Ridistribuzione dei posti di lavoro, protezione dei dati personali, equilibri delicati che governano le nuove frontiere delle neuroscienze. Sono solo alcune delle sfide etiche che si troverà ad affrontare la società di domani, stretta nella corsa tra tecnologie che si avvicendano sempre più rapidamente e una lentezza normativa che spesso fatica a tenere il passo. Anche per trovare risposta a queste criticità nasce presso l’Università telematica Pegaso l’Osservatorio per l’Etica delle Nuove Tecnologie, un centro di ricerca interdisciplinare dedicato all’analisi critica e al monitoraggio dell’impatto tecnologico sulla società. L’Osservatorio, coordinato dal professor Andrea Lavazza (docente di Filosofia morale presso l’Università Pegaso), si propone come punto di riferimento per lo studio dei dilemmi etici posti dall’innovazione scientifica e tecnologica. Oltre alla produzione di articoli scientifici, il centro – che ha iniziato la sua attività con un convegno a Milano il 14 gennaio e che riunisce studiosi e ricercatori provenienti da diverse aree disciplinari – si dedicherà alla redazione di rapporti periodici e analisi strategiche, puntando in questa prima fase i riflettori sull’influenza esercitata dai grandi colossi tech sulla società, sulla politica e sulla vita quotidiana. E in effetti il dilemma etico e filosofico dello sviluppo tecnologico in passato è stato messo proprio in capo a loro, ai leader delle grandi industrie californiane, a cui abbiamo chiesto un’autoregolamentazione che però non è mai davvero arrivata. Da qui la necessità di operare autonomamente, a livello di società civile, con think tank dedicati, agenzie governative, osservatori, no-profit. E, non ultimo, in ambito accademico, dove adesso le università digitali si occupano in maniera strutturata anche di ricerca, oltre che di didattica. Una garanzia ulteriore affinché il dibattito possa sopravvivere anche al di fuori delle logiche spietate della Bay Area e la questione etica – che mai come oggi ci tocca così da vicino – possa trovare un suo baricentro anche tra gli scossoni dei grandi cambiamenti in atto. Primo fra tutti, quello del mercato del lavoro.
LO STUDIO
Secondo uno studio pubblicato lo scorso anno dal McKinsey Global Institute, entro il 2030 l’ingresso dell’intelligenza artificiale nel mercato lavorativo potrebbe comportare la perdita di una cifra compresa tra i 400 e gli 800 milioni di posti di lavoro a livello globale. I dati di un recente rapporto del Fondo monetario internazionale hanno confermato che l’impatto di questa transizione riguarderà circa il 40% della forza lavoro globale. Il fenomeno sarà particolarmente rilevante nei settori della produzione e dei servizi, ma anche nell’amministrazione, nelle professioni legate alla gestione dei dati e perfino in settori fino a ieri insospettabili come l’infotainment e l’arte. Ma lo studio del McKinsey Global Institute prevede anche la creazione di nuovi posti di lavoro in settori emergenti creati proprio dalla diffusione dell’intelligenza artificiale, e quindi la vera sfida dell’occupazione di domani sarà l’acquisizione di nuove competenze ai fini del reimpiego della forza lavoro.
LE DECLINAZIONI
L’ultimo bollettino annuale del sistema informativo Excelsior di Unioncamere evidenzia come oggi risultino difficili da trovare il 68,8% dei diplomati in area ICT e il 49% di laureati nelle discipline scientifico-tecnologiche, mentre più di 2,1 milioni di occupati dovranno sviluppare competenze digitali entro il 2028, il ché apre a importanti interrogativi etici riguardo alle politiche di ricollocamento e formazione all’interno delle aziende. Interrogativi che investono anche il settore biomedico, dove la coltivazione in laboratorio di modelli tridimensionali del cervello umano sta sì aprendo scenari interessanti per le prospettive di cura (e, in futuro, anche di trapianto di parti del sistema nervoso), ma dove si prospetta la potenziale emergenza di barlumi di coscienza in entità che vivranno staccate da un corpo. Una prospettiva del tutto inedita per il genere umano, con i risvolti legali e filosofici che ne conseguono. In cybersecurity, la diffusione al pubblico delle tecniche di IA generativa ha portato a un incremento della velocità e della portata degli attacchi, che sono passati da 579 al secondo nel 2021 a oltre settemila nel 2024 (dati Microsoft). Ma la stessa IA si sta dimostrando anche uno strumento potentissimo nella lotta contro le minacce informatiche, potendo analizzare in tempo reale flussi di dati e minacce che richiederebbero ai team di sicurezza delle aziende settimane di lavoro. Si tratta insomma di trovare un equilibrio tra rischi e benefici delle nuove tecnologie che funzioni per tutti: imprenditori, lavoratori, scienziati, legislatori, macchine. E il dibattito e la sensibilizzazione saranno centrali per conservare un’impronta umana all’alba di una società dove l’uomo stesso, come fu per la Terra con Copernico, rischia di smarrire la sua centralità.
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