il capolavoro di equilibrio del presidente Miele – AlessioPorcu.it

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“Se l’obiettivo è il futuro del Paese e dei figli è auspicabile ristabilire un rispettoso e corretto rapporto tra politica e magistratura”

Come ogni anno si è svolta la cerimonia di inaugurazione dell’ anno giudiziario presso la Corte dei Conti. Come ogni anno è stata spunto di notevoli riflessioni sull’andamento di una delle istituzioni più importanti del nostro sistema nazionale. Ed anche quest’anno la relazione tenuta dal presidente Miele è stata improntata ad una analisi lucida e completa dell’andamento della Corte sia al proprio interno sia nell’impatto presso la pubblica amministrazione e nella società in generale.

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In un momento come questo di grande dibattito tra le forze politiche e la magistratura, caratterizzato spesso da scontri e reciproche polemiche la relazione del Presidente Miele è caratterizzata a mio avviso da una parola: equilibrio. Una parola rara da sentir pronunciare in questi tempi ed ancor più rara da vedersi applicata ma che in questa relazione invece è filo conduttore.

La chiave: equilibrio tra i poteri

Equilibrio tra i poteri. O come meglio li definisce il presidente tra le funzioni. Equilibrio nelle decisioni. Equilibrio nella componente umana del giudicante. Ed infine analisi e riforme per dare equilibrio alle future nuove sfide e funzioni della corte. E la funzione fondamentale della corte per dare equilibrio a tutto il sistema.

La relazione inizia con un concetto fondamentale. Che pone la corte come “presidio di legalità” che lavora nell’interesse dei cittadini. Si legge infatti nell’incipit: “Nell’esercizio delle sue attribuzioni di controllo e giurisdizionali la Corte dei conti costituisce un presidio di legalità, oltre che un presidio di democrazia”.

Presidio di legalità

Questo “in considerazione del fatto che la stessa agisce nell’esclusivo interesse generale. E segnatamente nell’interesse dei contribuenti che hanno il diritto di esigere che le risorse da essi versate allo Stato siano impiegate secondo canoni di efficienza, di efficacia, di economicità e nel rispetto delle leggi, e soprattutto con la massima diligenza possibile.

Ma subito si entra nel capitolo sulle innovazioni legislative riguardanti la Corte dei Conti. Non prima di aver menzionato le continue proroghe le cosiddetto “scudo erariale”. Che prevede la limitazione della responsabilità per danno erariale di amministratori e dipendenti pubblici ai soli casi di dolo o di inescusabili condotte omissive, escludendo, quindi, le contestazioni per colpa grave per le condotte commissive.

Lo scudo di Conte

Nato col governo Conte del 2020 è stato prorogato da tutti i governi fino al 30 aprile 2025. Invero ricorda la corte che vi era l’obiettivo di garantire il tempo necessario al Parlamento per completare la riforma organica della Corte dei conti, ma non sono state approvate disposizioni legislative. Che hanno riguardato la disciplina della responsabilità amministrativa di amministratori e dipendenti pubblici o l’organizzazione della Corte dei conti.

Giuseppe Conte

E questa funzione avrà la legge in discussione a primo firmatario Foti presentata nel 2023 e tuttora all’esame del parlamento. Ed anche in questo delicato passaggio si coglie tutta l’autorità della corte unita però a quel senso di equilibrio e rispetto dei ruoli e delle istituzioni cosi necessario e fondamentale proprio in questo periodo.

Il “garbo del silenzio”

Scrive infatti il presidente Miele: “Essendo la stessa tuttora all’esame del Parlamento, ritengo corretto non formulare osservazioni sul merito delle proposte previste dalla stessa. Credendo fermamente nel principio affermato dalla nostra Carta costituzionale secondo cui la legge la fa il Parlamento e il giudice è chiamato solo ad applicarla. Le opportune e necessarie osservazioni al riguardo, in uno spirito di leale e costruttiva collaborazione, sono state fatte dai vertici della Corte, fra cui chi vi parla, e da autorevoli studiosi, nelle prescritte sedi istituzionali in occasione delle audizioni innanzi alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia della Camera, oltre che dalle Sezioni riunite della Corte dei conti in un apposito parere”.

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E non si avrà difficoltà nel cogliere con quanta autorevolezza il presidente pur restando nell’alveo delle istituzioni esprima comunque un giudizio importante. Giudizio sulle importanti modifiche legislative in corso ma lo faccia non col piglio dello scontro fra istituzioni ma in quello di leale collaborazione. Che è l’unico modo possibile, perché dialogando tra poteri si possa produrre una buona legge.

Intento e direzione

Ma si capisce comunque con chiarezza l’intento e la direzione da seguire quando scrive: “Nell’attuale contesto strutturale e funzionale della pubblica amministrazione, dopo il passaggio da una amministrazione fondata sulla mera legittimità formale, di stampo liberale, alla amministrazione di risultato, occorre maggiormente valorizzare le funzioni di controllo e consultive della Corte dei conti. Anche nelle sue articolazioni a livello regionale. Io credo, infatti, che oggi alla Corte si chiede un nuovo ruolo e nuove funzioni, nell’interesse del Paese, delle pubbliche amministrazioni pubbliche e dei cittadini.”

In cui questo passaggio solo accennato tra “la mera legittimità formale” per arrivare alla “amministrazione di risultato” si comprende comunque appieno lo sguardo rivolto alle evoluzioni in corso per la corte e la sua modernizzazione per restare al passo completo con i tempi. Un concetto molto opportuno che a volte non viene analizzato con la stessa chiarezza e lucidità. La relazione vera e propria in senso tecnico poi si articola in quattro punti iniziali.

Descrizione minuziosa

Gli aspetti generali, i giudizi di responsabilità, i conti giudiziali, i giudizi pensionistici. Nei quali viene minuziosamente descritta ed articolata la copiosa attività della corte nei vari settori. Con numeri come sempre molto importanti e corposi e con una generosità ed articolazione di fattispecie molto numerosa.

Ma al di fuori dei numeri la parte più coinvolgente è quella riguardo “il rinnovamento del paese e le riforme in atto”. Anche qui divisa in cinque punti fondamentali degni di un trattato giurisprudenziale del più alto livello. Le riforme istituzionali, La tutela dei diritti e la riforma della giustizia, Il rapporto fra Etica e Giustizia. L’esigenza di una giustizia umana, Il ruolo istituzionale della Corte dei conti e le proposte di riforma delle sue funzioni. Cinque punti come si suol dire pesanti. Che analizzano a fondo l’attuale scenario italiano da un punta di vista privilegiato.

Le riforme istituzionali

Tommaso Miele (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Quello sulle riforme istituzionali è forse il passaggio più alto ed evocativo della relazione. Vale la pena citarlo quasi integralmente perché come cita il presidente stesso “ogni cosa torni al suo posto” e lo faccia secondo i dettami della Costituzione. Scrive così il presidente Miele: “Noi abbiamo la responsabilità generazionale di lasciare ai nostri figli valori importanti e un Paese moderno, assicurando loro istituzioni efficienti e ben funzionanti, un’economia sana e una società radicata su quei valori che ci hanno consegnato i nostri padri costituenti”.

“Per questo motivo occorre guardare con attenzione a riforme volte a conseguire l’obiettivo del buon funzionamento delle istituzioni e della pubblica amministrazione. È auspicabile quindi che nell’interesse del Paese, delle famiglie, delle imprese e dei cittadini si ristabilisca un rispettoso e corretto rapporto fra le forze politiche, fra le istituzioni, fra politica e magistratura.

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L’appello al rispetto

“Quando l’obiettivo è il futuro del Paese e dei nostri figli – che dovrebbe essere condiviso da tutti – è auspicabile che si mettano da parte gli interessi di parte. Le divisioni e le contrapposizioni strumentali al conseguimento di fini particolari, e che si riaffermi un corretto e leale rapporto di collaborazione fra le istituzioni, fra le forze politiche e fra i poteri dello Stato”.

Non può negarsi che negli anni passati, “a partire dall’inizio degli anni Novanta, ci sono stati sconfinamenti fra organi e poteri dello Stato nell’esercizio delle rispettive funzioni. Oggi è più che mai necessario che si ristabiliscano i ruoli che la Costituzione assegna a ciascun organo e a ciascuna istituzione, e che si ristabilisca un corretto rapporto fra di essi, in cui ciascuno faccia solo, e soltanto, ciò che deve fare nel solo perseguimento dell’interesse pubblico”.

Per il buon funzionamento delle istituzioni è auspicabile che – come ha scritto un noto costituzionalista – “(..) ogni cosa torni al suo posto”, e il posto non può essere che quello previsto dalla Costituzione. Se la dialettica tra istituzioni è per molti aspetti fisiologica, la bussola per l’ordinato svolgimento dei rapporti tra esse non può che essere, infatti, la Costituzione.”

Le parole migliori

Quali parole migliori e più intense di queste in un momento di così grande dibattito istituzionale tra poteri. Ma soprattutto quel filo costante ricordato ovunque nella relazione che si agisca in nome e per conto e soprattutto a vantaggio dei cittadini e delle nuove generazioni. La tutela dei diritti e la riforma della giustizia. È un altro dei capisaldi della relazione. “Ricostituzionalizzare la giustizia” è il concetto chiave.

(Foto: Bruno Weltmann
© DepositPhotos)

Scrive infatti Miele: “Da anni il nostro Paese vive una crisi della giustizia che si riflette nella vita sociale, nella politica e nell’economia, sulla tutela dei diritti e delle garanzie. L’attuale contrapposizione fra politica e magistratura non giova al Paese, alle forze politiche, non giova alla stessa magistratura, che deve recuperare credibilità e prestigio”.

Tornare alla Costituzione

“Occorre tornare alla Costituzione, occorre – come ho avuto modo di dire in precedenti occasioni – ‘ricostituzionalizzare la Giustizia‘, avendo ben presente quanto previsto dall’art. 101 Cost., secondo cui ‘i giudici sono soggetti soltanto alla legge’. Ciò sta a significare, da un lato, che il giudice non è assoggettato ad alcun altro potere, essendo in un Paese democratico la magistratura autonoma ed indipendente da ogni altro potere. Dall’altro, che non può e non deve diventare egli stesso legislatore, in quanto in un Paese democratico – come ho avuto modo di anticipare – la legge la fa il Parlamento e il giudice deve limitarsi ad applicarla (art. 101 Cost.).”.

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(Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

E prosegue “È bene che si chiuda una stagione in cui la cultura del giustizialismo e la giustizia intesa come vendetta, se non addirittura come strumento di contrapposizione politica, hanno, assai spesso, compresso le garanzie e i diritti dei cittadini. Ovvero, in taluni, casi, impedito o contrastato le legittime scelte operate dal legislatore. Se una norma presenta dubbi di contrasto con la Carta costituzionale o con la normativa europea vi sono gli strumenti previsti dall’ordinamento per superare ogni possibile dubbio o contrasto.

Ben vengano le riforme

Ben vengano, quindi, riforme volte “a riaffermare quei diritti, quelle garanzie e quelle libertà tutelati nella nostra Costituzione e a riaffermare la cultura del garantismo. Il pieno rispetto dei diritti di libertà del cittadino, la dignità della persona, riuscendo a coniugare difesa sociale e tutela dei diritti e delle garanzie. Per questo, come ho detto anche in altre occasioni, e non mi stancherò mai di dirlo, la Giustizia deve essere una giustizia rapida, efficiente, e soprattutto deve essere una Giustizia giusta, umana, rispettosa dei diritti e della dignità del cittadino. Finalizzata alla affermazione della Giustizia e all’accertamento della verità e non al giustizialismo e alla vendetta”.

“Noi giudici soprattutto dobbiamo avere piena consapevolezza degli effetti delle nostre decisioni. Dobbiamo avere consapevolezza del fatto che esse incidono sulla vita delle persone, sulle loro famiglie, sulla loro dignità, sulle loro relazioni sociali.”. Ripercorrendo così quel concetto di “giustizia umana” già altamente percorso nelle relazioni degli anni scorsi e che ha nobilitato ancora di più il concetto di giustizia espresso nella relazione”.

Rapporto tra morale e giustizia

Il rapporto tra etica e giustizia poi è fondamentale. E la distinzione che il presidente Miele fa tra “funzione” e “potere” è fondamentale e fondante nell’etica della giustizia. Scrive infatti il presidente: “Occorre ristabilire un clima più sereno e più equilibrato nell’amministrazione della giustizia, improntato ad un forte rapporto fra Etica e Giustizia”.

“Al riguardo non può negarsi che negli anni ci sono stati sconfinamenti fra organi e istituzioni nell’esercizio delle rispettive funzioni. Oggi è più che mai necessario che si ristabiliscano i ruoli che la Costituzione assegna a ciascun organo e a ciascuna istituzione. E che si ristabilisca un corretto rapporto fra di essi, in cui ciascuno faccia solo, e soltanto, ciò che deve fare nel solo perseguimento dell’interesse pubblico”.

Funzione e potere

Un corretto rapporto fra Etica e Giustizia vuole “che la “funzione” non diventi mai “potere”. L’esercizio della funzione giurisdizionale o di controllo (come di ogni altra funzione, anche amministrativa) non deve mai diventare “potere”. Essa diventa “potere” quando se ne abusa e la si deforma, la si indirizza a fini diversi da quelli previsti dalla Costituzione e dalla legge”.

L’esigenza di una giustizia umana. È poi un altro dei fili conduttori che hanno percorso le varie relazioni degli ultimi anni. E la cadenza con la quale viene riproposta nelle varie relazioni testimonia la concreta convinzione della presidenza su un tema cosi delicato e dirimente. “La giustizia non deve essere vendetta e deve essere soprattutto umana”. Si legge e mai parole furono più apprezzabili.

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Giudicare senza mestiere

“Il giudicare non deve mai diventare “mestiere”, abitudine, fredda applicazione della legge, come se fosse una mera elaborazione di dati in un computer: il giudice deve essere umano, si deve sempre, e ogni volta, far carico del caso specifico. E del fatto che la questione su cui è chiamato a giudicare, anche se per lui è abitudinaria, assume per l’imputato. O per le parti nel giudizio civile, o per il convenuto nel giudizio innanzi alla Corte dei conti, una valenza “particolare”, una importanza e una rilevanza vitale, nel senso etimologico della parola, nel senso che può cambiargli la vita”.

Il giudice non deve dimenticare che dietro le carte di un processo, “dietro ad un fascicolo pieno di carte, ci sono persone – e famiglie – che soffrono “la pena del processo”, soprattutto se innocenti, persone a cui vanno date risposte in tempi ragionevoli, in tempi quanto più possibile brevi. Il tempo che scorre è già una condanna, specie se già il solo fatto di essere sottoposti ad un processo viene comunque strumentalizzato, attraverso una micidiale macchina del fango, sui media e sui social network”.

Mai estraneo al tormento del giudicato

Il giudice non deve mai considerarsi estraneo al tormento di colui “che è chiamato a giudicare. E giammai deve porsi nei suoi confronti con l’alterigia del migliore, con la presunzione del sapere, con la certezza di chi si ritiene depositario del giusto e del vero, con il compiacimento del potere. Il giudice deve accostarsi con umiltà alle responsabilità del suo servizio, e deve sapere che ogni suo giudizio, anche il più convinto e meditato, è solo un tentativo di accertare una verità che resta pur sempre, ed in ogni caso, relativa.”

Tommaso Miele (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Mai parole furono più consone al ruolo vero di un giudice. Molto spesso concetti dimenticati ma che risuonano a monito per chiunque eserciti il difficile ruolo di giudicare. Ed il fatto che siano così chiaramente e compiutamente ribadite non fa che accrescere il senso di fiducia nell’istituzione giudiziaria. Fiducia che in un momento come questo di grandi dibattiti e scontri resta un pilastro fondamentale ed ineliminabile.

Un ruolo diverso

Il ruolo istituzionale della Corte dei conti e le proposte di riforma delle sue funzioni è il quinto punto della relazione. Quello che più guarda al futuro. Scrive Miele Oggi, tuttavia, il Paese chiede anche alla Corte dei conti un ruolo diverso. Più che incutere paura e sanzionare le amministrazioni e gli amministratori a posteriori, chiedendo loro ingenti risarcimenti. A volte a distanza di anni dai fatti che hanno dato origine al danno, essa deve essere un punto di riferimento, deve svolgere un ruolo di assistenza e di guida preventiva, prima che il danno venga cagionato, piuttosto che intervenire dopo che lo stesso sia stato prodotto, e peraltro, con scarse possibilità di effettivo recupero.

“Oltre ad una regolazione chiara, occorre guardare, quindi, ad una Corte dei conti che effettui tempestivamente ed efficacemente i controlli. E che riesca anche a stare vicino ed a rassicurare gli amministratori avendo cura di non ingerirsi nella gestione attiva dell’amministrazione”.

Le possibili innovazioni

Per attenuare e superare la paura di firmare provvedimenti da cui possono derivare ipotesi di danno erariale, “si potrebbe, quindi, pensare a possibili innovazioni sul fronte del controllo. Apliando le ipotesi degli atti assoggettati al controllo preventivo di legittimità ad alcune specifiche alcune fattispecie particolari, e rendendo effettiva la funzione consultiva già intestata alla Corte dei Conti”.

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(Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

E prosegue con una coraggiosa analisi rispetto alle proposte legislative in corso: “Contrariamente a quanto ritengono anche molti miei colleghi, io ritengo che la proposta di legge Foti all’esame del Parlamento non indeboliscano affatto il ruolo della Corte e non riducano assolutamente i controlli. Anzi, io ritengo che le proposte di riforma all’esame del Parlamento vanno nella giusta direzione e fanno della Corte una Istituzione al Servizio della buona amministrazione. Una Corte che sia un volano e non un freno per rilancio il Paese e dell’economia.

“Aperti al rinnovamento”

Anche noi magistrati dobbiamo essere aperti al rinnovamento e “(..) non continuare a dire la messa in latino”, senza arroccarci a difesa di posizioni non più adeguate ad una amministrazione in corso di rinnovamento, per fare in modo che gli amministratori e i funzionari pubblici non debbano più guardare alla Corte dei conti, nelle sue diverse funzioni. Con timore o con diffidenza, ma debbano, piuttosto, vedere nella Corte dei conti una risorsa. La migliore e più sicura alleata per realizzare e garantire quei diritti alla legalità, al buon andamento, all’imparzialità dell’azione amministrativa. Ed alla corretta gestione delle risorse pubbliche che la Carta costituzionale ha voluto garantire ed assicurare a tutti i cittadini.”

Un passaggio di grande spessore istituzionale e politico in un momento così delicato denota grande personalità ma soprattutto grandissima autorevolezza e senso delle istituzioni. Doti che oggi non sono più diffuse come un tempo nel paese.
Conclude una relazione precisa e razionale ma anche moderna e di visione. E lo fa un una fase storica dove l’esigenza istituzionale di punti fermi su cui costruire è fondamentale.

Presenze fondamentali

Così come è fondamentale la presenza nella nostra società di uomini di stato come il presidente Miele. Ed anche denota la grande autorevolezza di questa presidenza in grado di porre consigli e critiche dove serve ma sempre nel solco della costituzione e di quel ruolo che questa assegna. E sarebbe errato pensare che un indirizzo così marcatamente istituzionale contrasti con quello di altre importanti relazioni giudiziarie improntate più al contrasto che al confronto. È questo a nostro avviso il modo ed il luogo dove eminenti magistrati come il presidente Miele possono porre il loro contributo fondamentale alla crescita del sistema giudiziario prima e poi alla funzione che questo secondo la costituzione svolge nell’intero sistema paese.

È questo il modo più corretto ed autorevole di porre questioni di tale rilevanza costituzionale. Quello che mette in primo piano la tutela dei cittadini. Che privilegia le istituzioni alle persone. Che parla di etica e giustizia. E che sente la necessità di una giustizia umana. E che nei confronti delle riforme si pone con spirito costruttivo quasi da padri costituenti.

La visione prospettica

È per questo che l’equilibrio la parola che abbiamo eletto per descrivere questa inaugurazione 2025 è la parola chiave sia nel suo significato letterale di far stare le cose al loro naturale posto. Ma anche nella sua forma dinamica di fare in modo che le cose in quell’equilibrio ci restino anche per il futuro.

Ed questa visione lucida e di prospettiva non può che essere un punto fermo per le istituzioni del futuro così come la presenza del presidente Miele è la chiave di volta di questo armonico equilibrio così sapientemente descritto.

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