Ingiuste detenzioni in carcere, aumentano gli indennizzi: i distretti più dispendiosi Napoli, Reggio Calabria, Catanzaro e Roma. Nel 2024 i pagamenti hanno raggiunto quota 26,9 milioni
Al Senato aveva parlato di una “marea di provvedimento efficaci” sulla giustizia messi in campo dal governo. Alla Camera dei deputati, poche ore dopo, aveva detto che l’attuazione del Pnrr è “un nostro motivo di orgoglio”. La presentazione al Parlamento della relazione sull’amministrazione della giustizia da parte del Guardasigilli Carlo Nordio era apparsa come una boccata d’ossigeno per il Paese. Ma era il 22 gennaio scorso e a tenere banco era il caso Almasri, il generale libico su cui pendeva un mandato d’arresto spiccato dalla Corte penale internazionale, rimpatriato appena 24 ore prima con un volo di Stato. Una pagina così buia da oscurare anche il lungo elenco di cifre, dati e statistiche riferito alle Camere dall’inquilino del ministero di via Arenula, che rappresentano il bollettino del nostro sistema giudiziario.
A un mese dal doppio appuntamento romano, però, non tutto sembra filare per il verso giusto. Partiamo proprio dal Pnrr. Uno degli obiettivi previsti per il 2024 era il taglio drastico delle cause arretrate nella giustizia civile. La realtà è che, secondo i dati contenuti nella Relazione di Nordio, le pendenze civili nel 2024 sono aumentate del 3,5 per cento, dopo aver registrato una diminuzione dal 2021 in poi. Se confrontante con i dati del 2019, le pendenze sono calate del 91,7 per cento, contro l’obiettivo richiesto dal Pnrr del 95 per cento. Quasi 4 punti in meno. La beffa è che oltre al danno per il mancato calo dell’arretrato, ci potrebbe essere un taglio dei finanziamenti previsti per il ministero della Giustizia dal Pnrr.
Altro elemento di forte criticità è quello delle detenzioni ingiuste, evidenziato da un documento pubblicato dal ministero guidato da Nordio. L’istituto della riparazione per ingiusta detenzione, previsto dal codice di procedura penale, garantisce all’imputato il diritto soggettivo ad ottenere un’equa riparazione per la detenzione subita ingiustamente prima dello svolgimento del processo e, quindi, prima della sentenza. Il presupposto di questo diritto è costituito dall’ingiustizia sostanziale o formale della custodia cautelare subita. Importanti novità in materia sono state apportate dalla cosiddetta “Legge Carotti” del ’99, che ha aumentato da cento milioni di lire ad un miliardo di allora (oggi pari a 516.456,90) l’importo massimo per la riparazione, facendo salire da 18 a 24 mesi il termine per la presentazione della domanda.
Nel 2024 le domande accolte sono state 1.293 contro le 1.120 dell’anno precedente. Il dato più allarmante è che il 75% delle richieste di riparazione vengono accettate a seguito “dell’accertata estraneità della persona ai fatti a lei contestati”. Nel restante 25% dei casi, la misura cautelare disposta si è rivelata illegittima.
A farne le spese è il ministero dell’Economia e delle Finanze, chiamato a sostenere le spese degli indennizzi. E nel 2024 sono pervenute al Mef ben 552 ordinanze con le quali le Corti d’Appello hanno disposto il pagamento delle somme di riparazioni per ingiusta detenzione pari alla cifra monstre di 26,9 milioni di euro. Importo medio, 45.000 euro, che devono uscire dalle casse del ministero di via XX Settembre.
L’istituto della riparazione per ingiusta detenzione, bisogna ricordarlo, è espressione dei principi di solidarietà sociale e dei valori di civiltà giuridica in virtù dei quali, in un ordinamento democratico, chi sia stato ingiustamente privato della libertà personale ha diritto a una congrua riparazione per i danni morali e materiali subiti. Ma va anche sottolineato che questo riconoscimento non può essere ritenuto, di per sé, indice di sussistenza di responsabilità disciplinare a carico dei magistrati che abbiano richiesto e applicato il provvedimento restrittivo risultato ingiusto. Una precisazione doverosa, contemplata nello stesso documento del ministero di via Arenula, per evitare che i dati del Guardasigilli vengano usati come una clava contro i magistrati.
In tutti i casi, nel 2024 i distretti più rilevanti e dispendiosi sono risultati Napoli, Reggio Calabria, Catanzaro e Roma.
Altra spina nel fianco del sistema Giustizia, è il risarcimento dei danni per la lentezza dei processi. Ma su questo versante, uno spiraglio si è aperto: dal primo gennaio ha preso il via il Progetto straordinario PintoPaga del ministero della Giustizia, volto a eliminare l’arretrato, per il periodo compreso tra il 2015 e il 2022, degli indennizzi dovuti dallo Stato italiano in base alla Legge Pinto, la norma che prevede, per l’appunto, il risarcimento dei danni causati dalla giustizia-lumaca.
“In collaborazione con Formez PA, attraverso l’utilizzo di professionalità dedicate a questa specifica piattaforma digitale – ha scandito il ministro Nordio nell’Aula di Montecitorio – noi stiamo accelerando i pagamenti e, in un orizzonte di un paio d’anni, tendenzialmente azzereremo lo stock di arretrati degli indennizzi spettanti agli aventi diritto per la violazione dei termini ragionevoli del processo, consentendo cospicui risparmi per interessi e di contenzioso”. Attualmente il debito maturato a carico del Ministero della Giustizia per l’arretrato connesso all’applicazione di questa legge ammonta a oltre 300 milioni di euro. La cifra è relativa a 62.000 decreti di pagamento emessi dalla Corte d’Appello, “sui quali si pagano gli interessi – ha aggiunto il ministro – Quindi, più presto noi riusciamo a onorare questo debito, più risparmiamo anche su questi interessi con cifre che sono assolutamente cospicue”. Una buona notizia per il portafogli degli italiani.
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