, assunta come pacifica la falsità del verbale di
sommarie informazioni di V. ne ha evinto la veridicità delle dichiarazioni
eteroaccusatorie di U.Z. , attesa la perfetta identità del contenuto dei due
verbali.
Di contro, V. ha sempre recisamente contestato la non corrispondenza
al vero delle dichiarazioni a sua firma, mentre Z., laddove ha affermato che il
verbale recante la sua sottoscrizione fu precostituito dai militari operanti e da lui
sottoscritto dietro minaccia di un procedimento penale, ha reso dichiarazioni che
avrebbero dovuto essere vagliate criticamente, essendo egli portatore di
interesse all'esito del giudizio, in quanto costituito parte civile.
Sotto altro profilo, l'avere dichiarato che il verbale fu redatto presso la
caserma dei Carabinieri, e non presso l'abitazione di V.  configura un falso
innocuo.
Anche la responsabilità per il delitto di violenza o minaccia per costringere
taluno a commettere un reato ex art. 611 cod. pen. è costruita sulla attendibilità
delle dichiarazioni accusatorie di U.Z., il quale, lungi dal fornire una
versione fluida e lineare, ha palesato incertezze ed incoerenza nel riferire delle
intimidazioni che avrebbe subito, tra gli altri, dal ricorrente.
4.2. Inosservanza ed erronea applicazione di legge; mancanza, o
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo al
trattamento sanzionatorio.
La Corte di appello ha ritenuto inammissibile il gravame, relativo alla
determinazione della pena base per il delitto di calunnia di cui al capo B - pena
alla quale la sentenza di primo grado è pervenuta, con uno scostannento dal
minimo edittale, in ragione della intensità del dolo e dalle modalità dell'azione - a
cagione di una asserita aspecificità dei motivi.
In un atto di impugnazione a critica libera, quale l'appello, il requisito
della specificità non può essere parametrato ai canoni del ricorso per cassazione,
quale atto a critica vincolata, essendo sufficiente che l'appellante individui i
motivi e i temi di doglianza in ordine agli argomenti spesi dal giudice di primo
grado; e comunque, la specificità è direttamente proporzionale alla specificità
con cui sono state esposte le ragioni di fatto e di diritto poste a base della
decisione impugnata, ragioni che, nella specie, erano del tutto generiche.
Nella specie si era rimarcato che il fatto che Stella fosse già sottoposto a
procedimento penale era elemento in grado di incidere sulla intensità del dolo, e
dunque sulla dosimetria della pena, supportando l'assunto difensivo sulla
eccessività degli aumenti applicati ai sensi dell'art. 81 cpv. cod. pen.
A favore del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
avrebbe dovuto tenersi conto che il ricorrente ha scelto di definire la sua
posizione con il rito del patteggiamento per una parte delle originarie
contestazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili per le ragioni che di seguito si espongono.
2. Ricorso M.M.

2.1. I temi posti con il primo motivo, inerenti al reato di calunnia, sono
reiterativi di analoghe doglianze già formulate innanzi alla Corte di appello e
dalla stessa disattese con argomentazioni ineccepibili.
Le conformi sentenze di merito hanno linearmente ricostruito la prova
delle condotte di falsificazione ideologica delle sommarie informazioni di U.Z. 
 del 19 dicembre 2011 e di C.V.  del 21 dicembre 2011, secondo
le quali i due avrebbero ricevuto da S. due spinelli di hashish e un pippotto di
cocaina, sulla base di un ampio corredo dimostrativo, costituito dalle
dichiarazioni testimoniali acquisite e dall'analisi ragionata di numerose
intercettazioni.
La falsificazione delle sommarie informazioni dei due pretesi cessionari
integra la materialità del delitto di calunnia reale (aggravata, avuto riguardo alla
pena edittale prevista per il reato oggetto di incolpazione), essendosi
precostituiti a carico di M.S. elementi accusatori del reato di
cessione di sostanze stupefacenti ai sensi dell'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Venendo in rilievo un reato di pericolo, ai fini della sua integrazione non è
necessario l'inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo
soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e
sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona
univocamente e agevolmente individuabile (v. Sez. 6, n. 20064 del 03/04/2024,
Baiardo, Rv. 286509 - 01; Sez. 2, n. 14761 del 19/12/2017, dep. 2018, Lusi,
Rv. 272754 - 01).
La tesi del reato impossibile, formulata dalla difesa sull'assunto che S.
fosse ai tempi già indagato - sicché dalle sommarie informazioni incriminate non
sarebbe potuta scaturire l'apertura di un nuovo procedimento penale nei suoi
confronti - è stata valutata dalla Corte di merito, in perfetta adesione alla tesi dei
primi Giudici, suggestiva ma del tutto scorretta e fuorviante.
Il reato di cessione di sostanze stupefacenti (degli spinelli e del provino di
cocaina), che si delinea dalle sommarie informazioni apparentemente riferibili a
V. e Z., è fatto distinto dalla detenzione a fini di spaccio di sostanze
stupefacenti contestata in esito alla perquisizione del 5 settembre 2011 -
ancorché tra le condotte fosse astrattamente configurabile un vincolo di
connessione - non fosse altro perché riferibile ad una condotta cronologicamente
anteriore, che i dichiaranti collocano nella notte tra il 3 e il 4 settembre. La droga
per la cui detenzione S. sarebbe stato indagato e anche sottoposto a misura
cautelare, sequestrata presso la sua abitazione il 5 settembre, per certo non
poteva essere quella che, secondo le false dichiarazioni dei predetti V. e
Z., fu ceduta agli stessi la notte precedente.
Del resto, altro è il possesso di una modesta quantità di droga che si
ipotizzava - sulla base di indici presuntivi da verificare - essere destinata allo
spaccio; altro è una condotta specifica e circostanziata di cessione in favore di
soggetti individuati.
La categoria giuridica del reato impossibile, evocata dalla difesa, è dunque
non pertinente, postulando essa che l'inidoneità dell'azione, da valutarsi con
riferimento al tempo del commesso reato in base al criterio di accertamento della
prognosi postuma, sia assoluta, nel senso che la condotta dell'agente deve
essere priva di astratta determinabilità causale nella produzione dell'evento, per
inefficienza strutturale o strumentale del mezzo adoperato (tra le molte, Sez. 1,
n. 870 del 17/10/2019, dep. 2020, Mazzarella, Rv. 278085 - 01). Inoltre,
proprio con riguardo alla calunnia, si è precisato che - oltre che nell'ipotesi in cui
l'inizio del procedimento sia giuridicamente impossibile - è da ritenere
insussistente l'elemento materiale del delitto nell'ipotesi in cui l'addebito non
rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde,
inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare - perché
in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso - la
concreta ipotizzabilità del reato denunciato (Sez. 6, n. 20064 del 03/04/2024,
cit.; Sez. 2, n. 14761 del 19/12/2017, dep. 2018, cit.).
Sotto altro profilo, l'elemento soggettivo della calunnia deve estendersi
alla consapevolezza di esporre al rischio di un procedimento penale l'accusato
che si sa innocente.
Al riguardo si è dunque osservato dal Giudici di merito, in termini
esaustivi e logicamente coerenti, che, nel caso di specie:
a) l'avvio di un procedimento penale, anche dalla prospettiva dei
ricorrenti (avuto riguardo alla loro specifica professionalità), era da ritenersi
evenienza tutt'altro che giuridicamente impossibile;
b) la creazione di verbali ideologicamente falsi è logicamente
incompatibile con l'esistenza di un dubbio ragionevole sulla colpevolezza di
M. S., dubbio che, per come è strutturata la fattispecie
incriminatrice, avrebbe eliso il dolo.
In sintesi, si è argomentato come l'invenzione radicale di un'accusa
inesistente - in cui viene dato atto che erano stati sequestrati elementi idonei al
confezionamento di sostanze stupefacenti, invero mai rinvenuti in danno di S. 
- e, in generale, le concrete modalità esecutive del fatto per cui si procede siano
nella specie incompatibili con la buona fede e, dunque, con il ragionevole dubbio
prospettato dalla difesa sulla colpevolezza di S.
Né per certo l'invenzione di circostanze false può ritenersi giustificata
dalla esigenza di accreditare la responsabilità del soggetto falsamente incolpato
per fatti diversi.
2.2. Il secondo motivo articolato nell'interesse di M. verte sulla
dedotta assenza di un contributo, ancorché di natura solo morale, da parte del
medesimo alla condotta di falsificazione del verbale di sommarie informazioni di
C.V., sub capo A (II) posto che, contrariamente a quanto era stato
erroneamente ritenuto dal Tribunale, M. non lo ha mai materialmente
sottoscritto.
Anche questo motivo è aspecifico, perché reiterativo di analoga questione
già affrontata dai Giudici di merito in una motivazione con la quale la difesa non
si confronta, oltre che manifestamente infondato.
Ritiene il Collegio che la Corte territoriale abbia fatto corretta applicazione
dei principi regolativi della responsabilità concorsuale, laddove ha ritenuto che il
non essersi M. opposto alla falsificazione, materialmente realizzata da altri
ma di cui certo egli non poteva essere inconsapevole, e il non avere, in
particolare, obiettato alcunché all'inserimento del proprio nominativo tra i militari
che assunsero a sommarie informazioni Z. e V. - anche a prescindere
dalla mancanza della sua sottoscrizione in calce al verbale - integri una condotta
rafforzatrice dell'altrui proposito criminoso, in quanto avvalora l'apparenza del
compimento di un atto di indagine mai avvenuto, cui l'immutatio era
preordinata.
La Corte di appello ha poi spiegato come non varrebbe ad escludere il
delitto l'esistenza di una prassi per cui detti verbali venivano solo precompilati
nella intestazione e nella indicazione dei dati anagrafici dei soggetti escussi, ma
non certo nel contenuto dichiarativo; e ciò in quanto Z. - la cui attendibilità è
stata ampiamente vagliata con giudizio di fatto insindacabile in questa sede,
stanti i limiti ontologici del giudizio di legittimità - ha chiarito che quanto i
verbalizzanti scrissero alla sua presenza sulla pretesa cessione di stupefacente
avvenuta in suo favore non corrispondeva affatto a sue dichiarazioni.
2.3. Analogamente reiterativo e manifestamente infondato è il terzo
motivo.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito da tempo come debba essere
strutturato il tema del processo nella contestazione, quale primo atto in cui si
invera la garanzia del contraddittorio.
Le Sezioni Unite, con due risalenti pronunce, hanno delineato la nozione
di mutamento del fatto determinativo di nullità ai sensi degli artt. 521 e 522 cod.
proc. pen., per difetto di correlazione tra accusa e sentenza, specificando che
esso implica una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della
fattispecie concreta (condotta, evento, nesso causale) da cui derivino: a)
incertezza sull'oggetto dell'imputazione; b) reale pregiudizio dei diritti della
difesa. Ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio
suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale
fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di
difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter
del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in
ordine all'oggetto dell'imputazione (sent. n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco,
Rv. 205619; sent. n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051). Nello stesso
senso, più di recente, v. Sez. 6 , n. 38061 del 17/04/2019; Rango, Rv. 277365
- 01.
Ciò posto, la condanna a titolo di concorso morale nella condotta di
falsificazione del verbale di C.V.  non integra un fatto diverso,
nell'accezione sopra precisata, da quello originariamente contestato a M.,
inerente alla alterazione materiale delle dichiarzioni di V. e alla falsa
attestazione di avere personalmente escusso il predetto nei locali della caserma
dei Carabinieri, invece che nella sua abitazione.
Invero, è principio consolidato che non sussiste violazione del principio di
correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui l'imputato, al quale sia stato
contestato di essere l'autore materiale del fatto, sia riconosciuto responsabile a
titolo di concorso morale, giacché tale modifica non comporta una
trasformazione essenziale del fatto addebitato, né può provocare menomazioni
del diritto di difesa, ponendosi in rapporto di continenza e non di eterogeneità
rispetto alla originaria contestazione (Sez. 2, n. 30488 del 09/12/2022, dep.
2023, Mangini, Rv. 284953 - 01).
2.4. Il quarto motivo, avente ad oggetto la erronea applicazione degli
artt. 110 e 479 cod. pen., in riferimento al reato di cui al capo D) è proposto per
ragioni non consentite, in quanto declinato in fatto e di tenore meramente
confutativo.
I Giudici di appello hanno ricostruito l'apporto materiale prestato da
M. alla falsificazione del memoriale di servizio - alla cui compilazione era
esclusivamente legittimato il comandante capo del Nucleo operativo radiomobile
- in forza del criterio del cui prodest; l'entità degli emolumenti per prestazioni
mai eseguite che dallo stesso sono stati percepiti nella unità di tempo (diverse
centinaia di euro in pochi mesi) denota l'esistenza di un accordo collusivo, che
non poteva non riguardare la falsificazione delle registrazioni sulla cui base erano
computati i compensi, ossia dell'atto che ha avuto portata decettiva per
l'amministrazione. E' esistito, dunque, un accordo collusivo c.d. di natura
programmatica, nel senso che in forza dello stesso, C. avrebbe indicato nuovo
turni o variato quelli già previsti nella consapevolezza del tacito assenso dei
colleghi (i quali conoscevano, peraltro, la password del pc in uso al predetto e vi
accedevano, anche con delega, nei giorni successivi all'espletamento del servizio
per le necessarie annotazioni integrative).
Dunque, più che una condotta inerte, una condotta collusiva.
Chiaro che, attraverso le deduzioni formulate, la difesa sollecita una
diversa ricostruzione della vicenda processuale; operazione preclusa in questa
sede, poiché esula dai compiti di questa Corte sovrapporre la propria valutazione
a quella compiuta nel merito, attraverso una diversa interpretazione, benché
anch'essa logica, dei dati processuali od una diversa ricostruzione storica dei fatti
o, ancora, un diverso giudizio di rilevanza o di attendibilità delle fonti di prova,
dovendosi in questa sede piuttosto stabilire se quei giudici abbiano esaminato
tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta
interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti,
e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle
argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a
preferenza di altre (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944
nonché in precedenza Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv. 203428; Sez.
6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601).
2.5. Anche il quinto motivo è aspecifico, perché reitera deduzioni già
svolte, senza dialogare con la motivazione della sentenza impugnata.
La condanna resa, quanto alla falsificazione del memoriale di servizio,
per una condotta di natura concorsuale omissiva - il silenzio consapevole - a
fronte di una originaria contestazione di induzione in errore, ai sensi dell'art. 48
cod. pen. del Comandante del NORM, non attiene a un fatto diverso nelle sue
connotazioni materiali. Come questa Corte di legittimità ha già avuto modo di
affermare ed appare al Collegio condivisibile, non dà luogo a violazione del
principio di correlazione fra accusa e sentenza ed è quindi legittima la
riqualificazione giuridica del fatto, originariamente contestato all'imputato per
avere tratto in inganno e indotto in errore gli autori della condotta di falso, ex
artt. 48 e 479 cod. pen., ai sensi invece dell'art. 110 cod. pen., ossia come
commesso a titolo di concorso personale con gli stessi autori. (Sez. 5, n. 27133
del 15/06/2006, Mercurio, Rv. 235010 - 01, in relazione a fattispecie nella quale
la Corte ha annullato la decisione del Giudice dell'udienza preliminare che aveva
assolto l'imputato dal reato di falsità ideologica per induzione sostenendo che la
diversa prospettiva dei fatti emersa nel giudizio non potesse dare luogo a mera
riqualificazione giuridica, ma, se ritenuta in sentenza, l'avrebbe inficiata della
nullità di cui all'art. 522 cod. pen.).
3. Ricorso M.A: 
3.1. Il primo motivo corrisponde al primo motivo del ricorso nell'interesse
di M., relativamente alla insussistenza degli elementi oggettivo e
soggettivo del reato di calunnia di cui al capo A della rubrica.
A quanto già evidenziato in quella sede deve aggiungersi che il motivo
inerente al reato di falso ideologico delle sommarie informazioni testimoniali rese
da V.e da Z. - finalizzato a perpetrare la calunnia descritta al capo B - è
declinato in fatto e soggiace ai limiti connaturati al giudizio di legittimità, innanzi
richiamati.
Nel contestare a Z. di non avere reso una dichiarazione fluida e
lineare, la difesa sollecita una differente apprezzamento delle risultanze
istruttorie.
La falsità del verbale di sommarie informazioni di V. è stata inferita
dalla veridicità delle dichiarazioni di U.Z. - laddove ha negato di avere reso
le dichiarazioni di cui al pregresso verbale a sua firma - attesa la perfetta
identità del contenuto di tali verbalizzazioni.
In realtà, i Giudici di merito hanno operato una assai analitica valutazione
della attendibilità di Z. - apprezzata in relazione a plurimi profili, anche con
riguardo alla condotta induttiva ex art. 611 cod. pen. - comparando le sue
dichiarazioni a quelle di V. ed evidenziando che il fatto che Z. sia
portatore di interessi in posizione di antagonismo con quelli dell'imputato,
siccome costituitosi parte civile, a fronte degli elementi di riscontro logico
ricavabili dall'istruttoria, non è significativo ex se di inattendibilità.
La falsità relativa al luogo di redazione del verbale non è irrilevante,
perché volta ad accreditare la regolarità dell'atto investigativo, nel senso che si è
in precedenza precisato, e comunque il rilievo non avrebbe decisiva rilevanza, a
fronte delle ulteriori condotte di falsificazione.
3.2. L'ultimo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, riproduce
analoghe questioni già poste all'attenzione della Corte di appello e dalla stessa
riscontrate con motivazione del tutto congrua.
La Corte di merito, al di là della rilevata inammissibilità di talune doglianze,
ha esercitato i poteri discrezionali che le competono in tema di dosimetria della
pena senza sottrarsi all'obbligo di motivare.
Con stringate, ma compiute, aroomentazioni si è evidenziata l'assenza di
presupposti per mitigare il trattamento sanzionatorio.
Quanto alla pena base del reato di calunnia, determinata in misura di poco
superiore ai minimo edittale, ma comunque di molto inferiore alla pena mediana,
la difesa non ha tenuto conto della aggravante contestata.
Nel dettaglio, la Corte di appello ha ritenuto inammissibile il gravame sul
punto, a causa della aspecificità dei motivi; in realtà l'aspetto non valutato -
ossia che Stella fosse già sottoposto a procedimento penale - è stato invece
ritenuto dichiaratamente inconferente, per non esserne stata precisata la
incidenza sul trattamento sanzionatorio.
Rispetto al quadro complessivamente delineato, l'ulteriore profilo rimarcato
dalla difesa - il contegno processuale dell'imputato, che ha formulato la richiesta
di parziale definizione della posizione processuale con il patteggiamento - è stato
valutato ininfluente rispetto alla richiesta di riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, essendo stata l'opzione per il rito alternativo formulata in
relazione a reati diversi.
Quanto agli aumenti ai sensi dell'art. 81 cpv. cod. pen., in realtà pari a
due mesi per ciascuno dei quattro reati satellite in addebito, si è spiegato come
la quantificazione sia stata operata in termini puntuali e contenuti.
4. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende.
Gli imputati vanno altresì condannati alla refusione delle spese di
rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili
U.Z. e M.S. che si ritiene di liquidare per ciascuno di essi
nella misura indicata in dispositivo, oltre accessori di legge
La cancelleria curerà gli adempimenti comunicativi di cui all'art. 154-ter
disp. att. cod. proc. pen.
P.Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di
rappresentanza e difesa delle sostenute nel presente giudizio dalle parti civili
Z. U. e S. M. che liquida per ciascuno in euro 3686,00 oltre
accessori di legge. Manda alla Cancelleria per gli avvisi di cui all'art. 154-ter disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 13/11/2024





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