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Oltre al beato legato alla Madonna del Rosario, i Decreti che il Papa ha autorizzato a promulgare accolgono la richiesta di canonizzazione del “medico dei poveri”, il venezuelano José Gregorio Hernández Cisneros. Tra i nuovi venerabili anche Salvo D’Acquisto, il carabiniere che offrì la propria vita per salvare un gruppo di persone da una rappresaglia nazista
Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Sono storie di eccellenza umana prima che prettamente cristiana, non di rado di puro eroismo, quelle che emergono dai documenti delle nuove canonizzazioni e beatificazioni. Anche nei decreti firmati ieri da Francesco – che ha ricevuto al Policlinico Gemelli, dov’è ricoverato da giorni, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e il sostituto l’arcivescovo Edgar Peña Parra – brillano le figure di due futuri santi, un italiano e un venezuelano, molto cari ai rispettivi Paesi.
L’apostolo del Rosario di Pompei
Bartolo Longo è sinonimo internazionale della Madonna di Pompei. Vissuto tra la metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, pugliese di Latiano, quello che diventerà un apostolo del Rosario vive una prima fase della vita con un disagio interiore molto acuto. Durante gli studi di Giurisprudenza a Napoli si avvicina per qualche tempo allo spiritismo per poi ritrovare la fede grazie all’aiuto di alcuni sacerdoti. Si accende in lui il desiderio di promuovere opere di carità e diventato amministratore dei beni della contessa Marianna Farnararo, rimasta vedova con cinque figli piccoli, lavora perché la gente povera che viveva sui terreni della nobildonna nella Valle di Pompei abbia una esistenza più dignitosa. Nel 1875 porta a Pompei una immagine della Madonna e nel 1876 avvia la costruzione del santuario destinato a diventare luogo di culto mondiale, consacrato alla Madonna del Rosario il 7 maggio 1891. Bartolo Longo sposa la contessa e insieme donano la proprietà del santuario a Leone XIII, che ne lascia ai coniugi l’amministrazione. Per il futuro beato è l’inizio di una nuova vita di totale devozione alla Vergine, che esercita anche con un intenso lavoro di scrittura e diffusione di libri, opuscoli e riviste. Muore nel 1926, Giovanni Paolo II lo eleva agli altari nel 1980.
La richiesta di canonizzazioni
Proprio questa enorme diffusione della devozione mariana scaturita dal Santuario di Pompei ha indotto nel 2024 l’arcivescovo prelato e delegato pontificio del Santuario Tommaso Caputo, assieme al vescovo di Acerra Antonio Di Donna, presidente dei presuli campani, a chiedere al Papa la canonizzazione del Beato Bartolo Longo. Una richiesta analoga rivolta a Francesco anche dal cardinale arcivescovo emerito di Caracas Baltazar Enrique Cardozo – appoggiata da vescovi di vari Paesi latinoamericani ma anche Usa e Spagna – per José Gregorio Hernández Cisneros, un medico venezuelano vissuto tra il 1864 e il 1919, la cui fama di “medico dei poveri” si è affermata da molti anni a livello internazionale. Nell’accogliere tali richieste il Papa, informa il Dicastero delle Cause dei Santi, “ha deciso di convocare un Concistoro che riguarderà le prossime canonizzazioni”.
Camice bianco, francescano nel cuore
Per chi lo conosceva era santo già in vita. José Gregorio Hernández Cisneros, originario di Isnotú, nello Stato di Trujillo in Venezuela, dopo gli studi regolari decide di iscriversi a Medicina all’Università di Caracas. Studia anche a Parigi e Berlino e si specializza in Microbiologia e Batteriologia, Istologia normale e patologica e Fisiologia sperimentale. Desidera con forza diventare sacerdote ma lui che si appresta a curare gli altri ha nella salute un punto debole. Aderisce comunque all’Ordine Francescano Secolare e con la dedizione di un consacrato affronta la professione medica, prediligendo chi è senza mezzi. Lo chiamano presto “il medico dei poveri”, dai quali non solo non prende compensi, ma spesso paga loro le medicine. Ed è proprio uscendo da una farmacia di Caracas, nel giugno del 1919, dove aveva comprato delle medicine per un’anziana paziente che viene travolto da un’automobile, morendo poi in ospedale. È stato proclamato beato nel 2021 e i suoi resti mortali sono venerati nella chiesa di Nostra Signora della Candelaria a Caracas.
Il coraggio più grande
Nei Decreti che Francesco ha autorizzato a promulgare ci sono altri due figure accomunate da uno stesso destino che intreccia eroismo, dramma e fede. La prima storia riguarda Salvo d’Acquisto, giovane carabiniere napoletano, classe 1920, che a 18 anni entra nell’Arma dei carabinieri. Tra il ‘40 e il ’42 viene inviato in Libia dove dimostra schiettamente le sue convinzioni sia per la rettitudine morale sia per i gesti con cui la accompagna, il segno della croce in pubblico o la recita del Rosario. Diventato vicebrigadiere viene destinato alla stazione di Torrimpietra. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il 22 settembre un reparto nazista – ormai nemico in terra italiana – arriva alla Torre di Palidoro, ubicata nel territorio della caserma. Alcuni soldati individuano e forzano incautamente delle cassette contenenti ordigni, provocando un’esplosione che uccide un militare e ne ferisce altri due. Il comandante sospetta di un attentato e fa arrestare Salvo D’Acquisto che, per l’assenza del suo superiore, in quel periodo comanda la stazione dei carabinieri. Il vicebrigadiere spiega a più riprese che si è trattato di un tragico incidente, ma i nazisti decidono per una rappresaglia e rastrellano 22 persone, le costringono a scavare una grande fossa e si apprestano a fucilarle quando Salvo D’Acquisto si autoaccusa come unico responsabile dell’accaduto, offrendosi in cambio della liberazione di tutti gli altri. Il carabiniere 23.enne viene fucilato all’istante mentre gli ostaggi riescono ad avere salva la vita. Una decisione, è stato riconosciuto nel decreto che definisce “venerabile” Salvo D’Acquisto, non dettata da “un semplice atto di solidarietà civica e di filantropia laica”, bensì inserita “in uno stile di vita consapevolmente e coerentemente cristiano”.
Sempre in prima linea
Anche l’altra storia si svolge in uno scenario di guerra. Emilio Giuseppe Kapaun è un americano del Kansas dove nasce nel 1916 in una famiglia di origine boema molto religiosa. In lui matura la vocazione al sacerdozio, studia in seminario e nel ‘41, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America, si arruola come cappellano militare. Nel 1944 viene inviato nella regione indo-birmana quindi, allo scoppio del conflitto in Corea, Emilio vi approda con la sua unità militare. Durante la battaglia di Unsan, il 1° novembre del 1950, vicino al confine con la Nord Corea, il cappellano rifiuta di mettersi in fuga e rimane in zona di battaglia per poter aiutare i feriti. Catturato viene internato nel campo di Pyokton, dove svolge opera di apostolato tra le sofferenze e le privazioni di altri 3.500 detenuti. La mancanza di cibo e vestiti e alcuni problemi fisici indotti dalla precarietà della prigionia lo indeboliscono finché, la settimana dopo la Pasqua del ’51 collassa a terra e i carcerieri cinesi, subentrati ai coreani nel controllo del campo, lo inviano alla “Casa della morte”, una struttura in cui i prigionieri sono lasciati senza acqua, cibo e cure e dove il Servo di Dio, ora “venerabile”, si spegne il 23 maggio 1951.
I nuovi venerabili
Nei Decreti si parla anche delle virtù eroiche di tre nuovi venerabili. Lo spagnolo Michele Maura Montaner, classe 1843, nato e morto nel 1915 a Palma di Maiorca, sacerdote diocesano e fondatore della Congregación de las Hermanas Celadoras del Culto Eucaristico. Predicatore instancabile di missioni popolari, fonda anche il giornale El Áncora per fronteggiare l’ateismo, scelta che gli causa persecuzioni del regime di allora. Si spende per la formazione dei sacerdoti e nell’apostolato degli operai.
Contemporaneo a lui è un altro sacerdote diocesano, l’italiano Didaco Bessi, fondatore della Congregazione delle Suore Domenicane di Santa Maria del Rosario, nato e vissuto a Iolo tra il 1856 e il 1919. Il suo stile pastorale ha come pilastro la cura delle famiglie, la promozione umana e l’educazione. Si rivolge prevalentemente alle bambine che non venivano mandate a scuola e fin da piccole tenute ad intrecciare la paglia per la confezione dei cappelli. La scuola per le bambine povere è uno dei suoi primi impegni, ispirato da una visione molto moderno per cui istruire non significa semplice trasmissione di informazioni, ma aiutare i giovani a raggiungere una pienezza umana e spirituale.
Con loro figura anche la laica polacca Cunegonda Siwiec, fedele laica, nata e vissuta tra il 1876 e il 1955 a Stryszawa – Siwcówka, che a 20 anni – con un matrimonio in vista – decide di donarsi a Dio aderendo più avanti al Terz’Ordine carmelitano e mettendo energie in varie forme di apostolato. Offre un terreno ereditato per costruirvi un centro pedagogico-educativo per giovani e adulti, in sostanza una scuola regolare di quelle che lei, ragazza senza possibilità di studiare, non aveva potuto frequentare. Molto devota all’Eucaristia “Kundusia”, come viene familiarmente chiamata, comincia ad avvertire particolarmente dopo la comunione delle “locuzioni interiori”, rivelazioni da parte di Gesù, della Madonna e dei santi che lei nel 1942 confida al suo confessore, che ne trascrive i messaggi fino alla morte della futura venerabile. Con la salute che gradualmente peggiora Kundusia decide di offrire la sua vita per la riparazione dei peccati e diventa rapidamente punto di riferimento spirituale per molte persone.
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