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Tanto per cambiare, ci siamo di nuovo. Precise come un orologio svizzero, dopo le anticipazioni di un po’ di settimane fa, poco gradite dal ministro, sono arrivate le valutazioni ufficiali del Ministero della Salute sull’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) da parte delle Regioni relativamente all’anno 2023 e, come al solito, si è scatenata la tipica tempesta in un bicchier d’acqua, che vede da una parte i vincitori della classifica e dall’altra le maglie nere, ciascuna Regione con propri argomenti a spiegare perché sta lì davanti o perché non merita di stare in fondo o dove è stata classificata, con l’aggiunta dei commenti (tipicamente fuori luogo) dei partiti che di volta in volta stanno all’opposizione.
Ma andiamo con ordine.
Facendo uso di una complessa metodologia (di per sé sempre molto discutibile, ma in questo contributo non si entrerà nel merito del percorso di valutazione) basata sull’utilizzo di un rilevante numero di indicatori – di cui alcuni più importanti di altri e considerati “core“, cioè sostanziali ai fini della valutazione –, viene attribuito un punteggio (valore massimo uguale a 100) a ogni Regione per ciascuno dei tre LEA (prevenzione, territoriale, ospedaliera) e poi (come a scuola) le Regioni che in ciascun LEA ottengono un punteggio superiore a 60 sono giudicate “promosse” (tecnicamente sono definite “adempienti“), mentre quelle che non raggiungono 60 sono giudicate “bocciate” (“inadempienti“).
Nel festival dei commenti, ma sono solo esempi, si annoverano ovviamente quelli positivi ed entusiasti di chi è stato classificato primo (Zaia, Veneto) o comunque tra i primi (Giani, Toscana; Fabi, Emilia-Romagna), mentre rimangono per ora silenti quelli delle Regioni peggio classificate, che probabilmente si faranno sentire passata la tempesta. Ma oltre a questi pronunciamenti del tutto attesi, altri sono di interesse.
È il caso di chi si trova oggi all’opposizione (Quartini, M5S) o nei suoi dintorni (Barbaresi, CGIL), che attribuisce i cattivi risultati della valutazione alle attività – errate o inesistenti – dell’attuale governo, dimenticando che, poiché le Regioni peggio o meglio classificate nella valutazione LEA sono da sempre le stesse, la stessa critica rivolta a questo governo interessa i governi precedenti, dove cioè gli attuali critici in realtà governavano.
Alcuni osservatori politicamente orientati hanno sottolineato l’arretramento nella valutazione subìto dalla Lombardia, che, classificata al quinto posto nell’annata precedente (2022), si trova posizionata al sesto posto nella graduatoria attuale. I commenti hanno suscitato la reazione piccata del presidente Fontana, che ha “bocciato” senza mezzi termini l’intero processo valutativo. Ecco la sua dichiarazione:
“Sono cose assolutamente inaccettabili. I parametri indicati non hanno niente a che vedere con il funzionamento della sanità, sono cose cervellotiche che hanno l’obiettivo di penalizzarci. Sono dati che si fondano su questioni che non c’entrano niente, codici interpretabili in differenti modi tra diverse aziende sanitarie e Regioni. Non può essere questo il metodo di giudizio del funzionamento della sanità… Sono tutte, se posso usare un termine giuridico, puttanate”.
Non sono solo i politici a reagire alla valutazione: anche alcuni tecnici hanno voluto dire la loro, come, ad esempio, Claudio Maria Maffei (Marche), che, partendo da un’analisi della propria Regione, esprime alcune critiche generali alla valutazione: “È frustrante vedere anno dopo anno uscire gli stessi quadri ministeriali con voti senza logica e fuorvianti. Non è l’affidabilità del singolo dato a doversi discutere, ma la sensatezza complessiva di un sistema di valutazione che non orienta le scelte regionali. A quando la pagella dei professori?”.
Mentre lo psichiatra Andrea Angelozzi ha dichiarato: “Quello che doveva essere, nelle intenzioni… un sistema di monitoraggio dell’assistenza sanitaria effettivamente erogata in ogni Regione, che operasse come sistema di garanzia del raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio sanitario nazionale, è diventata alla fine una classifica fra Regioni, anche se non si capisce esattamente una classifica in cosa”.
Ma se andiamo al di là degli ovvi (o meno ovvi) commenti riportati, cosa dicono in realtà queste valutazioni? Giova ripetere che chi scrive, metodologie a parte, è favorevole ai processi di valutazione, ma non nella logica delle classifiche.
Poiché sono anni che le Regioni che stanno nella parte alta e quelle che stanno nella parte bassa della valutazione sono sempre le stesse, è evidente che la differenza di comportamento regionale è il fattore comune che emerge a ogni valutazione, un fattore comune che vede quasi tutte le Regioni del Nord risultare adempienti e quasi tutte quelle del Sud risultare invece inadempienti: ciò nonostante, nulla cambia, i “bocciati” sono sempre gli stessi, ma continuano a comportarsi nello stesso modo che li ha portati alla bocciatura, col risultato che vengono ovviamente bocciati di nuovo alla tornata successiva.
Ma una valutazione che non porta a un cambiamento – possibilmente in meglio – non ha alcuna utilità, salvo quella di produrre materiale per la polemica.
La valutazione dell’erogazione dei LEA non può essere concepita come una classifica dove basta un punto in più per vincere il campionato, o dove, se sei nei primi cinque, vai in Champions, mentre se sei sesto non ci vai: la valutazione deve innescare un processo di miglioramento dei servizi sanitari di ogni Regione, a cominciare da quei LEA (o da quegli aspetti evidenziati dagli indicatori utilizzati) dove la performance è risultata migliorabile.
La logica dei “promossi” e dei “bocciati” rischia di mettere l’accento solo su questi ultimi, trascurando il fatto che non solo nessuno dei promossi ha raggiunto il massimo dei punteggi (e cioè 100 per ogni LEA), ma anche che basta la quota di 60 per essere promosso, il che indica che per tutti i promossi c’è ancora molto da fare e da migliorare per arrivare a 100.
“Un lavoro per tutti” (T.S. Eliot) e non solo un impegno per i bocciati: questo dovrebbe essere il miglior insegnamento della recente valutazione LEA. Visto però come vanno le cose nel nostro Paese, e soprattutto come sono andate da quando – ormai molti anni e governi di tutti i colori fa – è iniziata l’attività di valutazione dell’erogazione dei LEA, credo di essere abbastanza sicuro nell’indovinare facilmente (ma, essendo prudente, non lo dico qui) quali saranno le prime cinque e le ultime cinque Regioni nella prossima valutazione LEA. Basta guardare cosa è successo in tutti questi anni.
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