SULLA MORTE SENZA ESAGERARE @Teatro Puccini: la morte può attendere

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Il collettivo milanese Teatro dei Gordi diretto dal regista Riccardo Pippa torna al Teatro Puccini di Firenze, dopo Pandora nella scorsa stagione, con SULLA MORTE SENZA ESAGERARE, la loro prima produzione col Teatro Franco Parenti. Un omaggio alla poetessa Wisława Szymborska premio Nobel per la letteratura nel 1996, della cui omonima poesia scorrono i versi sul fondale. Uno spettacolo di maschere, profondo e al tempo stesso leggero e ironico che ci parla, senza parole, della scomoda attesa di tutti noi, ma senza esagerare.

Questo articolo è il frutto di un lavoro collettivo nell’ambito del laboratorio di critica teatrale di Gufetto Magazine per gli allievi del corso di teatro Pizzichi di Sale di Firenze: Francesca Bonanni, Carla Maffei, Nicoletta Masetti, Eugenio Maviglia, Silvia Morra, Riccardo Pagnini, Guido Pasquetti, Carolina Salerno, Elena Silvia, Sonia Sodi, Roberta Zanobini e Lara Torriti.

SULLA MORTE SENZA ESAGERARE: l’ironia la chiave del tabù

SULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei Gordi
SULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei Gordi

Si può prendere in giro la morte senza nutrire nei suoi confronti un timore reverenziale? I Gordi lo dimostrano con SULLA MORTE SENZA ESAGERARE che, con la chiave dell’ironia, illumina l’evento più drammatico e ineludibile connaturato alla vita. In una terra di mezzo surreale, una solitaria panchina ospita la maschera della morte, un ossuto teschio munito di copricapo nero, che pigramente attende l’arrivo di chi deve affrontare il trapasso: un corridoio di luce che attraversa il palco da destra – l’aldiquà – a sinistra – l’Aldilà. Alle spalle un vecchio lampione, il cui sfrigolare indica l’arrivo di chi è pronto a consegnarle il proprio corpo. Ma ben distante dall’iconica oscura presenza munita di falce, è uno svogliato impiegato in cravatta e maglioncino grigio che cerca di fare, non sempre riuscendoci, il proprio mestiere. “La Morte non si intende di niente – recitano le parole della Szymborska – Non sa fare neppure ciò che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa, né mettere insieme una bara, né rassettare il disordine che lascia.
Ironia e umorismo accompagnano lo spettatore divertito e alleggerito, un po’ meno impaurito, verso quello con cui prima o poi dovrà confrontarsi.

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La potenza delle maschere in SULLA MORTE SENZA ESAGERARE

SULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei GordiSULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei Gordi
SULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei Gordi

L’elemento distintivo della regia di Riccardo Pippa è l’uso sapiente delle maschere contemporanee realizzate in cartapesta dalla scenografa Ilaria Ariemme e ispirate alle figure asimmetriche di Otto Dix. La poetica de I Gordi ricorda il raffinato teatro di figura dei Familie Floz, dei canadesi Old Trout, della nostrana Marta Cuscunà. Le figure in scena, con il loro aspetto grottesco e surreale, ma non inquietante, oscillano tra il tragico e il comico, rendendo la rappresentazione toccante, grazie alla potenza espressiva dei quattro attori – Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti e Matteo Vitanza – capaci di muoversi con verità e leggerezza, sperimentando un linguaggio del corpo non convenzionale. L’assenza di dialoghi non toglie ritmo alla drammaturgia, ma anzi induce lo spettatore a porre attenzione alle relazioni fisiche tra i personaggi, alla gestualità, all’intenzione precisa di ogni azione, così espressiva che la parola risulterebbe ridondante e superflua.

SULLA MORTE SENZA ESAGERARE: l’ultimo respiro

SULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei GordiSULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei Gordi
SULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei Gordi

Il tema di SULLA MORTE SENZA ESAGERARE è chiaro dopo pochi minuti dall’inizio dello spettacolo: ci troviamo nel momento simbolico del trapasso materialmente realizzato con un semplice fascio di luce orizzontale. Una carrellata di volti, sconosciuti ma familiari, mette in scena tante personalità diverse accomunate dal fatto di trovarsi un attimo prima dell’ultimo respiro. L’aspetto narrativo è minimo. Non si sa molto della storia dei singoli personaggi, ma l’attenzione dello spettatore viene portata sulle sensazioni che essi provano di fronte alla morte: alcuni la temono, la fuggono, altri la invocano e la cercano. Ma tutti, in un modo o nell’altro, trovano il modo di beffarla: che ne sa infatti lei della vita? “Occupata a uccidere, lo fa in modo maldestro, senza metodo né abilità. Come se con ognuno di noi stesse imparando”. Si passa dalla donna malata che gira sul palco con la flebo e come se avesse ormai fatto pace con il pensiero della morte, si accoccola sulle sue gambe per fare un sonnellino. Al rider che viene letteralmente catapultato sul palco dalla quinta col frastuono di un incidente, ma rianimato torna sulla strada. All’aspirante suicida con il cappio al collo, eterno indeciso sull’essere o non essere, che intraprende un balletto esilarante con la morte costretta ad alzarsi e sedersi più volte da quella panchina. Alla coppia di anziani mano nella mano che non vorrebbero congedarsi, in una delle scene più commoventi. Alla prostituta che dopo un primo istante di sgomento decide di amoreggiare con la morte. Fino alla giovane coppia in attesa di un figlio, che spinge la madre verso la luce della vita. Ogni personaggio ci parla di sé, senza parole, le maschere si fondono ai corpi che raccontano vite, sentimenti, gioie, dolori, speranze e paure e fanno i conti con l’ultimo viaggio. La morte li accoglie, li abbraccia, li accarezza e, con tenerezza, gli toglie la maschera della vita. Così cade il volto dei vivi nel momento in cui l’essere umano trapassa, così avviene il lento abbandonarsi alla morte con dolcezza, così la poesia restituisce la nostra più profonda identità.

SULLA MORTE SENZA ESAGERARE: la morte celebra la vita

La morte arriva in silenzio, nessuno parla ma tutto è sentito, compreso, persino ascoltato. In questo sottile confine esistenziale, la musica è una vera e propria voce narrante: non si limita ad accompagnare l’azione, ma la scolpisce, alternando momenti di leggerezza e tensione, contribuendo a definire il ritmo e l’atmosfera dello spettacolo. Lo scandire degli inesorabili rintocchi della campana, in perfetta sincronia con la gestualità degli attori, le potenti note dei cori liturgici slavi ad accogliere i morituri, o anche i ritmi latini di Jobim, che festeggiano la vittoria della vita, definiscono la drammaturgia e guidano il pubblico in questo viaggio di scoperta della nostra fragilità terrena. E cosa c’è di meglio per esorcizzare la morte di una musica brasiliana che scatena il ballo, dunque la vita stessa? La musica diventa elemento fondamentale a sottolineare che ogni morte, come ogni vita, è accompagnata da una sua propria melodia. La celebrazione del vivere è rappresentata in scena anche da quel piccolo e spinoso cactus, pianta incurante delle avversità dell’esistenza, che la morte bagna con le lacrime; la sentiamo pulsare nella gioia del bizzarro angelo custode che controlla, ripara, pulisce come un operaio manutentore, ma anche balla e culla la vita che nasce. Infine corregge e licenzia la morte impiegata, attaccando il talloncino adesivo arancione alla sua misera valigetta. La morte stessa non è immortale e, prima di andare in pensione e godere del meritato riposo, come ogni normale lavoratore, deve insegnare il suo mestiere all’apprendista che la sostituirà, in una scena del tutto esilarante.

trailer SULLA MORTE SENZA ESAGERARE, Teatro dei Gordi

Il pubblico dal pianto al riso ne LA MORTE SENZA ESAGERARE

L’iniziale impressione solenne e angosciante del momento della dipartita lascia spazio a un clima leggero e ironico, attraverso le musiche ritmate, i colori vivaci dei costumi e delle maschere, la gestualità e le numerose situazioni comiche. Questa tendenza trova corrispondenza nella reazione del pubblico che passa dal silenzio pieno di concentrazione a vere e proprie risate. Il fluido susseguirsi delle scene, brevi e immediatamente leggibili, l’abilità mimica e recitativa degli attori sanno coinvolgere emotivamente in questa poetica riflessione sulla vita, che sbeffeggia con bonario sarcasmo la morte e che, se presa anch’essa laicamente per quello che è, fa meno paura. A fine spettacolo la compagnia chiama gli spettatori a bordo palco a toccare con mano le maschere, a farsi un imperdibile selfie con la morte.

Non c’è vita
che almeno per un attimo
non sia stata immortale.

La morte
è sempre in ritardo di quell’attimo.

SULLA MORTE SENZA ESAGERARE

ideazione e regia Riccardo Pippa
di e con Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Matteo Vitanza
scene, maschere e costumi Ilaria Ariemme
produzione Teatro Franco Parenti / Teatro dei Gordi
Premio Anct 2020_Premio Nazionale della Critica Teatrale / Premio Hystrio-Iceberg 2019 / Selezione Visionari Kilowatt Festival e Artificio Como 2016 / Vincitore all’unanimità del Premio alla produzione Scintille 2015 / Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro 2015, indetto dall’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine: spettacolo vincitore del Premio Speciale, Premio Giuria Allievi Nico Pepe e Premio del Pubblico

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