“Momenti felici e altri in cui volevo mollare tutto. La radio? Non bado ai numeri”

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Milano –  “In studio dietro il microfono io sto bene, è il momento più bello della mia giornata”, dice Albertino, disc jockey, conduttore radiofonico, personaggio televisivo e direttore artistico di Radio m2o. Padernese di nascita, ha mosso i primi passi nel mondo della radiofonia nel 1978.

Che ricordi ha della sua infanzia a Paderno Dugnano?

“Dei ricordi bellissimi. Pensi che ci sono tornato un mese fa”.

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E quali sensazioni ha provato?

“Ho provato un grande dispiacere perché sono andato proprio sotto casa dove vivevo, un appartamento al primo piano e i nuovi inquilini hanno riverniciato la facciata. Non è più color mattone, è grigia… Ci sono rimasto molto male”.

È in quella casa che è nato il suo interesse per la radio?

“Sì, esattamente: passavo le mie giornate nella mia cameretta ad ascoltare la radio, così è nata la passione”.

Che fase della vita attraversa adesso?

“Penso di non essere mai stato così bene come in questo periodo”.

Perché?

“Per la maturità che ho raggiunto e per la serenità professionale che vivo. Si sente anche quando sono in onda. Poi ho avuto anche momenti meno felici ma in studio, dietro il microfono, io sto bene, è il momento più bello della mia giornata”.

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Quarant’anni di Radio Deejay in via Massena.

“Si sono alternati momenti up e momenti non sempre al top, momenti in cui le aspettative sono state troppo alte, in cui vuoi mollare tutto, ma l’importante poi è ritrovare l’entusiasmo”.

Con Radio m2o, ad esempio?

“Sì, è stata una scommessa direi vinta, un grande risultato. M2o ha raggiunto obiettivi importanti, ma soprattutto una riconoscibilità importante. Non abbiamo grandi ambizioni di espansione né pensiamo di essere in competizione con i grandi network generalisti. Mi interessa fare una radio come piace a me, che sia differente dalle altre e in questo ci siamo riusciti. Max Pandini mi è stato vicino parecchio nella fase di start-up, facendo uno straordinario lavoro di sound design”.

Progetti futuri?

“Ad aprile partirà un bel progetto di evoluzione digitale di Radio m2o, andremo a produrre contenuti da diffondere sui social, ma non posso spoilerare tutto…”

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“La radio si evolve e per mantenerla viva c’è bisogno di eventi come quello organizzato il 20 febbraio, il “World Radio Day”, perché possiamo essere di stimolo alle nuove generazioni. Anche se riuscissimo a far appassionare una sola persona sarebbe un bel risultato, c’è bisogno di un ricambio generazionale”.

Le aspettative del pubblico radiofonico sono cambiate?

“Io vado molto a sensazione, non bado tanto ai numeri, al fatturato; sì, è importante, ma io sono una persona che ama uscire per strada, parlare e ascoltare la gente… Quello che ho notato è che prima le radio erano vissute quasi tutte, alcune in particolare, come la propria squadra del cuore; era un modo per identificarsi. Quando ero ragazzino io a Milano c’erano Radio 105 e Milano International, non altre vie di mezzo… Oggi, invece, lo spettatore si fa un palinsesto tutto suo personale, a quell’ora ascolto questo, a quell’altra ora ascolto quello e poi ancora altro. In questo senso è cambiato tutto”.

Ha seguito Sanremo?  Quale canzone ha preferito?

“Certamente, io il Festival l’ho visto sempre. Non è giusto snobbarlo, è un fenomeno di costume, culturale, sociale. Dal punto di vista musicale posso dire che la canzone di Achille Lauro è bellissima, così il pezzo di Giorgia; mi divertono i Coma Cose. Alcune penso non rimarranno nella storia della musica”.

Una tendenza o un genere attuale che la entusiasma particolarmente, come all’epoca?

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“Come all’epoca no, ci sono però correnti interessanti, come l’afro house, cito Adam Port. Una corrente arrivata dall’underground, che viene dal basso, che oggi è totalmente mainstream. Il mio obiettivo è anticipare le mode, è un rischio perché un ascoltatore che ascolta per la prima volta un brano non ha la sensibilità che possiamo avere noi, è una vera e propria scommessa”.

Gli eventi live per le emittenti radiofoniche hanno una rilevanza significativa?

“Sì, molto importante. Come negli anni ‘90, quando c’è stata l’esplosione del Deejay Time, tutti i conduttori di radio Deejay settimanalmente si recavano in mezzo alla gente, a stringere mani, ad abbracciarsi… E questo ha fatto sicuramente la differenza. Oggi vedono quello che tu mostri. Chi dice che quel personaggio è davvero simpatico?”

Molti suoi colleghi scrivono libri, fanno spettacoli teatrali, creano podcast. E lei?

“Ma io ho da fare…”



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