Cosa può fare Agenzia Entrate Riscossione dopo aver notificato la cartella di pagamento? Entro quanto tempo? Cosa rischia il contribuente e come può difendersi.
La cartella esattoriale, comunemente chiamata “cartella di pagamento”, è l’atto con cui Agenzia Entrate Riscossione, o qualsiasi altro agente per la riscossione esattoriale, comunica al contribuente l’avvio della procedura di recupero delle somme dovute alla pubblica amministrazione o agli enti locali. Essa è un titolo esecutivo: consente cioè il pignoramento dei beni senza bisogno di ulteriori atti o di autorizzazioni del giudice. Ma cosa succede dopo la notifica della cartella esattoriale? Cosa deve aspettarsi il contribuente e quali sono i termini entro cui questi potrebbe subire un pignoramento? Cerchiamo di rispondere alle domande più frequenti su questo delicato argomento che tocca numerosi italiani.
Che effetti ha la notifica della cartella esattoriale?
Dopo la notifica della cartella esattoriale, si verificano diversi effetti giuridici e il contribuente ha a disposizione specifiche azioni da intraprendere.
Decorrenza dei termini per l’impugnazione
La notifica della cartella esattoriale segna l’inizio del termine per proporre ricorso. Il contribuente ha 60 giorni dalla notifica per impugnare la cartella davanti al giudice competente, solitamente la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex Commissione Tributaria Provinciale).
Efficacia esecutiva della cartella
La cartella esattoriale costituisce titolo esecutivo. Ciò significa che, decorso il termine per l’impugnazione senza che il contribuente abbia proposto ricorso, l’Agente della riscossione può procedere con le azioni esecutive per il recupero delle somme dovute, come il pignoramento dei beni o il fermo amministrativo.
Interruzione della prescrizione
La notifica della cartella interrompe i termini di prescrizione del credito tributario. I nuovi termini decorrono dalla data della notifica.
Ricordiamo quali sono i termini di prescrizione decorrenti dall’ultima notifica ricevuta dal contribuente:
- 10 anni per IRPEF, IRES, IVA, imposta di bollo, ipotecaria, di registro, imposta su donazioni e successioni, contributi alla Camera di Commercio, Canone Rai e tutti gli altri tributi dovuti allo Stato;
- 5 anni per IMU, TARI, TOSAP e tutte le altre imposte dovute a Comuni, Province e Regioni;
- 3 anni per il bollo auto.
Cosa succede dopo la notifica della cartella?
La cartella dà al contribuente 60 giorni di tempo per il pagamento, a differenza della successiva intimazione di pagamento che ne dà invece solo 5.
L’avviso contenuto nella cartella è che, se l’adempimento spontaneo non avverrà entro il sessantesimo giorno, si procederà ad esecuzione forzata. Ciò però non deve trarre in inganno: non è affatto detto – anzi, è piuttosto improbabile – che il fisco avvii le azioni esecutive non appena scaduto il suddetto termine. A volte decorrono diversi mesi, tanto da rendere necessaria la notifica dell’intimazione di pagamento. Quest’ultima è obbligatoria tutte le volte in cui decorre più di 1 anno dalla notifica della cartella. Difatti, scaduto l’anno, l’Esattore non può avviare l’esecuzione forzata se prima non ha notificato, appunto, il suddetto sollecito (l’intimazione).
Quindi, seppur in astratto nulla toglie che, dopo i 60 giorni, Agenzia Entrate Riscossione avvii già gli atti esecutivi, il contribuente di solito ha molto più tempo per pagare. A ben vedere, tuttavia, per evitare il rischio di vedersi iscrivere un fermo amministrativo o un’ipoteca o ancora bloccare il conto corrente, il debitore può chiedere una rateazione. Quest’ultima, meglio nota come dilazione di pagamento, sospende qualsiasi azione esecutiva o cautelare una volta che è stata concessa.
In alcuni casi, dopo la notifica della cartella, decorre così tanto tempo che il credito dell’amministrazione cade in prescrizione: prescrizione che – lo ricordiamo – opera in automatico per il semplice decorso degli anni che abbiamo indicato sopra. Sicché, in tali ipotesi, il pagamento non è più dovuto e ogni eventuale e successivo atto dell’Esattore è illegittimo e impugnabile.
Cosa può fare Agenzia Entrate Riscossione dopo la notifica della cartella?
Dopo aver notificato la cartella di pagamento, Agenzia Entrate Riscossione può:
- iscrivere un fermo amministrativo o un’ipoteca: in questi casi però è dovuto un preavviso almeno 30 giorni prima (al fine di consentire il pagamento spontaneo o la richiesta di dilazione);
- avviare il pignoramento dei beni del contribuente: conto corrente, stipendio o pensione, case o terreni, canoni di locazione, ecc.
Cosa può fare il contribuente dopo il ricevimento della cartella?
Una volta ricevuta la cartella, il contribuente ha a disposizione le seguenti azioni.
Pagamento
Il contribuente può decidere di pagare l’importo indicato nella cartella entro 60 giorni dalla notifica. In tal caso, eviterà l’aggravio di ulteriori sanzioni e interessi.
Richiesta di rateizzazione
Se il contribuente si trova in difficoltà economiche, può chiedere all’Agente della riscossione la rateizzazione del debito. La richiesta deve essere presentata entro i termini indicati nella cartella.
Impugnazione
Il contribuente può impugnare la cartella esattoriale se ritiene che vi siano errori o vizi di legittimità. Il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica.
Verifica della regolarità della notifica
Il contribuente può verificare la regolarità della notifica dell’atto presupposto ossia l’avviso di accertamento da parte dell’ente creditore. Se ritiene che la notifica di quest’ultimo atto sia nulla o inesistente, può sollevare tale eccezione nel ricorso contro la cartella.
Il contribuente non può impugnare la cartella per vizi di notifica di quest’ultima: essi infatti sono sanati dal “raggiungimento dello scopo”, ossia dalla conoscenza dell’atto da parte del destinatario. In altri termini, con l’impugnazione il contribuente dimostra di aver ricevuto la cartella e averne preso conoscenza, così potendosi difendere. Poiché pertanto la notifica ha raggiunto il suo obiettivo (garantire il diritto di difesa), tutti gli eventuali vizi si sanano. Se il contribuente volesse far valere un vizio di notifica della cartella dovrebbe “fingere” di non averla mai ricevuta e astenersi dal contestarla, per poi impugnare il successivo atto dell’Agente della Riscossione.
Conseguenze del mancato pagamento o impugnazione
Se il contribuente non paga né impugna la cartella entro i termini, l’Agente della riscossione può avviare le procedure esecutive per il recupero coattivo del credito di cui abbiamo parlato sopra.
Il mancato pagamento entro i termini comporta l’applicazione di ulteriori interessi di mora, che aumentano l’importo dovuto.
Non è tutto. Se il contribuente vanta dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione, scatta poi il cosiddetto Il blocco dei pagamenti.
Inoltre, ai sensi dell’art. 31 del Decreto-Legge 31 maggio 2010, n. 78, per chi ha insulti con il fisco è vietata la compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali per debiti superiori a millecinquecento euro iscritti a ruolo. In caso di inosservanza di questo divieto, si applica una sanzione del 50% dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori.
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