COSENZA «Oggi vengono proposte soluzioni assolutamente costose, come quella del nucleare. Le conseguenze le conosciamo, le abbiamo viste in termini di cambiamenti climatici, lo vediamo nelle bollette e sul gap di innovazione dei territori». a parlare è Katiuscia Eroe, responsabile Energia Legambiente: presente al primo Forum dell’Energia in corso all’Unical.
Il Rigassificatore di Gioia Tauro
A preoccupare Legambiente è il ruolo che la Regione Calabria vuole assegnare al rigassificatore di Gioia Tauro, descritto come opera necessaria ma che «al contrario va esattamente nella direzione opposta alla transizione ecologica ed all’emergenza climatica. Si tratta di un’opera che legherebbe la Calabria, per almeno per i prossimi 15-20 anni, (considerati tempi di costruzione e ammortamento) ad una tecnologia fossile che non trova spazio nella prospettiva europea e che nella migliore delle ipotesi, vista anche la riduzione dei consumi di gas, sarebbe ripagata attraverso le bollette degli utenti finali». «Dove c’è lo sviluppo delle rinnovabili, possiamo fare l’esempio di alcune imprese che hanno portato aziende nei territori per fare manutenzione, innovazione sulle rinnovabili, c’è lavoro», dice Eroe. Che chiosa: «Dove vengono proposte soluzioni come le centrali a gas, i rigassificatori, i territori rimangono fermi».
I dubbi di Legambiente sull’impianto
E’ sempre Legambiente, in un report, a soffermarsi sugli effetti dell’impianto che «ricoprirebbe un’area di circa 47 ettari nei comuni di Gioia Tauro, San Ferdinando e Rosarno e dovrebbe riportare allo stato gassoso 12 miliardi di metri cubi all’anno di combustibile (estensibili a 16), reso liquido per il trasporto in navi cisterna per il cui attracco dovrebbe essere realizzata un’apposita piattaforma di scarico a 500 metri circa dalla costa -, è inutile e pericolosa per la salute ed il clima e assai rischioso sul piano economico visto che costerebbe cifre molto ingenti e richiederebbe svariati anni per la sua costruzione». Ancora, «l’impianto dovrebbe essere realizzato in una zona 1 che identifica aree con la più alta pericolosità sismica dove possono verificarsi fortissimi terremoti. L’impianto poggerebbe, infatti, sopra una faglia sismogenetica attiva, la stessa da cui scaturì il distruttivo terremoto del 1783, che plasmò addirittura l’orografia dei territori».
Per quanto concerne le emissioni, «già al 2030 quando il rigassificatore (forse) inizierebbe a funzionare, dovranno già essere state ridotte del 55% (rispetto al 1990). Questo impianto si troverebbe quindi a competere in un mercato nel quale i consumi di gas sono previsti in costante discesa anche in base al Piano Nazionale Integrato Energia e Clima».
L’impatto sul territorio
La costruzione del più grande rigassificatore d’Europa «è stata bocciata per due volte di seguito dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, sempre per gli stessi motivi: massima sismicità dell’area e liquefazione dei terreni». Inoltre, «il rigassificatore andrebbe ad inserirsi in un territorio di dimensioni limitate nel quale già insiste l’unico inceneritore della Calabria, una centrale a turbogas, un impianto di depurazione che serve quasi la metà dei comuni (33) della piana ed infine il porto di Gioia Tauro». Nelle linee di indirizzo si sostiene che «il rigassificatore attraverso la piastra del freddo valorizzerebbe il settore agroalimentare. Ipotesi, questa, del tutto surreale visto che, piuttosto, la Piana di Gioia Tauro e la sua agricoltura dovrebbero essere valorizzate con l’agrivoltaico in un connubio tra energie rinnovabili ed agricoltura che si prospetta sempre più necessaria dato l’aumento delle temperature e l’utilizzo dei pannelli fotovoltaici anche fini di ombreggiatura». In conclusione, per Legambiente, «per raggiungere il traguardo occorre programmazione e capacità di visione sul futuro a medio e lungo termine. La Calabria non può permettersi errori». (redazione@corrierecal.it)
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