Il concorso esterno in associazione mafiosa

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Il concorso esterno in associazione mafiosa

 

Una problematica attualissima e di grande impatto sociale di cui si discute poco è l’introduzione di una proposta di riforma degli artt. 416 bis e 110 c.p. c.d. “concorso esterno in associazione mafiosa”. Il concorso esterno rientra nell’ambito del concorso di persone nel reato e non è autonoma fattispecie di reato ma viene applicata sovente. Il presupposto base è quello di aiutare un’associazione mafiosa con l’apporto di un contributo che ne rafforza il fine senza però prenderne parte. Esempi pratici che ricorrono nella storia italiana di politici che sono stati indagati per concorso esterno in associazione mafiosa sono molteplici: Alessandri Angelo (deputato lega), indagato per finanziamento illecito ai partiti, Carra Enzo (deputato udc), condannato in via definitiva per false dichiarazioni ai p.m., Castagnetti Pierluigi  (deputato pd), rinviato a giudizio per corruzione e molti altri.

Un caso eclatante di mafia nelle terre siciliane di uomo che ha operato grazie a una fitta rete di connivenze e collusioni è quello dell’ex maxi-latitante MMD che è rimasto impunito per anni per le stragi di Capaci e via D’Amelio e condannato in contumacia dalla Corte di Appello di Caltanissetta. La falla nel sistema risiede nell’impossibilità che la legge attuale punisca più gravemente chiunque agevoli gli scopi di un’associazione mafiosa.

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Vediamo nel dettaglio il testo integrale con la modifica dei commi:

Chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da dieci a quindici anni. RESTA INVARIATO

Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione, a qualunque titolo appartenenti attivi e passivi, partecipanti attivi passivi, concorrenti interni ed esterni e associati sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quindici a ventisei anni per il solo contributo a qualsiasi titolo fornito e in qualsiasi forma per il legame comprovato di mero contatto con gli associati.  PROPOSTA DI MODIFICA

L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali. PROPOSTA DI MODIFICA

Il resto dei commi resta invariato.

A questo punto preme rilevare quali sono i MOTIVI OGGETTO DELLA PROPOSTA DI MODIFICA:

Il primo punto che va revisionato è quello di una soluzione punitiva più incisiva a partire dai numerosi orientamenti giurisprudenziali che sul tema attenzionano due aspetti fondamentali e distinti dal concorso esterno: appartenenza e partecipazione.

Tali elementi sono tutti correlati tra loro ritenuto che alla base l’elemento comune risulta essere l’adesione: che può essere attiva o passiva, questo sulla base dello stretto legame che intercorre tra un appartenente, un partecipante e un associato nel contributo al sodalizio criminale.

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In questi contesti, infatti, non è improbabile, il passaggio di ruolo tra i diversi soggetti considerati (appartenenti attivi e passivi, partecipanti attivi e passivi, concorrenti interni ed esterni e associati), per rafforzare il gruppo criminale.

L’esigenza di prevenzione e punizione a partire dalla somma di questi aspetti, di appartenenza e partecipazione, è incisivo, considerato che appartenenza e partecipazione sono elementi che offrono un valido contributo al rafforzamento dell’attività criminosa e nondimeno gli altri due aspetti: concorso esterno (previsto e punito ex artt. 416 bis + 110 c.p.) e associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.) aprono ad una questione più ampia sotto il profilo della punibilità.

Infatti, entrambi (associazione mafiosa e concorso esterno) sono ricompresi in un’unica fattispecie la cui statuizione è comune per entrambe le ipotesi, restando fuori l’aspetto connesso alle peculiarità della condotta di partecipazione penalmente rilevante.
In più occasioni, larga parte della giurisprudenza ha affrontato sotto il profilo applicativo, ovvero dell’attuabilità, le condotte inquadrabili all’interno dell’art. 416 bis c.p., essendo diversi i problemi di operatività, sotto il regime probatorio, dovuti alla carenza di una fattispecie chiara nei due profili della tassatività e materialità, che ha dato luogo a difetto di applicazione con riferimento, in particolare, all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/1991.

Per dimostrare l’operatività di due associazioni criminose che operano sullo stesso territorio, con le medesime finalità, non è sempre comprovato il nesso di partecipazione-contemporaneità dei reati commessi, ma posto ciò essendo già solo l’elemento della partecipazione, attiva o passiva, a qualsiasi titolo, si ritiene elemento fondante il carattere della mafiosità.

La mafiosità è simbolo tipico dell’appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso che giustifica sotto il profilo della punibilità l’applicazione di una pena più aspra sotto il profilo dell’appartenenza, partecipazione, contributo esterno o qualsivoglia elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice di cui agli artt. 416 bis c.p. e 416 + 110 c.p.
Secondo il dato di larga massima giurisprudenziale “il ruolo assunto da ogni partecipante, sia esso interno o esterno, che offre un contributo certo, già solo per il carattere della mafiosità, ovvero l’avere contribuito, in qualsiasi forma, mezzo, collaborazione, partecipazione o contributo (sia esso morale o materiale) al rafforzamento degli scopi preposti all’associazione di tipo mafioso, esprime una tendenziale pericolosità, che non va desunta attraverso indicatori di pericolosità, bensì da una presunzione semplice, di appartenenza e partecipazione, dei soggetti che vi concorrono, la cui responsabilità penale integra gli estremi di cui all’art. 416 bis c.p.”

Tale “contributo” si configura anche nelle ipotesi di “protezione”, meglio denominata quale assistenza, da intendersi sia come elemento morale e/o materiale diretto, sia quale contributo offerto tramite terzi, poiché, volto allo sviluppo, alla crescita e alla realizzazione degli scopi insiti ad un’associazione di tipo mafioso quindi finalizzato a rafforzare la tendenziale stabilità del vincolo associativo.

Altro aspetto di non poco rilievo è quello della compartecipazione in cui il contributo effettivo e consapevole si configura, con il rafforzamento dei fini illeciti perseguiti dall’associazione di tipo mafioso, non essendo rilevante il “contributo” esplicito al sodalizio criminale.

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Più grave è l’ipotesi di illecito finanziamento di attività, volte a favorire l’attività criminosa mafiosa, che per larga parte della giurisprudenza connota un’ipotesi di aggravante dell’art. 416 bis c.p. (v. cfr. co. 6), sussistendo uno stretto legame tra il finanziamento delle attività economiche e la tendenza degli associati ad assumerne o mantenerne il controllo, utilizzando proventi di reato (che ne costituiscono il prezzo, prodotto, profitto dei delitti).

Nondimeno, di rilevante importanza, risulta essere un aspetto correlato alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 416 bis c.p., nella parte in cui, al co. 3, si fa espresso riferimento al c.d. “libero esercizio” riferito al diritto di ogni cittadino in occasione delle consultazioni elettorali o referendarie di votare e in occasione delle operazioni di votazione di influenzare con ogni tipo di condotta sia essa attiva o passiva compagini che si ritengono essere costituite dal carattere di mafiosità siano esse partitiche o apartitiche.

Il patto di scambio, dunque, si concentra essenzialmente sullo scambio di favori, non soltanto come semplice “promessa di voti”, bensì ogni forma di “contributo”, da intendersi quale supporto, anche a titolo ideologico, che sia volto a favorire la promozione, sviluppo, incentivazione o progresso, dell’associazione, che si concretizza nell’attività di proponimento, idealizzazione e concretizzazione del proposito criminoso, costituendo la base del rafforzamento del sodalizio.

In questo assetto emerge l’aspetto legato ad un elemento, di non poca rilevanza, che attiene, per l’appunto, alle modalità di propaganda elettorale, il cui accertamento, deve tenere conto di specifiche circostanze del caso concreto: volantinaggio, scambio di parole, interventi (quali ogni forma di intromissione sull’andamento del regolare svolgimento delle operazioni elettorali nella fase che precede la consultazione e il voto), ma soprattutto scambio di idee o programmi elettorali tra i diversi partiti al fine di aggiudicarsi la vittoria di un’elezione politica i cui scopi ricadono nel rafforzamento di un consorzio criminoso.

Il rapporto politica-pubblica amministrazione, anch’esso incentrato sullo scambio di favori, il cui bene giuridico tutelato risulta essere il buon andamento dell’amministrazione, si impernia su di un sistema corruttivo che apre le porte ad un elemento fondamentale connesso al “compiacimento” con il compimento di specifici atti da parte dei singoli soggetti, parti attive o passive, di un unico sistema in cui diversi sono gli attori: limitatamente al reato di corruzione, sia essa propria o impropria, ricompresa la forma dell’istigazione, da intendersi il rapporto tra tre attori principali corruttore (diretto o indiretto ovvero tramite l’intervento di terzi), corrotto (colui che accetta o promette di accettare somme di danaro per lo scambio di favori), destinatario (consapevole o inconsapevole che non pone in essere alcuna condotta per esprimere il proprio dissenso).

Tale compiacimento si rafforza nella complicità, non soltanto limitatamente ai reati commessi a danno della pubblica amministrazione, ma ad un sistema più complesso in cui associazioni mafiose che operano in maniera dislocata sul territorio utilizzando “espressi” o “silenti” mezzi per lo scambio di comunicazioni facendo ricorso ad espedienti volti ad accentuare il carattere della mafiosità come l’intimidazione “velata” (la cosiddetta spinta morale), l’assoggettamento “implicito” (che consiste nel soggiacere alle pressioni interne o esterne esercitate a mezzo di poteri forti per il compiacimento di scopi personali o collettivi riferibili ad un cattivo esercizio della gestione di interessi tali da poter confluire nella sfera della criminalità organizzata), l’ “omertà” (da intendersi come il “placet” nella forma diretta-indiretta).

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Il metodo mafioso, i cui elementi costitutivi si caratterizzano, per l’appunto, dei tre caratteri fondamentali dell’intimidazione-assoggettamento-omertà, accomunati dall’elemento di “sollecitudine” (da intendersi come forte pressione, minaccia, uso della forza morale e materiale, mezzi armati, crimini ricompresi a vario titolo a livello nazionale, europeo e internazionale) si avvale di canali che si basano su sistemi di comunicazione globalizzati, in alcune aree territoriali, più evolute, sfruttando sistemi di scambio tra gli assetti geografici il cui perno fondamentale risiede nell’economia sommersa dalla quale si organizzano i principali traffici, vista anche la collaborazione tra gruppi organizzati, la cui influenza può dipendere anche dalla politica di uno Stato.

E’ per l’appunto la forza di intimidazione che ha trasformato il precedente connotato di violenza in una forza di sopraffazione, diffusa, attuale e persistente che però non perde il carattere tipico dello sfruttamento della fama criminale.

Gli scopi perseguiti dall’associazione di tipo mafioso si estendono oltre un unico disegno criminoso anche al compimento di singoli atti delittuosi, quali ad esempio, l’acquisizione della gestione o del controllo di attività economiche, concessioni,

appalti, e ogni altro atto che abbia lo scopo di procurare vantaggi ad un’organizzazione criminale di natura mafiosa. Ne consegue che ogni fenomeno di natura criminale si estende anche oltre i confini di un territorio prettamente siciliano e, da ciò, ne deriva che siano ricomprese anche altre associazioni mafiose: camorra, ‘ndrangheta, ed anche localmente denominate, c.d. “straniere”.

A livello nazionale, a livello storico, la mafia distinta in due correnti “tradizionale” (vecchia mafia: grandi associazioni, ad alto numero di appartenenti, i cui canali di comunicazione erano basati su “rispetto” e “protezione”, sulla logica clientelare, settore edilizio, appalti, uso delle armi, traffico di stupefacenti) e “atipiche” (nuova mafia: “è silente”, ricostituisce la propria struttura anche in aree geografiche diverse dal proprio territorio, secondo un sistema ben articolato, attraverso una stretta collaborazione di contatti, che si impernia su una fitta rete di legami tra uomini d’onore, mediante una gestione capillare e delocalizzata dei traffici illeciti, con la stringente complicità di tutti i membri del sodalizio criminoso in cui il vincolo associativo penetra nel tessuto sociale del territorio di riferimento).

I metodi utilizzati dalla criminalità organizzata mafiosa si imperniano da un lato, attraverso l’uso di canali tradizionali, ormai quasi in “disuso”, mentre subentrano altre forme di comunicazione e di scambio e un’inversione di tendenza nel considerare la cultura come strumento per procurare vantaggi agli scopi organizzativi della struttura mafiosa.

L’uso di strumenti moderni consente scambi più “silenti”, per il passaggio di informazioni, da ravvisare nelle finalità di cui all’art. 416 bis c.p. i cui presupposti e gli scopi, a prescindere dalla loro concreta realizzazione, devono essere intesi in senso cumulativo e non alternativo, da concepire come l’uso ingiustificato di reti internet, intercettazioni abusive, canali multimediali o digitali, e ogni quant’altro valga a favorire la cooperazione tra i soggetti che ne fanno uso improprio allo scopo di ottenere vantaggi personali o in favore di associati.

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Merita approfondimento anche la c.d. apologia al confine con il reato associativo in cui la spinta ideologica rafforza il proposito criminoso e può costituire la base per reati societari, riciclaggio, reimpiego e trasferimento fraudolento di valori, gestione fraudolenta di beni immobili, evasione fiscale, turbativa d’asta, gioco illegale, traffico di armi e droga, intestazione fittizia di beni, commercio col nemico, frode in forniture in tempo di guerra, favoreggiamento immigrazione clandestina, caporalato.

Il fenomeno criminale, infatti, è un mezzo per procurare e assicurarsi ricchezza mediante l’uso della violenza. Il ruolo del metodo mafioso assume una posizione centrale nell’utilizzo improprio di mezzi di coartazione allo scopo di procacciare risorse economiche ed estendere la propria egemonia sociale al fine di favorire l’economia sia essa legale che illegale.

In questo quadro, storico e sociale, tre fattori rappresentano un preciso esempio di come l’uso improprio della violenza nel mercato globalizzato possa rafforzare il ruolo delle mafie nell’economia e nella finanza: il monopolio del traffico di droghe (nell’espansione dei commerci e delle tratte, riciclaggio di proventi delle droghe, finanziamento di tutte le attività connesse), la globalizzazione economica (finanziarizzazione dell’economia “soldi con soldi”), l’economia legale (nel rapporto di convivenza con quella illegale, partendo dal soddisfacimento della domanda di bisogni individuali dei privati).

Nel rapporto crimine e affari vige uno stretto legame con il consenso culturale alle mafie, la tacita approvazione di una branca della società, rafforza i propositi criminosi, eludendo altra parte del sentire sociale, il cui fine approda nel cambiamento di una macchina organizzativa volta ad adattarsi alle condizioni storiche di contesto. Più è forte la ragione sociale di accaparrarsi porzioni del potere criminoso più aumenta la forza degenerativa al di fuori dei confini criminali.

La corruzione è uno tra i metodi utilizzati per farsi avanti negli affari, ma finanche, non fosse l’unico mezzo di realizzazione di affari criminosi il fulcro essenziale di ogni rapporto umano risiede nella convenienza economica, nelle lobbie di potere, nel sistema delocalizzato dei centri di potere criminoso frastagliati tra fitte reti di intrecci di legami basati sulla fruizione di canali diversificati quali gli accordi intrapresi dalle mafie allo scopo di far capitalizzare la globalizzazione finanziaria. La meta è il raggiungimento dello scopo finale che consiste nell’accaparrarsi il mercato legale, a scapito di quello illegale, che resta pur sempre una base per alimentare gli scambi tra gli associati.

Lo stretto legame tra mafia ed economia (nazionale e globale) influenza il sistema economico dei Paesi di tutto il mondo, poiché l’utilizzo improprio di titoli fraudolenti nel mercato azionario, nonché le frodi in borsa, costituiscono la base per accordi trasnazionali, sfruttando le reti di traffici illeciti in qualunque modo gestiti a vario titolo. Anche la posizione geografica, talune volte, favorisce gli scambi tra territori e in altri casi ne agevola il proposito criminoso per la stretta connessione con gli affari di cui si detiene il monopolio.

L’incidenza delle mafie nel PIL di un Paese può comportare un aumento dei proventi illeciti considerata la libera circolazione e lo scambio nel sistema tra economia legale e illegale, la cui conseguenza crea enormi danni per il sistema sociale in cui i cittadini onesti pagano le conseguenze anche in costi più elevati di vita umana. Ciò considerati i numerosi conflitti che intercorrono negli interessi economici di ogni singola Nazione, in cui l’economia legale prende il sopravvento contro sopprusi morali e compromessi i cui risvolti compromettono il buon andamento economico di un Paese.

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La confisca quale misura di prevenzione patrimoniale offre un validissimo contributo per l’evoluzione del sistema meconomico legale, poiché i proventi delle attività illecite non vengono soggetti a impiego e reimpiego in mercati nazionali o trasnazionali, costituendo il ponte diretto tra utilizzo improprio di danaro ed evasione fiscale. Nell’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale deve tenersi conto del carattere imprenditoriale o economico di chi ricopre un ruolo di spicco nell’influenza dei mercati legali o illegali, compresi i concorrenti a vario titolo (appartenenti attivi e passivi, partecipanti attivi e passivi) e associati, rilevando la portata e natura del carattere mafioso, i fini, gli scopi, i mezzi, il contributo effettivo e la partecipazione diretta o indiretta.
La destinazione dei beni confiscati alla mafia deve essere mirata a contribuire al rafforzamento dei mezzi e strumenti necessari con l’impiego di corpi speciali (Forze di Polizia, Forze Armate, e in particolare alle DIA e alle DDA).

 



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