Puglia e Basilicata avanti piano ma il futuro sarà in crescita

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L’effetto Pnrr è già finito. Manca ancora un anno, alla consegna delle opere previste dal piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma la spinta verso gli investimenti e l’occupazione che i finanziamenti europei del Recovery Plan, in combinata con il Superbonus per l’edilizia, avevano alimentato, comincia a non avvertirsi più. Puglia e Basilicata, come il resto del Sud, tornano così a crescere a ritmi rallentati rispetto al resto d’Italia o addirittura, come nel caso lucano, a registrare un andamento recessivo. E la forbice con il Nord riprende ad allargarsi.La doccia fredda che gela le speranze di un Meridione dinamico, capace addirittura di farsi “locomotiva” della nazione – per stare all’ottimistico ribaltamento proposto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni prima in Fiera del Levante e poi nel corso della stipula del patto di coesione con la Regione, a novembre – arriva dallo Svimez.

Il dossier “Dove vanno le regioni italiane” dice chiaramente che il Sud – con la Basilicata in testa, ma la Puglia non brilla – è di nuovo in affanno. Ma l’analisi dell’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno trova conferma nelle rilevazioni dell’Istat e della Banca d’Italia e negli allarmi di sindacati e associazioni di categoria: a soffrire sono soprattutto metalmeccanico, siderurgico, automotive e tessile, penalizzati sul piano dell’export. E non è ancora arrivata la mazzata dei dazi decisi dalla nuova amministrazione Usa di Donald Trump, che potrebbe danneggiare settori come l’agroalimentare, il mobile e l’aerospazio, particolarmente esposti verso il mercato americano: si tenga conto che nel 2022 sono stati esportati beni per quasi 900 milioni di euro verso gli States, tra i i primi partner commerciali della Regione.Teme ancora di più l’effetto Donald anche la Basilicata, che già ha visto nei primi sei mesi l’export Oltreoceano precipitare dell’83 per cento.

Un calo che concorre al meno 0,50 per cento registrato da Svimez per il 2024. E’ l’unico dato negativo tra le regioni meridionali.

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Nel 2025 si prevede un recupero dello 0,6 per cento mentre la Puglia si fermerà allo 0,5. L’anno dopo, l’istituto prevede un lieve miglioramento per entrambe le regioni: la Puglia crescerà dello 0,83, la Basilicata dello 0,7. Cresceranno nel 2025 anche i consumi delle famiglie – in Puglia dello 0,88 per cento, in Basilicata dello 0,85. Ma gli investimenti pugliesi, per i quali si calcola nel 2024 un aumento dell’1,5 per cento, freneranno l’anno dopo, limitandosi allo 0,67, mentre in Basilicata, dove nel 2024 si è registrato un calo dello 0,7, avrà un recupero dello 0,92 nel 2009.Se le previsioni per i prossimi annni sono meno fosche, non bisogna farsi troppe illusioni: da un lato la crescita sarà sostenuta in buona parte dalla mano pubblica: al Pnrr si attribuisce addirittura il 60 per cento della crescita generata nel biennio 2025-2026.

A pesare, secondo Svimez, sono la crisi di settori trainanti come l’automotive ma anche la debolezza del commercio internazionale e l’aumento dei costi dell’energia. Valutazioni che trovano riscontro, in Puglia, nell’aumento delle ore di cassa integrazione, che nel 2024 sono state 17 milioni, superando la Campania e con un picco a Taranto di 3,5 milioni, quasi il doppio rispetto al 2023, quando erano 1,8 milioni. E qui naturalmente la crisi dell’ex Ilva ci mette il carico. Ma a pesare negativamente sulla congiuntura sono le difficoltà dell’automotive nelle zone industriali di Bari, Foggia e Melfi.Non c’è da meravigliarsi, dunque se le regioni del Nord hanno ritmi di sviluppo superiori all’1 per cento – fino all’1,2 in Veneto -, in alcuni casi più che doppi rispetto a quelli pugliesi o lucani. In questo modo l’obiettivo della covergenza, inseguito dalle politiche di coesione dell’Unione europea, riprende ad allontanarsi.

Nonostante gli entusiasmi dei vertici regionali pugliesi per l’aumento del Pil dell’1,1 per cento nel 2023, i dati certificati da Istat raccontano una realtà meno esaltante. Non tanto perché nel 2023 la Basilicata ha sorpassato la Puglia per reddito disponibile per abitante: 17mila e 336 euro contro 17mila e 148. Quel che dovrebbe preoccupare le classi dirigenti di entrambe le regioni sono le differenze con i territori più ricchi del Nord, che continuano ad attrarre, proprio in virtù delle opportunità e dei livelli di benessere offerti, molta forza lavoro dal Sud.Può apparire così un passo avanti il fatto che il Pil per abitante sia passato, in Puglia, da 20,2 mila euro nel 2021 e da 22mila nel 2022 a 23,5mila nel 2023, o che in Basilicata sia salito da 23,8mila a 25,9mila a 27,5mila. Ma nello stesso periodo la Lombardia è passata da 42,6 mila a 49,1 mila. E il gap è aumentato notevolmente, rispetto alla Puglia: era di 22,4 mila euro nel 2021, è diventato di 24 mila euro nel 2022 fino a raggiungere i 25,6 mila euro nel 2023. Se invece confrontiamo la Basilicata con un’area di pari popolazione, la provincia autonoma di Bolzano, lo scostamento era di 26,1 mila euro nel 2021, di 30,1 mila euro nel 2022 e di 32,3 mila nel 2023. Un’inversione di tendenza rispetto al primo decennio del secondo Millennio: fatto 100 il Pil pro capite dell’Italia, nel 2001 la Lombardia toccava quota 130, mentre la Puglia si fermava a 67 (e la Basilicata a 73). Nel 2009, la Lombardia scendeva a 126 ma le due regioni meridionali rimanevano stabili, rispettivamente a 66 e a 74 punti. Il distacco si riduceva.Anche per reddito disponibile per abitante, Puglia e Basilicata si mantengono costantemente poco al di sopra della media del Mezzogiorno, passando, rispettivamente da 15mila e 624 euro nel 2021 a 17mila e 148 euro nel 2023 e da 15mila e 573 euro nel 2021 a 17mila e 336 nel 2023. Ma il divario economico tra il Nord Ovest e la Puglia nel 2021 era di 7814 euro e di 7865 nei confronti della Basilicata. La differenza è cresciuta in due anni di 9117 euro nei confronti della Puglia e di 8929 euro nei confronti della Basilicata.



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