Retour au passé – Valledaostaglocal.it

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La Valle d’Aosta, dove il concetto di “andare avanti” è così relativo che persino il futuro sembra fare un passo indietro ogni tanto, il Consiglio regionale ha deciso di regalarci un tuffo nel passato con la reintroduzione delle tre preferenze. Una scelta che, se non fosse così seria, sembrerebbe uscita da un film storico – un “classico” che ci riporta al 2019, quell’anno in cui si pensava che la preferenza unica fosse la chiave della modernità. Eppure, come ogni buon politico sa, quando le cose non funzionano, basta spolverare un po’ la storia e riproporre le stesse ricette, magari con una spruzzata di cambiamento per giustificarlo.

Cinque anni fa, la politica valdostana aveva scelto, con una convinzione che oggi appare quasi un atto di giovinezza politica, di eliminare le preferenze multiple. L’idea era quella di semplificare, di modernizzare, di non farci impazzire con liste troppo lunghe e troppo complicate. La preferenza unica, una formula “sana e lineare”, era il rimedio contro il caos elettorale. Ma naturalmente, in politica, i rimedi spesso non funzionano e, come un buon branzino che torna nella sua acqua natale, le tre preferenze sono tornate a ruggire. Che bella sorpresa! L’ennesima dimostrazione che il tempo è solo un concetto relativo… così come le leggi, quando si parla di politica.

Alberto Bertin (presidente del Consiglio Valle, Fp-Pd) ha spiegato con una certa poesia che la legge del 2019 “era frutto di un preciso periodo storico”. Ecco, oggi potremmo aggiungere che lo stesso principio si applica anche alla legge che introduce le tre preferenze: è frutto di un periodo che, visto il contesto, sembra proprio un ritorno ai bei tempi andati. La giustificazione che il sistema delle tre preferenze serve a “trovare i candidati” e “superare le difficoltà delle liste elettorali” potrebbe sembrare una risposta logica, se non fosse che chi, fino a ieri, sosteneva la preferenza unica ora ci fa sapere che le tre preferenze sono “la naturale evoluzione”. Ah, i mutamenti storici sono sempre così convenienti. Quando i problemi cambiano, basta un po’ di creatività per trovare il rimedio giusto… sempre che il rimedio sia quello che fa comodo.

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Un vero colpo da maestro lo ha dato Aurelio Marguerettaz (capogruppo Uv) che, senza battere ciglio, ha affermato che “il superamento della preferenza unica è stato sempre presente in tutte le proposte di legge”. Quindi, per chi avesse avuto dei dubbi su chi ha deciso di lanciare il dado del ritorno al passato, ecco la risposta. Non è mai stato un passo indietro, ma un elegantissimo “ritorno alle radici”. Chissà se Marguerettaz stava pensando a qualche antica tradizione valdostana, o magari a qualche pizzico di nostalgia per i tempi in cui le cose si facevano con più cuore e meno regole. Il compromesso, poi, è sempre stato il suo cavallo di battaglia, anche se oggi sembra un po’ più un “ritorno alla tradizione”, che in politica è sempre una mossa vincente.

E poi c’è il sempre attento Paolo Cretier (capogruppo Fp-Pd) che, con un sorriso sornione, ci svela che “questa norma rispecchia, seppur in modo parziale, quello di tutti”. Un messaggio a chi pensava che la politica fosse una questione di coerenza. Perché, in fondo, quando tutte le forze politiche sembrano d’accordo su qualcosa, è sempre il momento di fare un passo indietro. Anzi, più che un passo indietro, è proprio il momento di ritrovare il punto di equilibrio di tutte le cose. Siamo certi che i valdostani apprezzeranno la fine di questa “meravigliosa” operazione di armonia e coesione. Dopotutto, chi ha bisogno di una legge elettorale che rispecchi i tempi moderni quando si può tornare a un modello che soddisfi tutti? L’importante è che nessuno resti fuori dal gioco, giusto?

Certo, non tutti sono d’accordo con questo ritorno al passato. Erika Guichardaz (capogruppo Pcp) non ha usato mezze misure: ha parlato di una “brutta pagina della politica”. Una critica che non sorprende, visto che la politica, da sempre, si nutre di brutture e meraviglie in ugual misura. Ma non finisce qui: la Guichardaz ci regala un gemma di realismo, affermando che le leggi elettorali normalmente “vengono discusse tra le forze politiche”, magari con la partecipazione dei cittadini, ma che “la solita arroganza della maggioranza ha impedito tutto questo”. Già, la solita arroganza di chi sa che il “popolo” non è sempre un interlocutore affidabile quando si tratta di riforme elettorali. Chi ha bisogno di un referendum quando si può semplicemente fare un passo indietro e decidere per tutti?

Dopotutto, i valdostani sono abituati a scelte così. Non è la prima volta che una riforma “decisiva” si trasforma in un boomerang che ritorna all’origine, spesso senza nemmeno un passaggio intermedio. Quante volte, in questa regione, abbiamo assistito a riforme che promettevano grandi cambiamenti e che, alla fine, finivano per restituirci la stessa realtà di sempre, ma con qualche vestito nuovo? E così, mentre l’elettorato si trova di fronte a una nuova legge elettorale che reintroduce le tre preferenze, possiamo serenamente dirci che “i tempi cambiano, ma in fondo non cambiano mai veramente”.

In conclusione, un bel brindisi a questa “rivoluzione” che in realtà è solo un giro di valzer nel passato, una danzatrice che torna sulla scena con la stessa eleganza di sempre. E come ci ricorda Bertin, con un sorriso che sa di rassegnazione: “Nessuno ne è entusiasta, neanche io”, ma questa è la politica valdostana, bellezza. La sua “realistica” situazione.

RETOUR AU PASSÉ

Dans la Vallée d’Aoste, où le concept de “progresser” est si relatif que même le futur semble parfois faire un pas en arrière, le Conseil régional a décidé de nous offrir un plongeon dans le passé avec la réintroduction des trois préférences. Un choix qui, s’il n’était pas aussi sérieux, semblerait tout droit sorti d’un film historique – un “classique” qui nous ramène à 2019, l’année où l’on pensait que la préférence unique était la clé de la modernité. Et pourtant, comme tout bon politicien le sait, lorsque les choses ne fonctionnent pas, il suffit de dépoussiérer un peu l’histoire et de réintroduire les mêmes recettes, peut-être avec une touche de changement pour justifier le tout.

Il y a cinq ans, la politique valdôtaine avait choisi, avec une conviction qui semble aujourd’hui presque un acte de jeunesse politique, de supprimer les préférences multiples. L’idée était de simplifier, de moderniser, de ne pas nous rendre fous avec des listes trop longues et trop compliquées. La préférence unique, une formule “saine et linéaire”, était le remède contre le chaos électoral. Mais bien sûr, en politique, les remèdes fonctionnent rarement et, comme un bon barbo qui revient dans son eau natale, les trois préférences sont revenues rugir. Quelle belle surprise ! Une nouvelle démonstration que le temps n’est qu’un concept relatif… tout comme les lois, lorsqu’il s’agit de politique.

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Alberto Bertin (président du Conseil de la Vallée, Fp-Pd) a expliqué avec une certaine poésie que la loi de 2019 “était le fruit d’une période historique précise”. Eh bien, aujourd’hui, on pourrait ajouter que ce même principe s’applique à la loi qui introduit les trois préférences : elle est le fruit d’une époque qui, vu le contexte, ressemble à un retour aux “bons vieux temps”. La justification selon laquelle le système des trois préférences sert à “trouver les candidats” et à “surmonter les difficultés des listes électorales” pourrait sembler une réponse logique, si ce n’était que ceux qui soutenaient encore hier la préférence unique nous disent maintenant que les trois préférences sont “l’évolution naturelle”. Ah, les mutations historiques sont toujours si pratiques. Lorsque les problèmes changent, il suffit d’un peu de créativité pour trouver le remède juste… à condition que le remède soit celui qui arrange.

Un véritable coup de maître a été donné par Aurelio Marguerettaz (chef du groupe Uv), qui, sans sourciller, a affirmé que “le dépassement de la préférence unique a toujours été présent dans toutes les propositions de loi”. Donc, pour ceux qui auraient des doutes sur ceux qui ont décidé de lancer le dé du retour au passé, voici la réponse. Ce n’a jamais été un pas en arrière, mais un élégamment “retour aux racines”. Qui sait si Marguerettaz pensait à une vieille tradition valdôtaine, ou peut-être à un soupçon de nostalgie pour une époque où les choses se faisaient avec plus de cœur et moins de règles. Le compromis, en tout cas, a toujours été son cheval de bataille, bien que, aujourd’hui, il semble davantage un “retour à la tradition”, ce qui, en politique, est toujours une stratégie gagnante.

Et puis, il y a le toujours vigilant Paolo Cretier (chef du groupe Fp-Pd) qui, avec un sourire en coin, nous révèle que “cette norme reflète, bien que de manière partielle, celle de tous”. Un message pour ceux qui pensaient que la politique était une question de cohérence. Parce qu’au fond, lorsque toutes les forces politiques semblent d’accord sur quelque chose, c’est toujours le moment de faire un pas en arrière. En fait, plus qu’un pas en arrière, il s’agit de retrouver l’équilibre de toutes les choses. Nous sommes certains que les valdôtains apprécieront la fin de cette “merveilleuse” opération d’harmonie et de cohésion. Après tout, qui a besoin d’une loi électorale qui reflète les temps modernes quand on peut revenir à un modèle qui satisfait tout le monde ? L’essentiel est que personne ne soit exclu du jeu, n’est-ce pas ?

Bien sûr, tout le monde n’est pas d’accord avec ce retour au passé. Erika Guichardaz (chef du groupe Pcp) n’a pas fait dans la demi-mesure : elle a parlé d’une “mauvaise page de la politique”. Une critique qui ne surprend pas, étant donné que la politique se nourrit toujours de laideurs et de merveilles en égale proportion. Mais ce n’est pas tout : Guichardaz nous offre un bijou de réalisme en affirmant que les lois électorales sont normalement “discutées entre les forces politiques”, peut-être avec la participation des citoyens, mais que “la vieille arrogance de la majorité a empêché tout cela”. Eh bien, la vieille arrogance de ceux qui savent que le “peuple” n’est pas toujours un interlocuteur fiable lorsqu’il s’agit de réformes électorales. Qui a besoin d’un référendum quand on peut tout simplement faire un pas en arrière et décider pour tous ?

Après tout, les valdôtains sont habitués à ce genre de choix. Ce n’est pas la première fois qu’une réforme “décisive” se transforme en boomerang qui revient à son point de départ, souvent sans même un passage intermédiaire. Combien de fois, dans cette région, avons-nous assisté à des réformes qui promettaient de grands changements et qui, au final, nous ont rendu la même réalité de toujours, mais avec quelques nouveaux atours ? Ainsi, alors que l’électorat se retrouve face à une nouvelle loi électorale qui réintroduit les trois préférences, nous pouvons sereinement nous dire que “les temps changent, mais au fond, ils ne changent jamais vraiment”.

En conclusion, un joli toast à cette “révolution” qui, en réalité, n’est qu’une valse dans le passé, une danseuse qui revient sur scène avec la même élégance de toujours. Et comme nous le rappelle Bertin, avec un sourire qui sent la résignation : “Personne n’est enthousiaste, même pas moi”, mais c’est ça la politique valdôtaine, beauté. Sa “réaliste” situation.





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