Cristina Campo, nel suo libro Sotto falso nome, ci offre una riflessione profonda sulla giovinezza, vista non come un semplice stato anagrafico ma come una disposizione interiore capace di perdurare ben oltre gli anni dell’età giovanile. La sua citazione ci invita a considerare la giovinezza come una condizione austera, non priva di difficoltà, ma al contempo caratterizzata da una straordinaria capacità di contemplazione e meraviglia.
Per chi voglia discendere un poco oltre la superficie, è difficile immaginare condizione più austera che una giovinezza degna di questo nome. Difficile misurare il chiaro e puro coraggio richiesto da una stagione che protende verso di noi tutti i suoi rami, mentre tutto di noi appassionatamente risponde. Torna in mente la bella immagine dei due uccelli dei Veda: quello che si getta sul frutto, quello che lungamente lo guarda.
Una ardente facoltà di contemplazione amorosa, là dove il possesso sarebbe più naturale e gratuito: forse è questa – contro ogni apparenza – la vera giovinezza; quella che nel poeta, nell’uomo di cuore, si prolunga fino alla morte. Quanto più il frutto tramuta ai nostri occhi, decade per noi da prodigio a strumento, da mistero a materia consumabile, tanto più noi ci allontaniamo dai nostri giovani anni.
Cristina Campo, la giovinezza e i Veda
Cristina Campo sottolinea come la giovinezza autentica sia una fase difficile, una stagione dell’esistenza che richiede coraggio e lucidità. Non si tratta soltanto dell’entusiasmo impetuoso che porta a lanciarsi nelle esperienze della vita, ma di una tensione tra due polarità: il desiderio di possedere e l’attitudine a contemplare. L’immagine tratta dai Veda dei due uccelli – uno che si getta sul frutto e l’altro che lo osserva – è particolarmente efficace nel rendere questa duplice natura della giovinezza. Il giovane non è solo colui che si appropria con avidità del mondo, ma anche chi sa guardarlo con stupore e rispetto.
La giovinezza, quindi, non è sinonimo di leggerezza o di incoscienza. Al contrario, Campo la descrive come un periodo di intensità e profondità, di scelte che implicano rinunce e discernimento. La sua austerità deriva dalla necessità di saper bilanciare l’istinto con la riflessione, il desiderio con il distacco.
Uno degli aspetti più interessanti della riflessione di Campo è l’opposizione tra il possesso e la contemplazione amorosa. In una società che spinge al consumo immediato, l’idea che la giovinezza autentica si misuri nella capacità di attendere e di contemplare appare controcorrente e rivoluzionaria. Il giovane, secondo Campo, non è veramente tale se non conserva dentro di sé questa capacità di stupore e di attesa, che si contrappone all’avidità di ottenere e di consumare il mondo circostante.
Il frutto che cambia ai nostri occhi è una metafora potente: se lo vediamo solo come oggetto da consumare, lo svilupperemo in una semplice materia senza valore; se, invece, sappiamo guardarlo come un prodigio, conserveremo quella freschezza interiore che è propria della giovinezza autentica. Questo vale non solo per gli oggetti, ma per le esperienze, per i legami umani, per la conoscenza stessa. La maturità non dovrebbe coincidere con il disincanto o con la perdita della meraviglia, ma con la capacità di conservare uno sguardo limpido sul mondo.
La giovinezza che si prolunga nel poeta e nell’uomo di cuore
Il pensiero di Cristina Campo si ricollega alla visione di molti poeti e filosofi che hanno visto nella giovinezza una questione dello spirito più che un dato anagrafico. Per lei, la vera giovinezza non si esaurisce con il passare degli anni, ma continua nel poeta, nell’uomo di cuore, fino alla morte. È una condizione che si manifesta nella capacità di guardare la realtà con occhi sempre nuovi, di non lasciarsi ingrigire dal tempo, di mantenere viva la fiamma della curiosità e dell’incanto.
Questo concetto si oppone all’idea diffusa che associa la maturità alla perdita dell’entusiasmo giovanile. Per Campo, diventare adulti non significa perdere la capacità di meravigliarsi, ma piuttosto coltivare un’intelligenza del cuore che sappia riconoscere il valore profondo delle cose senza ridurle a meri strumenti. In questo senso, la vera vecchiaia non è questione di età, ma di atteggiamento verso il mondo: si diventa vecchi quando si smette di vedere il mistero nelle cose, quando tutto diventa routine e nulla desta più stupore.
L’attualità del pensiero di Cristina Campo
Oggi, più che mai, la riflessione di Cristina Campo appare attuale e necessaria. Viviamo in un’epoca che incoraggia il consumo immediato, la fruizione veloce, la ricerca del piacere istantaneo. La sua citazione ci ricorda che la giovinezza autentica non si misura dalla rapidità con cui si consumano le esperienze, ma dalla capacità di assaporarle, di riflettere su di esse, di mantenere uno sguardo incantato sul mondo.
In un tempo in cui tutto scorre velocemente e si è sempre alla ricerca della prossima novità, imparare a contemplare significa riscoprire il valore dell’attesa, della profondità, della durata. Il poeta, l’uomo di cuore, è colui che sa ancora vedere il prodigio là dove altri vedono solo materia da consumare. Questa è la vera giovinezza: una qualità dell’anima che ci accompagna per tutta la vita, se siamo in grado di coltivarla.
In conclusione, la citazione di Cristina Campo ci invita a riflettere su cosa significhi davvero essere giovani. Non è un privilegio riservato a un’età specifica, ma un atteggiamento interiore fatto di meraviglia, di rispetto per il mistero delle cose, di capacità di contemplazione. Solo chi sa guardare il mondo con occhi nuovi, chi non si lascia indurire dalla routine e dal disincanto, può dirsi davvero giovane, indipendentemente dall’età anagrafica. Questa è la lezione più preziosa che possiamo trarre da Sotto falso nome: la giovinezza non è un dato biologico, ma una scelta dello spirito.
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