Ue, ecco il Clean Industrial Deal: economia circolare al centro

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Spinta al consumo pubblico e privato di prodotti a bassa impronta di carbonio e armonizzazione del mercato dei materiali riciclati e dei prodotti riutilizzabili: così il Clean Industrial Deal presentato oggi dalla Commissione europea punta sull’economia circolare per tenere insieme competitività e decarbonizzazione


“Mettere la decarbonizzazione e la circolarità al centro della nostra politica economica è il solo modo per tenere il passo dei competitor internazionali ricchi di risorse”. Una frase che condensa tutto il senso del Clean Industrial Deal, la comunicazione della Commissione europea che in 24 pagine traccia il nuovo corso della politica industriale dell’Unione, per uscire dalla palude della crescita stagnante e recuperare un ruolo di primo piano nello scenario internazionale, ma senza sacrificare le ambizioni climatiche. Energia a basso costo, spinta al mercato dei prodotti a bassa impronta carbonica, stimolo agli investimenti pubblici e privati, potenziamento dell’economia circolare, rafforzamento delle partnership globali affidabili, formazione di competenze professionali di qualità: queste le leve individuate dalla Commissione, da azionare con politiche che vedranno la luce tra il 2025 e il 2026 e che, promette Bruxelles, saranno orientate alla semplificazione, allo sviluppo delle potenzialità del mercato unico e all’integrazione strategica tra i singoli Stati membri, nello spirito del rapporto Draghi.

“Un business plan trasformativo – si legge – che terrà assieme clima e competitività in un’unica strategia di crescita”, con piani d’azione settoriali per auto (il prossimo 5 marzo), acciaio, chimica, trasporti e bioeconomia. Dopo la bussola della competitività, una prima mappa per navigare nel mare tempestoso dei nuovi scenari di competizione globale, mantenendo fissa all’orizzonte la stella polare degli obiettivi di neutralità carbonica del Green Deal (che resteranno, anche se il piano viene citato solo una volta nella comunicazione) ma con un approccio pragmatico che punti a raggiungerli senza sacrificare la produttività industriale e scongiurando il rischio di chiusure e delocalizzazioni.

Per dare corpo al piano, si legge, serviranno 480 miliardi di euro l’anno di nuovi investimenti, pubblici e privati, 100 dei quali saranno mobilitati direttamente dal Clean Industrial Deal attraverso la Industrial Decarbonisation Bank, che raccoglierà risorse dall’Innovation Fund, dall’ETS (tra 20 e 30 miliardi) e dalla revisione del piano InvestEU. Risorse che saranno rese rapidamente disponibili per finanziare la produzione di tecnologie pulite e supportare progetti di decarbonizzazione dei settori industriali chiave. Ma il peso delle risorse private resterà determinante. Per liberarle, entro il secondo trimestre di quest’anno la Commissione proporrà una riforma della disciplina degli aiuti di Stato che consenta ai singoli Paesi Ue di approvare più rapidamente i regimi di sostegno funzionali alla decarbonizzazione e allo sviluppo dell’industria delle clean tech “evitando al tempo stesso indebite distorsioni della concorrenza nel mercato unico”.

Pietra angolare del piano l’accesso all’energia a basso costo per cittadini e imprese, sfida esiziale per l’economia Ue. Con l’Action Plan for Affordable Energy, adottato oggi, la Commissione punterà a intervenire nel breve termine per abbassare le bollette, accelerare lo sviluppo di energia pulita e reti elettriche e garantire il corretto funzionamento del mercato del gas. Piano che secondo Bruxelles determinerà un risparmio complessivo stimato in 45 miliardi di euro già nel 2025, che aumenterà progressivamente fino a raggiungere i 130 miliardi di euro di risparmi annuali al 2030 e i 260 miliardi di euro al 2040. Al via oggi anche il programma pilota della EIB per supportare la sottoscrizione di Power Purchase Agreements su scala industriale. All’orizzonte nuove linee guida sulla tassazione energetica, che inviteranno gli Stati membri a ridurre prelievi fiscali e accise in bolletta. Sul medio termine, l’obiettivo è quello di installare 100 GW di capacità rinnovabile fino al 2030 e portare il tasso di elettrificazione dell’economia dal 23 al 32%. Un percorso che si dipanerà nel segno della “neutralità tecnologica”, garantisce la Commissione: saranno gli Stati membri a definire i rispettivi mix energetici e i regimi di aiuto necessari a definirli, incluso il nucleare.

Nella visione della Commissione, accanto alla riduzione del prezzo dell’energia è l’aumento della domanda interna di prodotti a bassa intensità di carbonio a rappresentare l’altra leva per rilanciare la produttività industriale tenendola allineata agli obiettivi decarbonizzazione. Entro la fine di quest’anno un nuovo Industrial Decarbonisation Accelerator Act definirà criteri di resilienza e sostenibilità per spingere la fornitura di risorse a basso impatto verso i settori industriali ad alta intensità energetica, mentre nel 2026 la riforma del Public Procurement metterà in ordine e rafforzerà la disciplina degli acquisti verdi nella pubblica amministrazione, lavorando parallelamente alla definizione di criteri e requisiti non economici anche negli appalti privati per settori ad alta rilevanza economica come acciaio o batterie. Sempre nell’ambito del Decarbonisation Accelerator Act verranno definite nuove etichette volontarie (senza ulteriori obblighi di reporting, garantisce la Commissione) per indicare l’intensità carbonica dei prodotti, a partire da acciaio e cemento, e favorire l’accesso a incentivi e agevolazioni fiscali.

Dalla domanda all’offerta: la spinta al consumo di beni e servizi a bassa impronta carbonica, si legge nel Clean Industrial Deal, non potrà prescindere dal potenziamento dell’economia circolare, driver di innovazione ma anche strategia indispensabile per ridurre la dipendenza dell’industria Ue dall’importazione di risorse dall’estero. A partire dai Critical e Strategic Raw Materials fondamentali per l’industria tecnologica e per i quali verrà istituita una piattaforma unica d’acquisto. L’Europa è già “capofila della circolarità – si legge – ma i suoi sforzi sono ostacolati dalla mancanza di scala industriale e di un vero mercato unico per rifiuti, materie prime secondarie e materiali riutilizzabili”. Ostacoli che l’Ue metterà nel mirino con il futuro Circular Economy Act, in programma per il 2026 con l’obiettivo, tra gli altri, di fare dell’Ue “leader mondiale dell’economia circolare entro il 2030” e di portare il tasso di uso circolare delle risorse dall’11,8 al 24%. Le misure andranno dalla revisione del quadro normativo sui rifiuti tecnologici all’armonizzazione della disciplina ‘end of waste’, dal rafforzamento della responsabilità estesa del produttore all’introduzione di nuovi obblighi di contenuto minimo riciclato e di vincoli di audit pre demolizione per facilitare il riutilizzo e il riciclo dei materiali. Sul fronte delle CRM e SRM verranno valutate misure per incentivare lo sviluppo di capacità interna di riciclo e puntare all’obiettivo del 25% al 2030 fissato nel CRM Act dello scorso anno.





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