Contratto scuola: pochi spiccioli per i docenti e solite promesse per il futuro

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Ancora una volta, il rinnovo del contratto per il comparto scuola arriva in ritardo: tutte le novità

Ancora una volta, il rinnovo del contratto per il comparto scuola arriva in ritardo. Il 27 febbraio, presso l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), si aprirà la trattativa per il rinnovo del contratto 2022/2024. Un triennio già scaduto, ma questo non sembra sorprendere più nessuno. Il copione si ripete: stipendi inadeguati, una copertura finanziaria che sa di contentino e promesse di miglioramenti futuri che, puntualmente, vengono rinviati alla prossima legislatura.

Un aumento che non basta

La cifra tanto attesa è di 150 euro lordi in più al mese per i docenti, un importo che, con i soliti “aggiustamenti” della Legge di Bilancio, potrebbe arrivare a 160 euro. Ma c’è un trucco: non tutti vedranno questi soldi. L’incremento sarà modulato in base al ruolo e all’anzianità di servizio, con una distribuzione che rischia di lasciare molti docenti con l’amaro in bocca.

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Intanto, il Ministero dell’Istruzione sventola come grande vittoria il fondo da 3,2 miliardi di euro per il rinnovo contrattuale, insieme a 43 milioni all’anno destinati alla formazione. Peccato che l’inflazione abbia già eroso gran parte del potere d’acquisto dei lavoratori della scuola. Gli insegnanti italiani continuano a guadagnare meno dei loro colleghi europei e l’incremento proposto non è certo la svolta che ci si aspettava.

Premi per i meritevoli? Sì, ma con esame finale

La nuova frontiera della meritocrazia scolastica passa attraverso un sistema di incentivi legato a specifiche mansioni. Tutor, orientatori, collaboratori dei dirigenti scolastici, vicepresidi e responsabili di plesso potranno ottenere un bonus tra il 10 e il 20% dello stipendio. Ma attenzione: il premio non è garantito. Bisogna superare un esame finale con valutazione positiva. In altre parole, anche chi accetta incarichi aggiuntivi dovrà sottoporsi a una sorta di “giudizio” per ottenere l’aumento.

Indennità di vacanza contrattuale: briciole in attesa del prossimo ritardo

Per compensare il ritardo nella firma del contratto, è prevista un’indennità di vacanza contrattuale, pari a:

  • 0,6% degli stipendi tabellari dal 1° aprile al 30 giugno 2025;
  • 1% a partire dal 1° luglio 2025.

Si tratta di percentuali irrisorie, che non coprono neppure gli aumenti dei prezzi degli ultimi mesi. A conti fatti, la perdita di potere d’acquisto non verrà colmata.

Le coperture finanziarie: promesse per il 2030

Ecco le cifre stanziate per i prossimi anni:

  • 1,954 miliardi di euro nel 2028;
  • 4,027 miliardi nel 2029;
  • 6,112 miliardi annui dal 2030.

Secondo il piano governativo, gli stipendi dovrebbero aumentare dell’1,8% annuo nel triennio 2025-2027, dell’1,9% nel 2028 e del 2% nel biennio 2029-2030. Numeri che, alla prova dei fatti, rischiano di essere del tutto inadeguati a compensare l’erosione salariale degli ultimi anni.

Sindacati sul piede di guerra

I sindacati non ci stanno. La Cisl Scuola, denuncia il solito effetto domino: “Il mancato rinnovo di questo contratto avrà conseguenze anche sul prossimo triennio. È ora di smetterla con questi ritardi cronici”.

Le principali sigle sindacali contestano l’insufficienza degli aumenti salariali, sottolineando che l’inflazione ha già azzerato i benefici previsti. Si chiede anche maggiore attenzione per la mobilità del personale, il welfare contrattuale e l’introduzione di indennità specifiche per il burnout, la continuità sui posti di sostegno e gli incarichi a tempo determinato.

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Oltre ai grandi sindacati, anche le sigle minori si fanno sentire: Confsal (12,1%), Gilda (8,29%) e Anief (6%) sono pronte a dare battaglia.

La scuola sempre più nel caos

Mentre il governo promette aumenti futuri e incentivi meritocratici, il mondo della scuola continua a navigare tra stipendi inadeguati, concorsi irregolari e personale precario. A peggiorare la situazione, ci si mette anche la recente sentenza del Tar che ha rimesso in discussione il concorso Pnrr1, obbligando alcuni candidati a rifare la prova. Insomma, l’istruzione italiana sembra destinata a rimanere in uno stato di perenne emergenza.



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