Space economy all’italiana. Un sito per i lanci. Ma serve la polizza RC

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Space economy all’italiana. Con tanto di “spazioporto” per lanci e decolli, da individuare sul territorio italiano; una RC Spazio per far fronte agli obblighi di responsabilità civile in capo alle imprese di astronautica che cagioneranno danni a terzi; immatricolazioni ad hoc per gli oggetti spaziali da lanciare oltre l’atmosfera terrestre; corsie di favore in appalti e tecnologie innovative per start up e pmi. E un registro complementare per schedare le “navicelle” non immatricolate in Italia.

Tutto questo e non solo è contenuto nel disegno di legge governativo sull’economia dello spazio, emendato in commissione attività produttive alla Camera dei deputati e atteso la prossima settimana al voto dell’aula. A Montecitorio sono state introdotte modifiche. Tra queste, due, piuttosto banali per uno stato sovrano, eppure capaci di suscitare le proteste di Andrea Stroppa, emissario in Italia per conto di Starlink e SpaceX: le società di Elon Musk. Tali modifiche al testo impongono al dicastero delle imprese e del made in Italy di ricorrere a soggetti appartenenti all’Ue o alla Nato per la costituzione di una riserva di capacità trasmissiva delle comunicazioni via satellite. Così da garantire «la sicurezza nazionale» e «un adeguato ritorno industriale per il paese». Le comunicazioni, dunque, potranno essere effettuate solo tramite satelliti o costellazioni satellitari di questi soggetti, poste in orbita geostazionaria, media e bassa.

Ma andiamo con ordine.

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Ora spunta la RC Spazio

Il massimale obbligatorio per le polizze assicurative stipulate a copertura dei danni che gli operatori dovranno sostenere sarà di cento mln di euro. E, come avviene per le RC auto, questo calerà progressivamente, man mano le imprese documenteranno:

  • le loro esperienze pregresse nello spazio;
  • il livello orbitale in cui il loro oggetto spaziale si muove;
  • la durata e la tipologia di attività svolta nel cosmo.

Di più: il massimale non potrà scendere sotto quota 50 mln, a meno che le attività svolte non siano di ricerca o imputate a imprese qualificate come “start-up”. Per queste, il massimale potrà scendere anche fino a 20 mln per ogni eventuale sinistro.

L’autorizzazione per il cosmo

Ogni operatore che eserciterà la propria attività su territorio italiano dovrà possederne una, rilasciata dalla Presidenza del consiglio dei ministri o da un’autorità politica delegata in sua vece per le politiche spaziali e aerospaziali. Il rilascio del placet verrà subordinato al rimborso dei costi di istruttoria e a un contributo da versare all’autorità competente. Anche le aziende italiane che eserciteranno attività all’estero dovranno guadagnarsi un lasciapassare italiano. L’autorizzazione, comunque, potrà riguardare una o più attività spaziali, simili o differenti purché interconnesse. Nel caso in cui si chieda un via libera per il lancio di più satelliti, il permesso sarà unico se questi faranno parte della medesima costellazione. Ovviamente, il suo rilascio sarà subordinato:

  • alla stipula di un contratto assicurativo a copertura dei rischi;
  • al possesso di precisi requisiti di idoneità tecnica, professionale e finanziaria, commisurati ai rischi e alla dimensione aziendale dell’operatore. In proposito, un emendamento approvato a Montecitorio prescrive che la valutazione di solidità finanziaria su start-up, microimprese e pmi, tenga conto della presenza di investitori istituzionali, piani di finanziamento pubblico o privato, e della partecipazione a incubatori o acceleratori di impresa;
  • alla disponibilità di un servizio di prevenzione delle collisioni, anche realizzato in proprio.

Chi farà la vigilanza

A vigilare sull’attività dell’operatore spaziale sarà l’Agenzia spaziale italiana. Qualora l’impresa o il suo proprietario non forniscano le informazioni e i documenti richiesti o non consentano le ispezioni, ostacolando l’attività di vigilanza, scatterà una multa a loro carico compresa tra 150mila e 500mila euro.

I prossimi passi normativi

Per “mettere a terra” il quadro normativo e consentire il varo della space economy italiana serviranno uno o più dpcm, adottati di concerto con: i dicasteri competenti; l’Asi; l’Agenzia per la cybersecurity; il Comitato interministeriale per le politiche dello spazio (Comint). In questi provvedimenti verranno definiti:

  • requisiti di sicurezza;
  • entità dei contributi dovuti e dei rimborsi d’istruttoria;
  • documenti a corredo della richiesta di placet;
  • procedimenti sanzionatori;
  • funzioni di vigilanza;
  • soglie di rischio per le polizze;
  • caratteristiche tecniche dei dati d’origine spaziale, utilizzabili anche a fini commerciali;
  • requisiti delle imprese.

In proposito, un emendamento varato alla camera prevede che questi ultimi possano essere alleggeriti per favorire ingresso nel mercato e innovazioni di start up e le pmi

Uno “spazioporto” per i lanci in Italia

I suoi requisiti tecnici e le caratteristiche saranno definiti con dpcm. Questo indicherà:

  • il sito in cui andrà realizzato sul territorio nazionale;
  • le infrastrutture da realizzare;
  • le strutture e le apparecchiature da implementare per il lancio o il decollo, il rientro o l’atterraggio;
  • le operazioni di volo e di terra.

Un fondo ad hoc per la space economy

Il ddl prevede la sua costituzione, ma la norma è stata emendata a Montecitorio. Sarà dotato di 35 mln per il 2025 e servirà a finanziare le attività d’innovazione tecnologica e la valorizzazione commerciale delle attività italiane nello spazio realizzate presso infrastrutture nazionali o dove sussista una collaborazione del paese. Erogherà finanziamenti e contributi a fondo perduto fino a un massimo del 70% delle spese e sarà incardinato presso il ministero delle imprese e del made in Italy.

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Appalti di favore per le pmi e le start up

Da ultimo, il ddl prescrive che per agevolare le pmi nell’accesso agli affidamenti di contratti nel settore spaziale e delle tecnologie aerospaziali:

  • nei casi di appalto non suddiviso in lotti, il bando riservi un subappalto obbligatorio pari ad almeno il 10% del valore del contratto alle start-up innovative e alle pmi (la deroga è possibile solo se non esistono aziende a sufficienza per garantire il servizio);
  • tra i criteri di valutazione dell’offerta più vantaggiosa sia inseribile una quota percentuale d’esecuzione affidata a start-up innovative e pmi in caso di ricorso a subappalto;
  • se il subappalto verrà svolto da start-up innovative e pmi, la stazione appaltante corrisponda direttamente a queste l’importo dovuto per le prestazioni eseguite;
  • venga calcolato un anticipo pari al 40% del prezzo del valore del contratto, che l’appaltatore dovrà incassare entro 15 giorni dall’inizio dei lavori.

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