Il primo obiettivo è far parlare: realizzare una mobilitazione partecipata e scenica, che la politica non possa ignorare. Il secondo, a lungo termine, è rallentare il treno parlamentare lanciato dal governo, gettando le basi per la futura campagna referendaria. Giovedì l’Associazione nazionale magistrati sciopera e manifesta in tutta Italia contro il ddl costituzionale sulla separazione delle carriere, approvato in prima lettura alla Camera e ora in discussione al Senato, con l’obiettivo, esplicitato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, di arrivare al via libera definitivo entro l’estate. A decidere per lo sciopero – l’extrema ratio del dissenso delle toghe – è stata l’assemblea straordinaria del 15 dicembre scorso, convocata per organizzare la “resistenza” alla riforma: in quell’occasione era stata deliberata anche la protesta alle inaugurazioni dell’anno giudiziario, un appuntamento ben riuscito che ora si punta a replicare. Sullo sfondo però c’è il flop dell’ultima astensione dalle udienze, proclamata nel 2022 contro le “pagelle” della riforma Cartabia e ferma al 48% di adesioni: perché lo sciopero possa considerarsi un successo, quel dato andrebbe alzato almeno al 70%, anche se l’ideale sarebbe arrivare alle percentuali “bulgare” (intorno al 90%) raggiunte ai tempi dei governi Berlusconi. A questo scopo nelle ultime ore è stata diffusa nelle chat e nelle mailing list una chiamata alla partecipazione firmata dai leader delle quattro maggiori correnti: Giovanni Zaccaro di Area, Stefano Musolino di Magistratura democratica, Rossella Marro di UniCost e anche Claudio Galoppi di Magistratura indipendente (Mi), il gruppo più vicino al governo e finora più timido nella contestazione. Mercoledì pomeriggio è arrivata l’adesione compatta allo sciopero anche da quasi tutti i membri togati del Consiglio superiore della magistratura (si è sfilato solo l’indipendente Andrea Mirenda) che in una nota insistono sulla necessità di “porre con forza all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della garanzia dell’autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario e, dunque, della tutela dei diritti di tutti“.
A organizzare la protesta è stato il nuovo esecutivo dell’Anm, guidato proprio da un esponente di Mi, il procuratore aggiunto di Torino Cesare Parodi. Dopo un esordio dai toni “soft” – tanto da far immaginare che lo sciopero, già programmato, potesse essere addirittura revocato – il neo-presidente si è allineato al resto della giunta nel lavoro pancia a terra per preparare la giornata, lanciata con lo slogan “Scioperiamo perché l’indipendenza della magistratura è un bene comune“. La campagna di comunicazione, coordinata dal capo ufficio stampa Carlo Passarello, si è sviluppata in gran parte sui social, terreno storicamente ostico per giudici e pm: uno dei post più riusciti è quello con una serie di “pillole” sui rischi della riforma, che saranno stampate anche su opuscoli da distribuire durante le manifestazioni. Vi si legge, ad esempio, che la separazione dai giudici “determina l’isolamento del pubblico ministero, mortificandone la funzione di garanzia e abbandonandolo a una logica securitaria, nonché ponendo le premesse per il concreto rischio del suo assoggettamento al potere esecutivo“. Il sorteggio dei componenti togati del Csm previsto dalla riforma, invece, “impedisce ai magistrati di scegliere i propri rappresentanti mentre lascia al Parlamento la possibilità di scegliere i propri, diminuendo la garanzia d’indipendenza dal potere politico”. Più in generale, poi, il ddl “non stanzia risorse, non colma le carenze di personale, non incide sulla velocità dei processi o sulla qualità delle indagini: in sintesi non risolve i problemi della giustizia italiana”.
Il programma della giornata prevede assemblee pubbliche e altre iniziative in tutta Italia: in totale si manifesterà in 29 città, dai capoluoghi più importanti alle sedi di Tribunali piccolissimi, come Lagonegro (Potenza) o Forlì. Come già all’anno giudiziario, i partecipanti allo sciopero indosseranno ovunque la toga con una coccarda tricolore e terranno in mano una copia della Costituzione. A Roma il programma prevede flash mob sulla scalinata della Cassazione e poi un’assemblea pubblica al cinema Adriano, di fronte al Palazzaccio di piazza Cavour, a cui parteciperanno il presidente dell’Anm Parodi e il segretario Rocco Maruotti, oltre i magistrati Giuseppe Santalucia (ex presidente dell’associazione) ed Enrico Scoditti, la professoressa di diritto costituzione comparato Tania Groppi, l’avvocato Giuseppe Iannaccone e il giudice ungherese Tamás Matusik, ex Presidente del National Judicial Council dell’Ungheria. A Milano la giornata inizierà alle 9:30 con un incontro con la cittadinanza in corso di Porta Vittoria, davanti al palazzo di Giustizia, in cui verranno distribuiti i volantini con le ragioni dello sciopero; alle 10 ci sarà l’assemblea pubblica nell’aula della Corte d’Appello, a cui interverranno i capi degli uffici del distretto, i rappresentanti dell’Anm e vari ospiti, tra cui Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale all’Università Statale di Milano. A Napoli all’assemblea parteciperanno esponenti del mondo della cultura come lo scrittore Maurizio De Giovanni, il regista Andrea Segre e la scrittrice Viola Ardone; a Genova interverranno l’attore Antonio Albanese (che leggerà un testo di Piero Calamandrei) e il direttore del Fatto Marco Travaglio.
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