Il Sindacato, le elezioni RSU e il “mondo scuola“

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a cura di Fania Gerardo

 

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Il sindacato si trova da tempo ad un crocevia: la difesa di interessi corporativi e la lotta per i diritti che si esprimono nella collaborazione e nella solidarietà fra lavoratori.

Oggi, le politiche neoliberiste promuovono nella scuola solo individualismo e competizione tra lavoratori, tendendo a trasformare definitivamente in servizio commerciale l’istituzione pubblica.

Di fronte a una realtà così complessa, si delineano due modi di fare ed essere sindacato.

Il primo è decisamente orientato alla soluzione dei problemi del singolo: vive del conflitto e lo affronta solo ed esclusivamente sul piano giuridico; promuove in chi lavora una mentalità di affidamento e delega assoluta allo specialista dell’organizzazione.

Il secondo lavora per una soluzione normativa collettiva, legando tutto il proprio operato sindacale sul valore del CCNL di riferimento: vive di mediazione e affronta il conflitto in termini di trattativa e dialogo, considerando estremo il ricorso a avvocati e giudici, chiedendo a chi lavora partecipazione e attività quotidiana, naturalmente, questi orientamenti non caratterizzano sindacati “buoni” o “cattivi”, questo deve essere chiaro, sono valutazioni nel merito del loro operato.

L’alternativa fra separatezza e unione è oggi radicale. Su questa linea di frattura l’azione del sindacato acquista o perde il suo valore.

Un esempio concreto di questa situazione è rappresentato dalle contrapposizioni che emergono nelle contrattazioni per la ripartizione dei finanziamenti disponibili: docenti contro personale ATA, quando si stabiliscono le rispettive quote; docenti contro docenti, quando si decide quali progetti o azioni formative privilegiare, e a scapito di quali altre. Per sciogliere questi nodi, in alcune realtà si fa ricorso al dialogo aperto e alle dinamiche democratiche, valorizzando gli organi decisionali sovrani di cui la scuola dispone: al collegio dei docenti, per esempio, e solo al collegio dei docenti, spettano le decisioni in ordine alla didattica e alla fisionomia culturale e progettuale di ciascun istituto. In altre realtà, invece, si trasformano gli organi collegiali in luoghi in cui la discussione è osteggiata o resa impossibile, dove si ratificano decisioni assunte altrove, in genere attraverso dinamiche individuali e privatistiche.

Ѐ un fatto che il sindacato non contrasti sempre con la dovuta fermezza queste pratiche, anzi, se ne rende complice quando candida nelle proprie liste collaboratori della dirigenza, suoi membri dello staff o direttori dei servizi generali ed amministrativi, tradendo la logica che fonda qualsiasi trattativa: la presenza di due controparti che rappresentano interessi distinti.

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Tuttavia, la sostanziale assenza di unità fra le sigle costituisce un grave problema, questa disunione pone seri problemi etici e di onestà intellettuale, la debole ricerca di unità di fronte alle politiche scolastiche, fino agli scioperi recenti, ha indebolito tanto l’immagine dei sindacati nel loro insieme quanto la loro forza contrattuale, in questo complesso quadro, è un’ottima notizia che ad Aprile 2025 ci siano le elezioni per le RSU.

Il quadro come si diceva è complesso,di credibilità, le difficoltà incontrate da parte di tutte le sigle in molti istituti nel reperire candidate e candidati autorevoli, disposti a prestarsi a un lavoro faticoso e gratuito, è un triste dato oggettivo, lo è altrettanto la quotidiana constatazione che, sui posti di lavoro e nei servizi di

consulenza, c’è bisogno di sindacato, perché le persone hanno bisogno di parlare, chiarire dubbi e trovare ascolto.

Che a questo bisogno sappia rispondere la capacità, dei vertici delle organizzazioni e delle persone che le rappresentano nei luoghi di lavoro non è ovviamente scontato. La sola presenza di riferimenti sindacali, tuttavia, è fondamentale, in un momento di forte ricambio generazionale, quando intraprendono il loro lavoro nella scuola persone spesso ignare dei loro diritti, o disinteressate rispetto alle implicazioni sociali e politiche del loro lavoro intellettuale, vittime della trasformazione della professione di insegnante in lavoro impiegatizio ed esecutivo.

Il sindacato può avere una parte nella ricerca di risposte etiche e praticabili, se saprà evitare di rimpiangere le lotte del passato e non sceglierà di consegnarsi a una vuota modernità.



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