I tank dentro Jenin. 120 case distrutte dalle ruspe di Israele

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«Quello che stiamo facendo, in quella che voi chiamate Cisgiordania e noi Giudea e Samaria, è difendere la nostra sicurezza. Si tratta di operazioni militari contro i terroristi e non hanno altri obiettivi se non questo», si è affannato a ripetere ieri a Bruxelles il ministro degli esteri israeliano, Gideon Sa’ar, partecipando al Consiglio di associazione Unione europea-Israele.

Quindi erano «terroristi» anche Ayman 12 anni di Hebron e la bambina Rimas di Jenin uccisi entrambi venerdì scorso e gli altri 15 bambini caduti sotto il fuoco delle forze israeliane dall’inizio dell’anno in Cisgiordania?

L’Unicef vede le cose in modo ben diverso da Sa’ar e denuncia con forza le uccisioni di bambini e ragazzi palestinesi negli ultimi due mesi.

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ALTRETTANTO ALLARMATO è il segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres che, intervenendo ieri al Consiglio per i Diritti umani, ha ricordato «la crescente violenza nella Cisgiordania occupata da parte dei coloni israeliani».

Proprio i coloni presto potranno disporre di altri 1.170 alloggi negli insediamenti ebraici in Cisgiordania: domani si riunirà il Consiglio superiore di pianificazione israeliano per far avanzare i progetti edilizi previsti in quattro colonie, Gvaot, Shaarei Tikva, Givat Zeev e Itamar. Tutte illegali per la legge internazionale.

Per i palestinesi il futuro è lo sfollamento con la copertura della «lotta al terrorismo». L’operazione militare israeliana «Muro di ferro» prosegue. Con toni apocalittici, il primo ministro Netanyahu ripete che il suo esito deciderà «l’esistenza» stessa dello Stato ebraico.

Il premier, che qualche giorno fa ha parlato da una casa palestinese a Tulkarem, insiste sul fallito attentato della scorsa settimana ai bus a Bat Yam e Holon, nei pressi di Tel Aviv. Altri battaglioni e reparti militari si aggiungono all’offensiva in corso che, ricordava domenica il ministro della difesa Israel Katz, ha già cacciato via dalle loro case 40mila palestinesi dei campi profughi di Jenin, Tulkarem e Nur Shams, Faraa e di altre località.

Katz – uno degli esponenti più estremisti del governo di ultradestra israeliano – ha proclamato che le forze ai suoi ordini resteranno, almeno fino alla fine dell’anno, nei campi palestinesi che stanno già cambiando volto sotto l’urto delle ruspe e dei mezzi corazzati israeliani.

A JENIN sono tornati dopo 23 anni i carri armati pesanti Merkava. E come nei giorni dell’operazione «Muraglia di difesa» lanciata dallo scomparso Ariel Sharon per spegnere in ogni modo la seconda Intifada palestinese contro l’occupazione, sono destinati a lasciare il loro devastante segno.

I ragazzi palestinesi li hanno accolti con lanci di pietre prima di scappare di fronte alla loro mole e al fragore dei cingoli. Per ora i tank sono tre, aumenteranno. Altri, quasi certamente, andranno a Tulkarem, Nablus e, pare, più a sud: a Ramallah, Hebron e Betlemme dove nel 2002 per settimane restarono fermi per settimane davanti alla Chiesa della Natività.

A Jenin la situazione è drammatica. Il Comune lancia appelli, perché l’esercito di Israele ha completamente demolito circa 120 case nel campo profughi e decine di altre parzialmente. Molte sono state fatte saltare in aria con l’esplosivo. I carri armati sono avanzati in profondità prendendo posizione nel quartiere di Jabriyat a protezione delle ruspe che scavano «corridoi stradali» simili a quello di Netzarim che Israele ha costruito per tagliere in due, da est a ovest, Gaza.

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Lo scopo, a Jenin come a Tulkarem, è quello di eliminare una buona parte dei campi profughi – i «nidi dei terroristi», li chiamano le autorità israeliane – aprendo strade volte a favorire l’intervento rapido dei mezzi corazzati.

Come a Gaza il prezzo lo pagano migliaia di civili. Gli sfollati, sempre più numerosi, ora hanno difficoltà a trovare centri di accoglienza. Per l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi boicottata e isolata da Israele, non è facile intervenire in loro soccorso.

«L’ATTACCO israeliano in Cisgiordania da due giorni prende di mira Qabatiya dove è stato imposto il coprifuoco – riferiva ieri all’agenzia Wafa il governatore del distretto di Jenin, Ahmad Zakarneh – Anche a Qabatiya i bulldozer hanno iniziato a devastare strade e infrastrutture e a tagliare le linee idriche ed elettriche. È stato distrutto l’ingresso della città e sono state vandalizzate proprietà, negozi e veicoli».

Lo stesso è accaduto a Tubas, Al-Faraa, Al Yamoun, Burqin e Silah al Harthiya, sempre nella zona di Jenin. Incursioni avvengono da giorni a Nablus. Gli arresti da fine gennaio sono stati centinaia in tutta la Cisgiordania, di cui circa 200 solo a Jenin, riferisce l’associazione dei detenuti.



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