Affrontare le esigenze di equità sanitaria degli studenti infermieri

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C’è bisogno di una rappresentanza di professionisti con disabilità per prenderci cura delle persone con disabilità. Per raggiungere questo risultato occorre creare ambienti di apprendimento sicuri, inclusivi ed equi così che anche gli studenti infermieri con disabilità, così come già accaduto per quelli in medicina, possano sentirsi a loro agio nel rivelare le proprie disabilità ed abbiano il supporto strutturale adeguato per garantire il loro successo formativo e professionale.

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La ricerca indica che anche tra i professionisti della disabilità esistono alti livelli di pregiudizi sulla disabilità.



Occorre pertanto garantire l’equità nell’istruzione delle professioni sanitarie, combattendo l’abilismo ossia quell’insieme di stereotipi, pregiudizi, discriminazione ed oppressione sociale nei confronti delle persone con disabilità che è ancora purtroppo radicato strutturalmente anche nei sistemi sanitari.

Un modo ideale per affrontare questo problema è avere professionisti della disabilità che comprendano l’abilismo e che siano in grado di mettere in atto degli adattamenti per garantire obiettivi educativi e creare una forza lavoro più forte, diversificata e più inclusiva.

È quanto sostengono i ricercatori di uno studio traversale condotto in 19 scuole infermieristiche statunitensi cui hanno partecipato 562 studenti infermieri con disabilità auto-riferite, includendo quelle psicologiche e il disturbo da deficit di attenzione/iperattività.

La ricerca, che ha esaminato la prevalenza della disabilità e i tipi di sistemazioni didattiche e cliniche utilizzate nei tradizionali programmi di Bachelor of Science in Nursing, ha rilevato che il tasso si attesta all’8,4% delle iscrizioni totali. Si tratta di un dato significativo che supera l’attuale prevalenza (5,9%) nelle scuole di medicina americane.

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Sono state identificate eterogenee disabilità tra gli studenti che hanno partecipato al sondaggio, tuttavia, gli autori hanno notato una scarsità di studenti infermieri con disabilità motorie e sensoriali.

Ritengono che ciò sia dovuto alle barriere che impediscono a questi studenti di entrare e partecipare pienamente alla professione infermieristica. I ricercatori stimano che il numero di candidati, studenti e professionisti sanitari con disabilità sia maggiore di quanto rilevato in quanto queste persone sono esitanti a dichiarare la propria disabilità, soprattutto quando si trovano ad affrontare rigorosi processi di selezione per l’istruzione e la pratica professionale.

Gli autori dello studio ritengono che sia possibile migliorare i tassi di auto-dichiarazione delle disabilità da parte degli studenti intervenendo sugli atteggiamenti di pregiudizio ed abilismo. Soltanto così è possibile fornire a tutti gli studenti con disabilità i supporti necessari di cui necessitano per costruirsi un percorso lavorativo al pari di quelli senza disabilità.

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La ricerca indica che anche tra i professionisti della disabilità (sanitari, educatori, personale di supporto, assistenti sociali e addetti ai servizi per studenti disabili) esistono alti livelli di pregiudizi sulla disabilità.

Inoltre, sono spesso individui non disabili ad occuparsi dei servizi per le persone con disabilità. L’esperienza degli studenti con disabilità può essere influenzata negativamente in caso di pregiudizio, sia implicito che esplicito, da parte di tali professionisti il cui atteggiamento può influenzare altresì anche le politiche pubbliche.

Secondo gli autori una barriera sistemica all’inclusione degli studenti con disabilità nelle professioni sanitarie è la cultura e il contesto unico della professione. A causa della medicalizzazione, le persone con disabilità sono spesso viste come pazienti passivi che necessitano di cure piuttosto che come un gruppo con esperienze umane diverse. Queste persone potrebbero invece diventare legittimamente una parte necessaria della forza lavoro sanitaria.

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I ricercatori sottolineano pertanto la necessità di accogliere studenti con disabilità per produrre una forza lavoro di professionisti sanitari con disabilità. Tale esigenza è dimostrata dalla disparità nell’assistenza sanitaria riscontrate in tutto il mondo dalle persone con disabilità.

Dal report sulla disabilità dell’Oms emerge infatti che le persone con disabilità hanno le stesse esigenze generali di assistenza sanitaria degli altri ma hanno 2 volte più probabilità di trovare inadeguate le competenze e le strutture dei professionisti sanitari, 3 volte più probabilità di vedersi negare tale assistenza e 4 volte più probabilità di essere trattati male nel sistema sanitario. Del resto, sono gli stessi professionisti sanitari in diversi Paesi a segnalare preoccupazioni sulla loro capacità di fornire assistenza di qualità ai pazienti disabili.

Nella formazione medica potrebbe essere utile incorporare anche le competenze legate alla disabilità. Ciò potrebbe portare a ridurre la medicalizzazione nonché a favorire l’inclusione di operatori sanitari con disabilità che potrebbero contribuire a migliorare la medicina nonché ad arginare gli stereotipi.

La ricerca ha già dimostrato che una forza lavoro medica diversificata può apportare benefici ai medici, ai tirocinanti e ai pazienti. Questo studio può essere quindi un punto di partenza per capire come incoraggiare anche una forza lavoro infermieristica ad essere più diversificata e parimenti di successo.

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