La Grecia si ferma per chiedere giustizia sul disastro ferroviario di Tebi: un milione nelle piazze. Scontri e 40 feriti ad Atene e Salonicco

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La Grecia si ferma chiedendo giustizia per il disastro ferroviario di Tebi che nel 2023 provocò la morte di 57 persone. Uno sciopero generale sta attraversando il Paese perché, a due anni di distanza, non è ancora stato avviato un procedimento penale e il governo è sotto accusa per non aver fatto abbastanza affinché emerga tutta la verità su cosa avvenne in Tessaglia nella notte tra il 28 febbraio e l’1 marzo del 2023 nello scontro tra un treno passeggeri e un convoglio merci. Fuori dal parlamento di Atene, dove si erano radunate centinaia di migliaia di persone bloccando piazza Syntagma e i vialoni limitrofi, si sono registrati pesanti scontri. Frange di manifestanti hanno tentato l’assalto al palazzo, sfondando le protezioni e attaccando i poliziotti schierati a protezione con il lancio di molotov. Il quotidiano Khatimerini ha documentato il caos anche in piazza Omonia e nel quartiere di Exarchia, con una vera e propria guerriglia urbana.

Secondo lo stesso sito d’informazioni, i feriti sono stati almeno 40, compreso un fotoreporter colpito da una granata stordente, e sono stati effettuati 120 arresti. Tensione pure a Salonicco, dove la manifestazione – così come nella capitale – ha visto una partecipazione enorme. Sempre ad Atene, a metà mattinata, un gruppo di anarchici era riuscito a salire sul tetto del palazzo della Hellenic Train, la società greca di trasporto ferroviario per passeggeri e merci controllata da Trenitalia del gruppo Fs dal 2017. Nonostante gli uffici fossero stati circondati dalle forze di polizia per evitare incidenti, gli esponenti del gruppo anarchico sono riusciti a raggiungere l’edificio dal tetto di un palazzo adiacente, riporta Skai.

La giornata era iniziata con un Paese paralizzato: fermi i trasporti su gomma, rotaia e via mare, chiusa la stragrande maggioranza di locali commerciali, aerei rimasti a terra mentre nelle piazze si sono via via radunate centinaia di migliaia di persone. Forse un milione, tenendo conto che si sono tenute manifestazioni non solo ad Atene e nelle altre principali città elleniche. In totale ci sono stati cortei in 361 località e le immagini trasmesse dalle tv mostrano fiumi di persone che protestano. Secondo il giornale di sinistra Efsyn, i raduni di oggi in tutta la Grecia sono “i più grandi nella storia del Paese”. Un’immensa folla di persone, composta da studenti, lavoratori e famiglie con bambini al seguito ha riempito piazza Syntagma mostrando striscioni con lo slogan della protesta.

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Il più usato è “Non ho ossigeno”, frase pronunciata da una delle vittime dell’incendio che è divampato subito dopo lo scontro frontale tra un treno passeggeri e un treno merci. Altri striscioni recitano “Il loro profitto, le nostre vite” e intimano “Mai più Tebi”. Maria Karystianou, madre di una ragazza di 20 anni morta nell’incidente e portavoce dell’associazione dei familiari delle vittime, ha preso la parola in piazza Syntagma, dichiarando: “Possiamo e vogliamo portare di nuovo il miracolo della giustizia nel nostro Paese”. E ha garantito che “la verità (sulle responsabilità dell’incidente) sarà trovata”. A Salonicco, i manifestanti hanno liberato in aria alcuni palloncini neri in ricordo delle vittime, tra cui molti universitari di ritorno dalle feste di Carnevale. Raduni di sostegno alla protesta sono stati organizzati dai greci della diaspora in altri Stati, nelle città di New York, Melbourne, Stoccolma, Copenaghen e Tirana.

La mobilitazione di massa è stata alimentata dal risentimento dell’opinione pubblica contro l’inazione del governo conservatore. I critici sostengono che dei politici dovrebbero essere chiamati a rispondere delle mancanze che hanno portato all’incidente, ma finora solo funzionari delle ferrovie sono stati accusati di qualche reato. Sotto accusa anche la conduzione delle indagini. Il governo si trova ad affrontare pressioni crescenti, poiché gli inquirenti attribuiscono la responsabilità dell’accaduto all’errore umano, alle infrastrutture obsolete e alla mancata installazione di sistemi di sicurezza.



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