Vite vissute all’ombra della guerra

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Jarek non ha ancora dieci anni quando inizia la sua fuga: è sua madre, Hanna, che a insaputa del bambino ne organizza il viaggio. Dovrà andare lontano, il più lontano possibile dalla guerra che avanza e che in questa zona del centro dell’Ucraina, non lontano da Zaporizhzhia, come nel resto del Paese, ha dal 24 febbraio del 2022 il volto di un esercito invasore che arriva dalla vicina Russia. Una guerra che tutto travolge e distrugge, le cose come le persone e che vede proprio i più piccoli tra le prime vittime. Secondo i dati dell’Unicef, sono infatti migliaia i bambini uccisi e altrettanti quelli feriti gravemente, oltre duemila, almeno, quelli che sono stati costretti con la forza a lasciare l’Ucraina alla volta della Russia.

A QUESTA VICENDA fa del resto riferimento la decisione della Corte penale internazionale che già nel 2023, dopo solo un anno dall’invasione, ha incriminato Vladimr Putin e la titolare della Commissione per i diritti dei bambini presso l’ufficio di Presidenza di Mosca, per crimini di guerra in relazione alla deportazione e al trasferimento illegale in Russia di migliaia di minori ucraini, e spiccato un mandato d’arresto nei loro confronti. Dell’orrore scatenato dal Cremlino contro Kiev, si tratta forse del capitolo più tragico e sinistro: l’idea di deportare il futuro di un popolo in un’altra terra e di cancellarne ogni traccia di memoria e identità. Per molti versi la dimostrazione della natura ideologica, ben più che geopolitica, della guerra d’invasione scatenata da Putin.
È di fronte ad un simile pericolo, di cui peraltro lui è ancora inconsapevole, che fugge Jarek che dovrà raggiungere Bratislava insieme ad un conoscente della madre per mettersi in salvo. Ma bisogna fare presto, presto prima che la guerra irrompa nella sua vita come in quella dei suoi cari.

Jarek è il piccolo protagonista di Da solo di Novita Amadei (Neri Pozza, pp. 167, euro 18), un libro che si legge come un romanzo, tutto d’un fiato. Solo che è proprio il fiato quello che viene a mancare mano a mano che si percorre insieme al bambino la strada che può condurre alla salvezza e alla libertà, come a un nuovo dramma.

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È COSÌ, dopo una breve telefonata con il figlio, che Hanna si accorge che la guerra da cui sta cercando disperatamente di allontanarlo ha nel frattempo raggiunto il loro villaggio. «È stato strategico assalire alle prime ore del giorno, quando la gente è impreparata e quieta, ed è stato veloce radere a zero il villaggio, il tempo di un giro in campagna. Il respiro dei prati, il volo di insetti e vapori, la telefonata inaspettata del mio Jarek, e droni invisibili hanno guidato il rombo di artiglierie e carrarmati, gruppi di soldati hanno attaccato, lasciando i ruderi di quello che un tempo era stata la forma che avevamo dato alle nostre vite». Poi, come se nulla fosse, aggiunge la giovane madre, «sono passati oltre, al villaggio successivo, ad altre forme di vita. E, a tendere l’orecchio, forse li si sente allontanarsi. La polvere dei bombardamenti rimane ancora in sospeso e l’odore delle macerie – caldo, umano e minerale insieme – satura l’aria».

SOTTO QUELLE MACERIE è rimasta Olena, la nonna di Jarek, lei che per il nipote profumava di marmellata di ciliegie e che per lui preparava proprio con quella marmellata delle squisite frittelle, le nalesniki che riempivano per giorni la casa di allegria. Anche di lei, il libro di Novita Amadei che dà voce a tutti i personaggi di questa vicende, cogliamo l’incertezza e la preoccupazione di fronte a quanto sta accadendo, a quanto accade all’Ucraina da quasi tre anni, ma anche il portato di una storia dolorosa molto più lontana nel tempo e la cui evo continua a tormentare il Paese. «Sono nata l’indomani della Seconda guerra mondiale, coi racconti della Grande Carestia e dell’Armata Rossa, ho vissuto la dissoluzione dell’Impero Sovietico e di quella libertà e uguaglianza che manteneva il nome ma cambiava forma senza che nessuno ci si ritrovasse più… Quando ci ripenso, ho l’impressione che non ci siano mai stati un inizio e una fine. L’instabilità è di questa nostra terra come lo sporco sotto le scarpe…». Mentre si compie nell’innocenza e l’apparente spensieratezza proprie dell’età del giovane protagonista il suo viaggio verso la libertà e la redenzione, il mondo che si è lasciato alle spalle ondeggia, si incrina, finisce in mille pezzi per effetto delle bombe e dei missili russi, ma non solo. Per Hanna, quel tempo sospeso che lega ogni possibilità di futuro alle sorti del figlio, è anche l’occasione per una sorta di bilancio, per guardare alle proprie scelte, ai suoi amori, ai suoi uomini, al tradimento che può aver inferto ad altri ma, forse, prima di tutto a se stessa.

AL TERMINE DELLA STORIA, e del libro, Jarek arriverà sano e salvo a Bratislava, dove potrà attendere di riabbracciare la madre, ma, sembra indicare l’autrice, ci sono anche altre ferite, talvolta invisibili, che la guerra infligge comunque alla popolazione civile. L’idea è che nulla potrà più essere davvero come prima: «Anche la casa più inutile risponde a una tattica nei piani del nemico, anzi, soprattutto quella; niente si salverà».
Attiva come consulente nel campo dell’asilo politico e delle migrazioni internazionali, per scrivere Da solo Novita Amadei si è ispirata ad una storia vera, quella di Hasan, 11 anni, papà siriano e mamma ucraina, che nel marzo del 2022, a pochi giorni dall’invasione russa, ha attraversato il Paese per mettersi in salvo in Slovacchia.



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