BANCO DEL MUTUO SOCCORSO “Storie Invisibili”

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di Patrizia Marinelli

01 marzo 2025

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intervista

Banco Del Mutuo Soccorso

Filippo Marcheggiani

Storie Invisibili

Riflessioni, simboli e metafore si intrecciano e raccontano storie che non fanno rumore ma che di fatto rappresentano il vivere quotidiano degli uomini non destinati ai riflettori. Il Banco del Mutuo Soccorso pubblica Storie Invisibili, l’ultimo capitolo di una trilogia di concept iniziata sei anni fa.

Il nuovo album del Banco del Mutuo Soccorso, Storie Invisibili (uscito il 28 febbraio 2025 su The Saifam Group) chiude un cerchio: più propriamente, una trilogia di concept che, iniziata nel 2019 con Transiberiana (metafora del viaggio della vita), proseguita nel 2022 con Orlando: Le forme dell’Amore (la celebrazione dell’amore, il sentimento umano più potente), approda oggi al terzo capitolo.

Storie Invisibili rilancia la versione a due tastiere del Banco (Vittorio e Michelangelo Nocenzi), mentre l’abbandono di Nicola DiGià, chitarrista ritmico, lascia il ruolo per intero a Filippo Marcheggiani, entrato nella band nel 1994 quando ha soltanto 18 anni. Romano, chitarrista, autore e arrangiatore, classe 1976, Marcheggiani ha girato il globo con il Banco e registrato in studio con loro sin dall’album Nudo del 1997, ma nel suo percorso ci sono anche collaborazioni con Lionel Richie,…

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Frank Head, Indaco, Nuove Tribù Zulu, Capolinea, e il premio della critica di Sanremo 2008. Ha suonato nelle colonne sonore dei film “Ma che ci faccio qui!” e “Cardiofitness” e portato avanti la sua attività con parecchi side project – tra essi, Scenario Band, Magnolia, Effemme, Sabbatonero (con Tony Dolan dei Venom Inc) – spaziando dal prog, all’alternative rock con nonchalance e maestria. Abbiamo incontrato Marcheggiani e ci siamo fatti raccontare un po’ di cose interessanti…

Banco 2025 – Vittorio Nocenzi (tastiere, voce) – Filippo Marcheggiani (chitarra elettrica, acustica, voce) – Marco Capozi (basso elettrico) – Tony D’Alessio (voce lead) – Michelangelo Nocenzi (piano, tastiere) – Dario Esposito (batteria)

Ciao Filippo, partiamo da “Storie Invisibili”, il nuovo capitolo del Banco del Mutuo Soccorso, fresco di stampa, che va a completare una trilogia iniziata nel 2019: ce ne spieghi il concept?
Storie Invisibili rappresenta la naturale prosecuzione del lavoro fatto con i precedenti Transiberiana e Orlando , andando a chiudere, appunto, una trilogia di concept. Dopo il viaggio maestoso del primo tra le metafore della vita, e la storia di un eroe di tutti i tempi del secondo, questa volta siamo andati a catturare la parte nascosta delle umane condizioni; le famose storie invisibili, da cui deriva il titolo, di coloro che non passano alla storia, ma che ne tracciano anch’ essi un solco. Abbiamo dedicato l’album a uomini che potremmo definire antieroi, utilizzando metafore e personaggi che abbiamo nominato Il Mietitore, Il Moro dell’Alhambra ed altri ancora: coloro che in qualche modo sono gli ultimi, quelli che nei libri di storia non ci sono ma che comunque sono e sono stati il motore della storia dell’umanità. Ripeto, per noi Storie Invisibili è la chiusura naturale del cerchio disegnato da questi tre album.

I protagonisti del concept sono 12, con i loro tratti e le loro storie, e peraltro con più di un cenno a peculiari momenti storici: ce li racconti?
Intanto lasciatemi dire che c’è stata una sorta di bisogno di raccontare queste storie poiché il Covid, oggi a cinque anni dalla sua prima apparizione, ha messo in luce un’umanità più vicina al vivere quotidiano, al prossimo, volendo usare un termine cristiano. Ecco, è tutto questo che ha fatto crescere in noi la necessità di raccontare le vicende degli eroi silenziosi, così nascosti dalle grandi storie. Ci sono ulteriori riferimenti alla storia, ad esempio Sarà Ottobre si rifà alla Rivoluzione d’Ottobre, al fallimento delle grandi utopie ed ideologie del Novecento, sfociate poi nell’opposto di quel che in qualche modo erano le intenzioni di chi ha cercato di rivoluzionare il mondo: in parte ci sono riusciti e in parte no, e questa è una cosa di grande attualità… Ora la tendenza sembra quasi quella del voler tornare indietro di un secolo, pare di sentir risuonare i valori e disvalori dei primi del ‘900, quando gli imperialisti e le dittature presero il sopravvento sui processi democratici, di inclusione, di meltin’ pot… Pare che si stia proprio tornando indietro. Raccontare quindi una storia ispirata alla Rivoluzione d’Ottobre, all’apparenza pare quanto di più anacronistico e invece purtroppo fa pensare a delle sensazioni, delle situazioni, che ahimè sono proprio attuali. Un altro brano, titolato Studenti , rievoca le rivoluzioni studentesche del ’68: anch’esse hanno portato a fare i conti non con un fallimento, ma addirittura quasi con un rigetto nei riguardi di alcuni valori. Il disco è la storia del Novecento rivista con gli occhi di chi vive l’inizio di questo Millennio con una certa disillusione. Io stesso e Vittorio più di me, apparteniamo a una generazione che quel proiettarsi verso un mondo moderno, inclusivo, lo ha vissuto sulla sua pelle. Ora ritrovarsi in certi scenari ti fa chiedere: dove abbiamo sbagliato? Dove ha sbagliato questa generazione?

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Delle 12 quale è la storia che senti più vicina a te?
Sono molto legato a Non Sono Pazzo anche per motivi personali, visto che in questo periodo mi sono avvicinato alle problematiche legate ai cosiddetti disturbi della personalità. La pazzia è davvero un punto di vista e questo è un brano che fa riflettere sul fatto che la pazzia sia spesso l’incapacità della società di incasellarti e di metterti tra i cosiddetti normali. Il protagonista del brano è sicuramente il personaggio a cui sono più affezionato.

Come nei capitoli precedenti anche per “Storie Invisibili” il songwriting è di Vittorio Nocenzi e di suo figlio Michelangelo, più Paolo Logli: come hai approcciato la stesura delle parti di chitarra?
Vittorio, Michelangelo e Paolo sono la vera task-force che si occupa della scrittura nuda e pura. Il mio è più un lavoro di co-produzione, mi occupo di cesellare le idee e delle fasi riferite agli arrangiamenti ed ormai, in generale, molto difficilmente mi limito a fare il chitarrista e basta quando accetto una collaborazione. Detto ciò, credo che le chitarre in questo nuovo album lasceranno abbastanza stupiti gli ascoltatori perché sono molto meno energiche rispetto al passato. C’è soprattutto un lavoro di ricerca, e questo è un disco che non gira così tanto intorno alle chitarre e per mia scelta. Naturalmente ci sono, ma con la funzione di arricchire e dare freschezza ai brani. Devo dire che ho fatto cose diverse dal solito, ho rispolverato delle chitarre un po’ più vintage, come la Gibson ES345, che non sono propriamente quelle del chitarrista prog rock/metal come me, ma che nel contesto sono adeguate.

C’è stato un brano particolarmente difficile da suonare e registrare?
Un paio, direi. Dal punto di vista tecnico Sarà Ottobre mi ha stimolato parecchio, soprattutto per la parte di chitarra piuttosto complessa in cui ho utilizzato il delay come ‘strumento operativo’ piuttosto che soltanto come effetto per gli abbellimenti. Ho anche suonato un assolo con la chitarra acustica particolarmente impegnativo, che mi ha portato ad allontanarmi un po’ dai miei canoni ma che mi ha soddisfatto. Anche Vittorio ne è rimasto impressionato. In quanto al brano Senza Nuvole , ho dovuto trovare un suono molto speciale, che ho ottenuto utilizzando dei reverberi particolarissimi. E’ un brano di una essenzialità incredibile, intendo dire tecnicamente molto semplice, ma la scelta dei suoni e il gusto con cui ho suonato sia l’accompagnamento che il tema strumentale, mi hanno impegnato particolarmente. Ho dovuto ponderare ogni singola nota suonata, sia dal punto di vista del colore che del tocco, ma mi ha stimolato parecchio, come del resto ogni volta che esco dalla mia comfort zone. E aggiungo che il materiale di Vittorio, Michelangelo e Paolo, mi porta a fare cose mai banali.

“Il Mietitore” sfodera un bel riff di chitarra, dominante insieme alle tastiere. Ad ascoltarlo si direbbe che tu ti sia divertito molto a suonarlo…
È proprio così e mi fa piacere che la cosa emerga. E’ un pezzo in stile country/blues e, visto che per certi versi mi ha ricordato l’atmosfera di Calling Elvis dei Dire Straits, c’è addirittura un break che è una sorta di citazione… del resto, è a maestri come Mark Knopfler che ci si deve ispirare!

Nel disco ci sono anche alcune ballad e al proposito potremmo citare “Spiegami il Cielo”, “Solo Meraviglia” ed anche “Senza Nuvole”, quest’ultima, come dicevamo prima, con la chitarra in prima linea: cosa ci dici?
Le ballad sono una parte importantissima di questo album, sono sicuramente i momenti più riflessivi, immaginifici, creativi. Momenti che rivelano anche delle chicche che uno non si aspetta. Devo dire anche che c’è una ulteriore ballad che mi ha coinvolto tantissimo come chitarrista e arrangiatore ed è Capo Horn , meravigliosa… che poi è stata una sfida perché se andiamo a vedere è basata sul famoso giro di Do, non Do maggiore ma comunque un giro di Do. Grazie anche alla parte del basso siamo riusciti a mettere insieme qualcosa di affascinante, pur lavorando su una tessitura armonica certo non banale ma comunque semplice. Insomma, riuscire a fare qualcosa di nuovo, di fresco, attraverso quel giro armonico è stata una sfida che ritengo vinta, pur se non spetta a me dirlo.

“Non Sono Pazzo” è invece uno dei brani del prog rock più classico, come siete arrivati al sound che ne permea la struttura?
Ho avuto l’intuizione del beat box iniziale immaginando questo ipotetico uomo pazzo che con la bocca riproduce il suono della batteria. Da lí è nato un arrangiamento a sei mani, anzi a 12 mani! Tutti insieme abbiamo dato forma a questo brano e alla fine è uscita fuori l’anima del Banco. Siamo riusciti ad unire anche un sound moderno a quello che è il nostro suono tradizionale e, tra l’altro, Non Sono Pazzo ha anche qualcosa di beatlesiano nel ritornello di cui mi sono innamorato all’istante. Quel giro di basso un po’ à-la Paul McCartney se vogliamo…

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Ascoltando le tracce di “Storie Invisibili” si direbbe che potrebbero essere arrangiate per un musical: vi è mai venuta questa idea?
No, non ci abbiamo pensato. Abbiamo invece pensato che fosse importante la breve durata dei brani per un impatto immediato ed infatti, la maggior parte si racconta in 3, 4 minuti. Ad esempio, Cena di Natale dura la bellezza di 2:21 minuti, mentre Solo Meraviglia che in origine doveva essere molto più lungo, alla fine abbiamo deciso di dargli la forma che si ascolta sul disco, una piccola poesia quasi fanciullesca. In generale c’è sempre un fil rouge che lega i brani dei dischi del Banco e, per tornare alla domanda, questo album potrebbe anche diventare un musical, perché no? Dovevamo farlo con l’Orlando… chissà, magari lo faremo per Storie Invisibili .

Lo abbiamo accennato prima ma torniamoci sopra un attimo: la chitarra ha un ruolo diverso in “Storie Invisibili” rispetto ai due precedenti capitoli della trilogia, ci dici qualcosa di più?
Ritengo che il ruolo della chitarra sia stato più ispirato che di ispirazione. In Transiberiana c’erano brani che si reggevano parecchio sulla chitarra, mentre stavolta la chitarra è ‘un volo a planare’ nel contesto della musica. Mi sono ritagliato degli spazi alla stregua di un faro che si accende in certi momenti, e devo dire che in tal modo, quando la chitarra entra, diventa enfatica. Mi piace parecchio.

Parlando dei chitarristi protagonisti dell’odierna scena prog/rock, ce n’è qualcuno che ti ispira in modo particolare?
In generale, devo tantissimo a John Petrucci dei Dream Theater, non lo posso nascondere! Ci sono però anche altri chitarristi che mi hanno fornito dei veri input, su tutti, Steve Ray Vaughn e Jimi Hendrix. Tornando al new prog, sono un grandissimo fan dei Leprous: Tor Oddmund Suhrke e Robin Ognedal alla chitarra, fanno cose assolutamente originali, muovendosi in un contesto decisamente fresco e complesso. Spesso i loro brani li senti prima dell’inizio di un concerto del Banco… ormai ho contagiato tutti!

Torniamo al disco… Il Banco è tornato alla formazione a-due-tastiere delle origini: com’è andata?
Premetto che l’uscita di Fabio [Moresco, batterista] e Nicola [DiGià, chitarrista] sono state scelte loro per motivi diversi e tutti noi le abbiamo rispettate al cento per cento. Fabio ha avuto dei problemi di salute, mentre Nicola ha preferito concentrarsi su altri progetti. Dario [Esposito] ha preso il posto dietro i tamburi e a quel punto siamo tornati alle due tastiere in pianta stabile con Michelangelo [Nocenzi]… come il Banco storico, allora con Vittorio e Gianni Nocenzi a tastiere e piano. In quanto a Fabio e Nicola, musicisti e nostri cari amici, è stato più come dire arrivederci che non addio e del resto certe volte va così. Se ci pensi, siamo stati costretti ad andare avanti in situazioni anche più dolorose, come quella di Francesco e Rodolfo, situazioni in cui non abbiamo potuto fare nulla per cambiare le cose. E’ stato il destino a privarci di loro. Quindi, siamo sicuramente cambiati di nuovo, ma il Banco resta comunque un’entità, “un’idea che non puoi fermare” come recita la frase che ormai ci ripetiamo e ci ripetono da anni e ormai non è più nemmeno nostra. L’amalgama ogni volta si rinnova mantenendo salde le radici ed è stato così anche con l’arrivo di Dario, un mio grandissimo amico da oltre dieci anni: suoniamo spesso insieme, vedi anche il mio progetto Effemme, quindi siamo in grande sintonia. Come dicevo, il Banco è di tutti. Gianni [Nocenzi] una volta mi disse che effettivamente noi portiamo avanti un suono, un progetto, un’idea che appartiene sicuramente a Vittorio [Nocenzi], a chi c’è stato prima di me e a chi c’è adesso, ma che appartiene anche alla gente, al pubblico che da 50 anni segue il Banco e lo ritiene parte della sua vita, della sua storia, della sua famiglia, quasi. Questa è un’altra “storia invisibile”, la storia di tutti i nostri fans che continuano a sostenerci, a venire ai nostri concerti e a godersi la nostra musica. Penso che Storie Invisibili sia l’album maggiormente dedicato a loro.

Con il tempo che passa e la nascita di tante band del cosiddetto new prog, il Banco resta una formazione iconica, capace di ispirare parecchi giovani musicisti, anche fuori dai nostri confini. Tu hai raccolto il testimone da Rodolfo Maltese e sei entrato nella storia del Banco del Mutuo Soccorso, che effetto fa a tutt’oggi?
Mi trema un po’ la voce quando devo rispondere a domande di questo tipo. L’effetto che mi fa? Mi sento ancora quel quindicenne con gli occhi pieni di meraviglia che stava sotto al palco a sentirli suonare L’Evoluzione , Il Giardino del Mago e R.I.P . Essere parte di questa famiglia da trenta anni per me è ancora difficile da realizzare fino in fondo. Sono sempre molto grado a Rudy [Rodolfo Maltese] che, lo so, mi supporta da lassù. Provo grande affetto per sua moglie Ines e i suoi figli: ogni tanto vengono ai nostri concerti, sono deliziosi, e riescono a farmi sentire degno di dare voce alla chitarra del Banco dopo Rodolfo. E non si tratta di rimpiazzare o sostituire… questi sono termini che non mi piacciono.

Come vi state preparando per il tour?
Stiamo pensando di inserire in scaletta 3/4 brani di Storie Invisibili ed alcuni estratti da Transiberiana e da Orlando per completare la trilogia, oltre a tanti gioiellini del repertorio passato: sarà un tour che ripercorrerà la storia della musica del Banco. Proprio in questi giorni stiamo definendo la scaletta e ti assicuro che è difficile riuscire a rinunciare a un brano a favore di un altro!

Chiudiamo con i tuoi {progetti al di fuori del Banco, ce ne parli? Infine, sogni nel cassetto?}
Parto dalla seconda domanda, anche se temo di non saper rispondere. Devo dire la verità, sono molto soddisfatto di quello che ho ottenuto dalla musica sebbene mi renda conto che il sogno nel cassetto sarebbe stato avere di più in termini di riconoscibilità internazionale. Il fatto è che in Italia il musicista deve essere chitarrista, turnista, youtuber, insegnante, blogger, trascrittore, redattore e quant’altro: in pratica, fare un mestiere collaterale all’80% e poi suonare, fare i dischi e i tour. Se fossimo stati inglesi o americani sarei stato dalla mattina alla sera a suonare con il Banco e per i miei progetti. In quanto ai miei progetti paralleli penso agli Scenario, con Tony D’Alessio; esistono ormai da 25 anni e non escludo che presto o tardi possano riemergere dalle ceneri come l’Araba Fenice. Più che altro, stiamo cercando di trovare il tempo per rimetterci in carreggiata. Riguardo al progetto Effemme , all’insegna dell’alternative rock, mi sono addirittura messo a cantare… chissà cosa mi ha detto la testa! [ride] Scherzi a parte, ho sentito l’urgenza di esprimermi anche in quel modo, spontaneamente, e certo senza pensare a visibilità, successo, soldi o comunque risvolti vari. Confesso che mi sento un artista: la musica è un cassetto, uno scrigno, che ho la possibilità di aprire…

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