Da un’analisi approfondita del risultato delle elezioni in Germania emerge con chiarezza che la sinistra che vince è quella che punta sulla agenda sociale e non scende sul terreno della destra alzando barriere anti migranti
La resurrezione della sinistra
Berlino – Se non fosse per il raddoppio dei consensi con il 20,7 percento (+10,3 – ca. 10,3 milioni di voti) aggiudicatosi dall’estrema destra AfD (Alternative für Deutschland, 152 seggi su 630), diventato secondo partito (nel 2021 era il quinto), per la sinistra tedesca ci sarebbe ancor più motivo di esultare per l’esito elettorale: Linke si afferma con l’8,8 percento in maniera stupefacente (2021: 4,9, 64 seggi, 4,35 milioni ca. di voti) e assolutamente imprevedibile fino a tre settimane fa, quando la si dava ormai in via di estinzione da almeno un anno e mezzo, ed era congelata al 3-4 nei sondaggi fino a fine gennaio. Il partito più votato, l’alleanza tra Cdu cristiano-democratica e Csu cristiano-sociale bavarese con il 28,5 (+4,3, 208 seggi, 11,2 milioni Cdu + quasi 3 milioni Csu) guadagna consensi, ma ciononostante, il risultato, il secondo peggiore della sua storia, non può soddisfare il candidato alla cancelleria, il leader Cdu Friedrich Merz che aveva sperato in un margine ben superiore al 30 anche se i sondaggi, rivelatisi affidabili, non accreditavano questa ambizione. La socialdemocrazia (Spd) subisce una sconfitta storica e finisce al terzo posto dopo l’AfD: mai è andata peggio di così (16,4: -9,3 rispetto al 2021, 120 seggi, 8,15 milioni ca.). Il cancelliere uscente Olaf Scholz aveva sperato fino a qualche settimana fa in una improbabile rimonta, anche se i sondaggi non lasciavano speranze, e non si vedevano segnali di ripresa, neanche inaspettata, come nel caso della Linke, nell’ultima fase di campagna elettorale.
Invece finisce per perdere quasi quattro milioni di voti. L’ex partito ecopacifista dei Verdi perde 3,1 punti (11,6, 85 seggi). I Liberali (Fdp) crollano rovinosamente con il 4,3 (-7,1) e rimangono fuori dal Bundestag per il mancato superamento dello sbarramento del 5 percento. Forte è la delusione anche per il Bündnis (Alleanza) Sahra Wagenknecht (Bsw) la formazione scissionaria della Linke che rimane al palo con il 4,9 (quasi 2,5 milioni di voti assoluti), mentre invece aveva sperato di poter continuare nella scia di successi elettorali a partire dalle elezioni europee e di quelle regionali in tre Länder dell’est dello scorso anno. Sommati ai Liberali (ca. 2,15 milioni di voti), sono più di 4,6 milioni di persone che non trovano rappresentanza in parlamento. Certo, la formazione di un governo sarebbe stata forse ancor più problematica, ma uno sbarramento più generoso avrebbe sicuramente giovato alla democrazia e anche alla politica.
Per esempio Bsw ha recuperato dal bacino delle astensioni 400.000 voti, e ha mancato il 5 percento per poco più di 13.000 voti. Wagenknecht, imputando una parte di responsabilità della sconfitta a media e istituti demoscopici, ha intanto fatto sapere che intende ricorrere contro l’esito elettorale. Ritiene che anche la partecipazione al governo in Brandeburgo e in Turingia abbia creato malumore. Ma Wagenknecht si è resa responsabile di un grande abbaglio: accodarsi alle politiche della destra sull’immigrazione è stato un clamoroso boomerang. Il suo voto al Bundestag a favore del progetto di legge anti-migranti insieme a Cdu/Csu e Afd ha probabilmente allontanato quanti a sinistra ritenevano Bsw, per l’insistenza su pace in Ucraina e trattativa con la Russia, un’opzione plausibile.
Un altro dato sorprendente di questa tornata elettorale è l’alta affluenza alle urne: 82,5 percento (2021: 76,4), mai così massiccia nella Germania riunificata (dal 1990).
Bisogna andare indietro fino al 1998 (82,2) per riscontrare un dato superiore all’80 percento, quando la vittoria della Spd e il buon risultato dei Verdi portò al primo governo rosso-verde con la guida del socialdemocratico Gerhard Schröder. Della grande partecipazione al voto si giovano soprattutto la AfD con 1,81 milioni di voti, e la Cdu/Csu (con 900.000 voti). Anche la Linke recupera dal voto 290.000 voti.
Due Germanie. Si allarga il divario tra i sessi: donne a sinistra, uomini a destra
Il voto spacca più che mai in due la Germania: “est e ovest mai così diversi”, dice il moderatore del primo canale Ard. La carta del voto è impressionante: a est è una macchia blu cielo quasi uniforme, fatta eccezione per i sei collegi magenta conquistati dalla Linke, e qualcuna rossa Spd come il collegio di Potsdam riconquistato da Scholz per un soffio sull’avversaria Cdu. A ovest prevale il nero della Cdu, tutta blu la Baviera della Csu, qualche macchia rossa Spd. Nel voto proporzionale a ovest Afd è il primo partito a Kaiserslautern nella Renania-Palatinato e a Gelsenkirchen, cittadina della Ruhr.
Tra i ceti operai l’Afd raggiunge il 38 percento (Cdu 22, Spd 12, Linke 8), il 34 tra i disoccupati, tra chi vive difficoltà economiche al 39 percento, più 20 rispetto al 2021 (Cdu 17, Spd 12, Linke 11). La fascia d’età con il consenso più forte (26 percento) è quella tra i 35 e 44 anni. Sono soprattutto maschi gli elettori di AfD (24 percento contro il 18 delle donne). Mentre Linke è tra le donne all’11 percento e tra gli uomini al 7. Nonostante AfD sia guidata da una donna, Alice Weidel, corteggiata da Elon Musk, a rappresentarla in parlamento sono ancor meno donne che nella scorsa legislatura (11,8 da 13,3). Si registra un calo di deputate ferme al 31,2 (2021: 34,8).
Linke e Verdi in testa con il 56,2 e 61,2 percento di deputate. A est, dove vive il 16,7 percento della popolazione tedesca, AfD viene votata anche da chi non necessariamente soffre il disagio sociale. Ma qui si riscontra il risentimento di chi si sente discriminato, considerato a ovest un po’ immaturo dal punto di vista politico, che non ha dimestichezza con la democrazia (liberale), per aver vissuto o esser nato durante il regime socialista della Ddr. Il governo uscente del cosiddetto semaforo di Spd-Verdi e Liberali non ha avuto a est praticamente legami sul territorio. Il divario ancora economico (-10 percento in termini di reddito) ma ancor di più quello sociale e culturale ha origini lontane nel tempo. Al momento della (ri)unificazione si pensò soprattutto all’unificazione monetaria, mentre quella politico-economica assunse i caratteri di una annessione.
La promessa sancita dal Grundgesetz (costituzione) della Repubblica federale, di riscrivere la legge fondamentale insieme una volta riunite le due parti, non venne mantenuta, prevalse la giustizia dei “vincitori”, e qualsiasi cosa provenisse dall’est era da respingere. Negli ultimi tempi si susseguono studi sociologici sull’est e l’editoria dà voce non più a una Ostalgie (nostalgia dell’est), ma a quella che, a detta dei sociologi, sembra una vera e propria identità a parte, che trova riflessi anche nelle generazioni successive per i racconti in ambito familiare.
Dalle urne esce un responso impietoso sul bilancio fallimentare del governo in piena sintonia con gli indici di basso gradimento espressi alla fine della loro breve esperienza alla guida del Paese, che ha portato a queste elezioni anticipate. Un sondaggio ha registrato in proposito il giudizio negativo dell’82 percento delle persone interpellate. Rincorrendo le politiche di destra (“respingerò in grande stile” aveva promesso Scholz), speravano di arginarla, e invece, come era da aspettarsi, le hanno spalancato un’autostrada.
Quale governo?
Lo scenario che si apre non lascia margini a novità storiche sul fronte delle coalizioni possibili. Dando per scontata, infatti, l’esclusione della AfD, almeno come Merz ribadisce, e il mancato ingresso di Fdp e Bsw, e della Linke, i conti presentano come unica possibilità la coalizione tra cristiano-democratici e socialdemocratici, la un po’ meno Große Koalition, che garantisce la maggioranza dei seggi in parlamento Cdu/Csu, in passato la formazione considerata più stabile, ma ora di tutt’altro che facile composizione politica, che per una Spd in piena crisi esistenziale potrebbe avere un esito fatale, e per una Cdu al di sotto del margine di manovra che avrebbe desiderato. Se invece fossero entrati più partiti nel Bundestag, la “fetta” di seggi di Cdu/Csu e Spd si sarebbe assottigliata rendendo necessario un terzo alleato per formare una maggioranza governativa, in questo caso, piuttosto che la Linke, i Verdi, che risultano aritmeticamente superflui.
Merz pensa addirittura sfruttare gli sgoccioli della legislatura corrente prima della costituzione del nuovo Bundestag a il 24 marzo, e prima quindi anche della formazione di un nuovo governo, per un accordo con Spd, Verdi e Fdp per aggirare così la Sperrminorität: cioè la minoranza parlamentare (in questo caso costituita dai seggi di Linke e AfD) che può bloccare riforme costituzionali per cui sono necessari i due terzi (422 seggi). In questo modo Merz vorrebbe allentare la rigidità del pareggio di bilancio (Schluldenbremse, o “freno al debito”), in favore di più spesa militare, come del resto avrebbe voluto Scholz, ma che il liberale Christian Lindner, ministro delle finanze, ha respinto, provocando la crisi di governo lo scorso novembre. Non sarà facile per Merz, nonostante l’urgenza dettata anche dal contesto internazionale, giungere alla formazione di un nuovo governo entro Pasqua, la scadenza che si è dato.
Intanto il leader Spd Lars Klingbeil ha fatto sapere che “non è per niente scontato che ci sarà un governo con la socialdemocrazia. La palla è nelle mani di Merz (che) però dovrà prima abbassare i toni”. Il co-leader della Linke Jan van Aken comunica disponibilità a votare per la riforma della Schuldenbremse, che Linke da sempre osteggia, ponendo precise condizioni: certamente non a favore del riarmo. Per il militare già si spende oltre al dovuto. In Europa sono 430 miliardi contro i 300 della Russia. Per ben altro c’è urgenza di liberare investimenti, come infrastrutture e alloggi sociali. E se si assommassero i voti di AfD? “Sarebbe un problema votare con loro a favore di qualcosa”, “non contro qualcosa”.
Né con AfD né con Cdu. La risposta è Linke
Ma quali saranno le ripercussioni dei futuri accordi e/o colloqui preliminari nell’opinione pubblica? Per ammissione stessa del più autorevole esponente Verde, Robert Habeck, vice-cancelliere, nonché ministro delle attività produttive e del clima uscente, il motivo dell’emorragia di voti verdi verso la Linke (700.000), in prevalenza voto giovanile, consiste nel non aver escluso a priori possibili coalizioni con la Cdu/Csu. La chiave di volta fatale per i Verdi e propizia per Linke viene individuata da Habeck nel fatidico voto al Bundestag di fine gennaio per la risoluzione non vincolante sulla politica anti-migranti su iniziativa di Merz passata grazie ai voti AfD, seguìto due giorni dopo dal voto sul progetto di legge di simile indirizzo (votato anche da Bsw), stavolta respinto.
È a questo punto che insorge una sollevazione popolare, di dimensioni imponenti in tutto il Paese, contro Merz e la Cdu, per aver fatto cadere il cordone sanitario parlamentare contro l’AfD. In centri piccoli e grandi centinaia di migliaia di manifestanti scesi spontaneamente in piazza, e davanti alle sedi Cdu, hanno ribaltato il quadro soprattutto per la Linke, che prima sembrava spacciata. Il voto Linke è a favore dell’unico partito che con sicurezza mai si sarebbe coalizzato con la Cdu. Habeck, non poteva garantirlo, proprio perché “abbiamo fatto della disponibilità al dialogo la nostra cultura politica”. Mentre i giovani hanno voluto dare un segnale chiaro: “né con AfD, né con Cdu”.
L’analisi di Habeck, sorprendente per la sua schiettezza, pare calzante. In massa, ragazzi e soprattutto ragazze (al 35 percento) sotto i trenta anni hanno votato per la sinistra (24 percento), sotto ai 25 al 25, al primo voto addirittura al 27 percento, facendo della Linke il partito più votato in queste fasce d’età. Purtroppo al secondo posto nelle preferenze del “popolo” giovane si trova l’estrema destra, che diventa primo partito con il 32 percento dell’est (cinque Länder: Brandeburgo, Mecklenburgo-Pomerania, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia, qui record con il 38,6). Segue la Cdu al 18,7 e la Spd all’11,6. AfD si aggiudica quasi tutti i collegi a est, fatta eccezione per i due assegnati alla Linke: il collegio di Erfurt, capoluogo della Turingia, conquistato dall’ex presidente del Land Bodo Ramelow, e Lipsia II riconquistato dall’attuale co-capogruppo al Bundestag Sören Pellemann, che nel 2021 aveva garantito insieme ai due collegi vinti da Gregor Gysi e Gesine Lötzsch a Berlino la presenza al Bundestag.
A est la Linke ha il 13,4 e Bsw il 9,3. Ma Afd non avrebbe potuto trionfare senza il consenso raggiunto anche a ovest, dove diventa secondo partito con il 18 percento dopo la Cdu (23,5) e prima della Spd ferma al 17,6. Buona l’affermazione con il 7,6 di Linke che torna a superare il 5 percento anche in Baviera (2021: 2,8). La Linke si giova anche del voto di ex elettori Spd (560.000), di Fdp (100.000) e di Cdu/Csu (70.000).
Irruzione della sinistra sociale
La campagna elettorale si è concentrata quasi esclusivamente sull’immigrazione, come se la Germania, in recessione da un paio di anni, non dovesse affrontare in modo urgente altre sfide. Certo, le responsabilità dell’accoglienza si fanno sempre più onerose anche per quegli enti locali a cui non manca la volontà ma i mezzi finanziari per affrontarla. L’ostacolo più gravoso è costituito dal dogma del “freno al debito”, in realtà vero e proprio freno allo sviluppo del Paese che avrebbe bisogno di investimenti anche per le infrastrutture più elementari, molte in stato fatiscente, uno dei principali responsabili dell’attuale declino economico. Nell’emergenza del contrasto al fascismo la forza più affidabile, è sembrata essere la Linke.
Anche se l’immigrazione ha oscurato anche il tema del cambiamento climatico, non si può escludere che molti tra i giovani che animavano i Fridays for Future si siano adoperati nel porta-a-porta dei 600.000 indirizzi visitati campagna della Linke. Nuova linfa vitale immessa nel partito, messa subito all’opera sul territorio, 17.470 nuove adesioni dal 29 gennaio, giorno del voto sulla famigerata risoluzione antimigranti, persone soprattutto giovani mobilitate su temi sociali (caroaffitti, carovita, salute), che per la sinistra hanno fatto la differenza, nel giudizio del ricercatore demoscopico Peter Schöppner (Istituto Mentefactum), che per Handelsblatt, il quotidiano finanziario. Questi vede nel “timore per tagli drastici allo stato sociale” uno dei motivi del consenso per Linke, visto quel che “prospetta la Cdu a proposito del Bürgergeld”, il reddito di cittadinanza, e le vaghe enunciazioni della Spd, che soffre di un deficit di credibilità.
Anche questa si è concentrata troppo sull’immigrazione, afferma Schöppner. Invece la Linke si è presentata come un soggetto competente in temi sociali, che ha saputo parlare, dividendosi i compiti tra i dirigenti, a differenti gruppi di persone, come la giovane co-capogruppo Heidi Reichinnek, diventata una vera e propria star dei social, dopo la sua invettiva in Bundestag contro Merz, visualizzata trenta milioni di volte. È la strategia di comunicazione sui social in particolare TikTok e Instagram che ha contribuito al successo di Linke, come conferma il grande consenso tra l’elettorato giovane. Invece la campagna mediatica di Bsw è sembrata monocorde, sbiadita, dai toni nazionalistici anche nei colori sfumati che richiamano il tricolore tedesco, e concentrata sulla leader Wagenknecht dall’aspetto severo, gradita soprattutto alle fasce d’età più alte.
Dall’altra parte, anche il trio degli “anziani” e plurieletti della Linke nella loro autoironica “missione ciuffo d’argento”, capeggiata da Gregor Gysi che stravince con il 42 percento il suo collegio di Berlino, uno dei quattro conquistati nella capitale, riporta vigore insperato. Gysi vede così realizzata la sua aspirazione di tenere il discorso inaugurale del Bundestag da decano, con quasi 31 anni di attività parlamentare alle spalle. Di rilievo anche l’osservazione del politologo Oliver Lembke, che spiega il successo della Linke a fronte di “un’usura e dei molti compromessi di Spd e Verdi al governo coi Liberali” e con il riscontro nella società di una certa “risonanza per pacifismo e una solida critica nei confronti del capitalismo”. Temi sociali accompagnati da antifascismo e anticapitalismo sembrano un’ottima base di ripartenza. E in un clima di risentimento e caccia al migrante, il successo dell’unico partito in controtendenza contro il razzismo e a favore del rispetto del diritto di asilo e dell’accoglienza assume una valenza ancor più significativa.
Jan van Aken precisa che l’obiettivo è cambiare la maggioranza nella società e le migliaia di nuovi attivisti lasciano ben sperare. La grande sfida sarà di integrarli nel partito a tutti gli effetti, anche dopo la campagna elettorale a grande partecipazione. In un articolo su Jacobin edizione inglese, di Loren Balhorn parla di ultima chance di rinnovamento per Linke, che era sembrata trascurare il territorio a favore del parlamentarismo. “Non vogliamo lasciare l’est nelle mani di Afd”: il lavoro del porta a porta, come spiega la co-leader Ines Schwerdtner, ex direttrice dell’edizione tedesca di Jacobin, è stato anche un lavoro di tipo sociale. Si è parlato anche con chi ha dichiarato di voler votare AfD, e si è offerto un’assistenza di sportello, che ha destato interesse. Si intende così lavorare sul territorio con luoghi di consulenza sociale.
“Il parlamento e la società devono accompagnarsi l’un l’altra”, die Heidi Reichinnek. La crescita del partito sul territorio “sarà una maratona” che può durare dai quattro agli otto anni. La varietà della sinistra sociale irromperà anche al Bundestag, con le elette e gli eletti di varia ispirazione ed estrazione: “una vera rivoluzione culturale” scrive Raul Zelik sul quotidiano indipendente di sinistra, nd, ex proprietà del partito, dal 2022 una cooperativa. Certo, questo presenterà dei problemi, “ma è soprattutto una chance”.
La zattera rossa di Berlino in mezzo alla marea azzurra Afd
Con quasi il venti percento (19,9) e quattro collegi uninominali Linke diventa per la prima volta addirittura primo partito della capitale, 8,3 percento in più rispetto al 2021 e riportandosi ai successi dei primi anni (2009: 20,2 a pari merito con la Spd, prima Cdu con 22). Solo la Pds, il Partito del socialismo democratico aveva preso di più in una elezione del parlamento berlinese nel 2001 (22,6), ma mai si era piazzata al primo posto. Ines Schwerdtner riesce a strappare con un insperato 34 percento il collegio a una delle rappresentanti più (in)degne e inquietanti dell’AfD, Beatrix von Storch (21,9).
Per la prima volta si conquista un collegio a ovest, nel movimentato e culturalmente variopinto quartiere di Neukölln, con un candidato del tutto singolare: Ferat Koçac, con background di migrazione curdo, da sempre nel mirino di gruppi neonazisti che hanno dato fuoco alla sua auto sotto la sua abitazione, è una figura emblematica del quartiere, uno dei pochi che si spende anche pubblicamente per la causa palestinese. “Non ci volevo credere”, è stato il suo commento a caldo della clamorosa vittoria, su cui nessuno avrebbe scommesso, al 30 percento contro il 19 della candidata Cdu. Pascal Meiser strappa infine ai Verdi il collegio di Friedrichshain-Kreuzberg loro ex roccaforte per ben 23 anni.
La giovane Stella Merendino, di professione infermiera, manca per una manciata di voti la conquista del seggio uninominale di Mitte, il centro di Berlino, ma viene comunque eletta col voto di lista. Nella capitale amministrata da Cdu e Spd, mentre i conservatori aumentano di poco con il 18,3 dal 17,2, perde anche qui la Spd dal 22,2 al 15,1 che scivola dietro all’AfD che balza dal 9,4 del 2021 al 15,2. Calo consistente anche per i Verdi che passano dal 22 al 16,8, mentre Bsw ha raggiunto il 6,6, e i Liberali sono finiti ancor più in basso del voto a livello nazionale, con il 3,8. Cdu e Verdi si aggiudicano ciascuno tre mandati diretti, solo un collegio va a Spd e Afd, fortissima nei quartieri popolari situati più a est: per esempio Marzahn-Hellersdorf, con il seggio maggioritario e con punte proporzionali del 43 percento.
Nota 1: Regola dei tre mandati diretti (Direktmandat): 299 seggi su 630 al Bundestag vengono assegnati secondo il maggioritario uninominale, il resto su base proporzionale a seconda del consenso percentuale ottenuto con il voto di lista (bloccata, deliberata con assemblee/congressi di partito), con sbarramento al 5 percento. Se un partito conquista tre collegi uninominali ha diritto ad entrare in forza corrispondente alla percentuale raggiunta anche se inferiore al 5 percento. Dal 1990 la Pds/Linke ha fallito l’ingresso al Bundestag solo nel 2002 (due collegi conquistati, due deputate ma senza gruppo). Quest’anno per la prima volta si è votato secondo la nuova legge che limita I seggi a 630, per evitare le dimensioni elefantiache (2021: 737 seggi). Soprattutto la Cdu/Csu si era giovata dei “mandati in eccedenza”, cioè collegi uninominali in più rispetto al voto di lista, per compensare i quali si assegnavano più seggi del dovuto anche a tutte le altre liste di partito. Con la nuova legge I mandati in eccedenza vengono decurtati a partire da quelli che hanno registrato minore consenso. Per questo decade l’elezione diretta per 23 deputati: 15 Cdu, 4 AfD, 3 Csu e una Spd.
L’autrice: Paola Giaculli è traduttrice e commentatrice politica, collabora con Transform
In foto Ines Schwerdtner, Heidi Reichinnek e Jan van Aken. Guidano Die Linke Foto Ipa
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