Custodia attenutata per le madri detenute, chiude l’Icam di Lauro: era l’unica struttura al Sud. Il garante: “Diritti negati”

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Sarà chiuso l’Istituto a custodia attenuata per madri di Lauro, in provincia di Avellino, l’unico per tutto il Sud. Lunedì 24 febbraio era previsto il trasferimento in due Icam del Nord delle ultime due detenute madri presenti nella struttura e dei loro figli. Da quel che risulta non sono ancora partiti per ragioni di salute – forse una forma di protesta pacifica – ma dovrebbero lasciare l’Icam a breve. Contrari alla decisione del ministero della Giustizia i garanti locali delle persone detenute e private della libertà, che parlano di una misura “dannosa” e chiedono un immediato dietrofront. “Si nega così il principio di territorialità della pena, il diritto all’affettività, alla famiglia e all’inclusione sociale – dice a ilfattoquotidiano.it il garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello -. La chiusura di Lauro sarà un bene solo se verranno preferite misure alternative alla detenzione”. Non sono ancora state formalizzate le ragioni della chiusura né si sa cosa sarà dell’Icam, ma i penitenziari della Campania e in particolare il carcere di Avellino sono sovraffollati e gli agenti penitenziari sono pochi. Tra le motivazioni più probabili c’è la necessità di destinare il personale di Lauro alle altre sedi vicine, e tra le ipotesi future ci sarebbe la conversione dell’Icam di Lauro in una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems). Intanto, i trasferimenti sono imminenti. “Riteniamo inaccettabile anche il tempismo di questa decisione – dice Ciambriello -, i due bimbi frequentano la seconda elementare e l’asilo, entrambi i familiari hanno la residenza a Lauro, ora saranno catapultati in altre scuole nel mezzo dell’anno scolastico perdendo il tessuto che li ha sostenuti”.

L’Icam di Lauro – Dalla sua apertura, nel 2017, quello di Lauro è stato quasi sempre l’Icam più affollato d’Italia, da un lato perché lì venivano convogliate tutte le detenute madri con figli piccoli presenti da Roma in giù, dall’altro perché è l’istituto con la capienza maggiore, formato da 16 bilocali e 4 stanze singole in grado di ospitare fino a 35 donne con bambini. Proprio per la sua conformazione, tra i quattro attivi totali – gli altri sono a Milano, Venezia e Torino – l’Icam di Lauro rispettava alcuni dei requisiti ideali: è fisicamente distaccato dal carcere di Avellino, ha luoghi comuni e ampi spazi autonomi per i nuclei mamma-bambino in cui le detenute potevano portare avanti il rapporto con i figli, con bilocali indipendenti dotati di soggiorno e angolo cottura, camere da letto e bagno. La ristrutturazione è avvenuta nel 2016 convertendo un Istituto a custodia attenuata per il trattamento dei tossicodipendenti (Icatt) e, per quanto si trovi lontano dai servizi della città, da allora era ritenuto un Icam “modello” perfino dai garanti. “Si è speso un milione di euro per ristrutturare gli ambienti, per quanto sia un carcere, era spesso la migliore opzione per i casi più difficili, chiuderlo a fine febbraio senza avere deciso cosa diventerà fa capire che c’è una mancanza di programmazione da parte delle istituzioni”, dice Ciambriello.

Il ddl sicurezza e il futuro delle madri con figli – La decisione di chiudere Lauro è inattesa e in contrasto con la direzione di una parte del governo, che sembrava voler potenziare gli Icam anziché chiuderli. ll ddl sicurezza in discussione al Senato, per il testo concepito finora, punta a rendere facoltativo il differimento della pena per le donne incinte o con figli minori di un anno, portando i magistrati a scegliere con maggiore frequenza l’assegnazione a un Icam. Ma la tendenza attuale non è uniforme, e se in alcuni Icam cominciano già ad arrivare donne incinte, negli ultimi due anni a Lauro sempre meno detenute venivano assegnate alla struttura, portando i numeri dalle 9 donne con 11 figli di febbraio 2023 alle quattro madri con altrettanti bambini a febbraio 2024, fino ad arrivare a febbraio 2025 con due madri e due bambini. Il problema per Lauro si porrà soprattutto per le straniere che non hanno un domicilio per accedere a misure alternative. In tutto il Sud esiste una sola casa famiglia protetta, inaugurata solo a dicembre 2024 a Quarto, nel Napoletano, in una villa confiscata alla mafia. “Anziché potenziare questi strumenti – dice Ciambriello – si interrompe il percorso dei bambini e si fa un danno a tutto il Sud”.

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