I tagli degli aiuti USAID voluti da Musk e l’impatto sull’informazione indipendente nel mondo

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di: Andrea Braschayko (Valigia Blu), Lola García-Ajofrín (El Confidencial, Spagna), Aleksandar Samardjiev (OBCT, Macedonia del Nord), Darko Kurić e Lorenzo Ferrari (OBCT Italia), Petr Jedlička (Denik Referendum, Repubblica Ceca), Gabriel Bejan (Hotnews, Romania), Emma Louise Stenholm (Føljeton, Danimarca)

Lo scorso 20 gennaio, l’amministrazione Trump ha annunciato la sospensione immediata di tutti i finanziamenti e delle operazioni dell’agenzia governativa USAID per 90 giorni, che potrebbe essere definitivamente smantellata, definita dal presidente americano come un’agenzia “incompetente e corrotta”.

USAID è in maniera innegabile anche uno strumento del soft power americano, ma l’atto di bullismo di Elon Musk e Trump verso essa decreta soprattutto l’interruzione di una fonte di sostegno finanziario fondamentale in diverse aree del mondo. La sua interruzione improvvisa, infatti, mette in pericolo milioni di vite.

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Ad esempio, la decisione dell’amministrazione Trump di sospendere per 90 giorni i finanziamenti ai programmi di aiuti internazionali ha di fatto congelato il supporto umanitario degli Stati Uniti all’Ucraina. Molte ONG sono state costrette a interrompere le proprie attività, privando dell’assistenza necessaria civili sulla linea del fronte, sfollati interni e famiglie di soldati. USAID, principale fonte di aiuti per l’Ucraina con oltre 37 miliardi di dollari stanziati dal 2022, sosteneva anche gran parte dell’informazione indipendente del paese, lavorando con circa l’80% dei media ucraini secondo Oksana Romaniuk, direttrice dell’Institute of Mass Information (IMI).

Tra le altre cose, i fondi USAID sono stati infatti molto utili a finanziare il sistema mediatico sia in contesti di fragilità, come l’Ucraina, così come nei paesi dell’Unione Europea stessa. Sebbene i programmi per i media promossi dall’UE restino operativi, quest’ultima destina a questo settore una frazione minima del suo bilancio – che peraltro andrà rinegoziata nei prossimi mesi, in un contesto che già registra notevoli pressioni per ridurre il sostegno dell’UE alle organizzazioni della società civile.

Il giornale ucraino Bilopilshchyna, la pubblicazione cartacea più antica dell’oblast di Sumy, vicino al confine con la Russia, con 105 anni di storia, ha smesso di essere pubblicato solo due volte: “Tra il 1941 e il 1943, durante la Seconda guerra mondiale, e tra febbraio e aprile del 2022, quando la nostra zona era sotto assedio russo”, spiega Nataliia Kalinichenko, direttrice di questo giornale con sede nel comune di Bilopillya. 

Kalinichenko, che dirige anche l’Associazione Regionale dei Media di Sumy, racconta che, grazie ai fondi dell’USAID attraverso il programma Internews, ha permesso al suo piccolo giornale di lanciare un’ambiziosa rivista mensile di analisi in collaborazione con un altro media, Peremoga, della vicina Krasnopillya. L’hanno chiamata ‘Spilno-pillya’, un gioco di parole tra ‘Spilno’ (‘condiviso’ in ucraino) e il suffisso nella seconda parte del nome delle due città. Ora il progetto è a rischio per mancanza di finanziamenti. La situazione è ancora più critica per le testate digitali, come Cukr.

Se per i giornali locali e regionali ucraini la dipendenza dai finanziamenti internazionali è minore – a causa della complessità burocratica, spiega Kalinichenko – per alcuni media nazionali è fondamentale. Oksana Romaniuk, direttrice dell’Istituto per l’Informazione di Massa (IMI), stima che il 90% della stampa ucraina dipenda da sovvenzioni e che l’80% dei media del paese riceva finanziamenti da USAID. L’elenco dei media ucraini a rischio a causa dei tagli di USAID è lungo e include testate digitali come Ukrainska Pravda, Hromadske e Slidstvo.info, che hanno indagato su casi di corruzione e abusi di potere, anche durante la guerra.

Uno dei progetti più colpiti è il Media Programme for Ukraine, un’iniziativa finanziata da USAID e implementata da Internews Network dal 2018, con una durata prevista fino al 2025. Si tratta del maggiore investimento nel settore dei media in Ucraina, con un budget di 75 milioni di dollari. Il programma si è concentrato sulla lotta alla disinformazione nelle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina, promuovendo riforme nei media e ha rafforzato le istituzioni chiave che tutelano la libertà di stampa.

Il possibile ritorno degli oligarchi nei media

Nel 2022 l’Ucraina si trovava al 106º posto nel ranking mondiale sulla libertà di stampa di Reporters sans Frontières (97º prima dell’invasione). Nel 2024 è salita al 61º, superando paesi dell’UE come Grecia, Cipro e Ungheria. Senza risorse, i media indipendenti affrontano una minaccia esistenziale. Romaniuk ricorda che, in passato, il panorama mediatico ucraino era controllato da soli cinque oligarchi. “Qualcuno potrebbe approfittare della situazione per assumere il controllo dello spazio mediatico; spero sinceramente che non accada”, avverte.

Per decenni, i miliardi di dollari di USAID hanno avuto un ruolo cruciale nel contrasto a malattie, catastrofi o nella fornitura di acqua potabile. Gli Stati Uniti investivano oltre 40 miliardi di dollari l’anno nella lotta all’HIV, alla malaria, alla tubercolosi e nell’assistenza in caso di disastri nel mondo. 

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La sospensione e il possibile smantellamento di USAID segnano la fine di 60 anni di una delle maggiori leve del cosiddetto soft power americano, che perseguiva la sicurezza nazionale attraverso l’attrazione e non la coercizione. 

“Quando riesci a far sì che gli altri ammirino i tuoi ideali e desiderino ciò che vuoi, non hai bisogno di spendere tanto in minacce e sanzioni per farli seguire il tuo esempio”, scriveva Joseph Nye in Soft Power. The Means to Success in World Politics nel 2004.

La storia dell’USAID

L’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (USAID) fu fondata dal presidente John F. Kennedy con un ordine esecutivo nel 1961. “Non lo fece per puro spirito di carità, né perché negli Stati Uniti si avvertiva la responsabilità di combattere la fame nel mondo”, afferma Michael Crowley, corrispondente della Casa Bianca per il New York Times, in un recente podcast. 

Secondo Crowley, “era una questione di sicurezza nazionale”. Kennedy riteneva che “gli Stati Uniti dovessero dimostrare di non sfruttare il mondo, ma di preoccuparsi del suo benessere” e, in ultima analisi, “di essere preferiti rispetto all’Unione Sovietica”. 

Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno fornito più aiuti esteri di qualsiasi altro paese, con un investimento di circa 60 miliardi di dollari nel 2023, pari all’1% del budget federale, secondo Associated Press. Ora, migliaia di organizzazioni nel mondo, tra cui centinaia di media indipendenti, rischiano la sopravvivenza. 

Sempre secondo Reporters sans Frontières, nel 2025 USAID avrebbe dovuto destinare 268 milioni di dollari (circa 241 milioni di euro) al finanziamento dei media in tutto il mondo.

Chi deve finanziare l’informazione?

Garantire la sostenibilità di un media in un piccolo paese come la Macedonia del Nord, con meno di 2 milioni di abitanti, è una sfida per editori e giornalisti. Aleksandar Manasiev, giornalista con oltre vent’anni di esperienza, racconta di aver assistito alla trasformazione portata da USAID nel panorama mediatico macedone, contribuendo a indagare corruzione, stato di diritto e diritti umani. 

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“Ci vorrà tempo affinché queste piccole e coraggiose redazioni si riprendano, ma non ho dubbi che ce la faranno”, afferma Žaneta Trajkovska, direttrice dell’Istituto di Studi sulla Comunicazione. La misura colpisce anche altre ONG macedoni: secondo un’analisi di TV Telma, più di 72 milioni di dollari destinati a 22 progetti di USAID sono stati bloccati nel paese.

La sospensione dei fondi statunitensi ha innescato un acceso dibattito su chi debba finanziare l’informazione. Peter Erdelyi, direttore del Centro per i Media Sostenibili in Ungheria, sottolinea che il supporto pubblico non determina automaticamente la qualità dell’informazione. “Si può avere sostegno pubblico e fare giornalismo di interesse pubblico, o essere semplicemente strumenti di propaganda”, afferma. Secondo lui, il sostegno pubblico è spesso necessario per garantire la sopravvivenza di alcune forme di giornalismo. “L’alternativa è non avere affatto certi tipi di giornalismo”, conclude.

Erdelyi ritiene che, purtroppo, il modello di business del giornalismo sia cambiato radicalmente negli ultimi anni, al punto che il sostegno del settore pubblico è diventato indispensabile. “Molte forme di giornalismo sono semplicemente impossibili da realizzare in altro modo”, aggiunge. “E la questione non è se il supporto pubblico sia la soluzione ideale, perché non lo è”, puntualizza. “Ma l’alternativa è non avere affatto alcuni tipi di giornalismo”, conclude.

I media rappresentano solo la punta di un iceberg che sta scuotendo organizzazioni in tutto il mondo. In Romania, il programma nazionale di prevenzione del traffico di minori, dal valore di 10 milioni di dollari e finanziato dal governo statunitense, è stato anch’esso bloccato alla fine di gennaio, come confermato a HotNews da Mihaela Năbar, direttrice esecutiva di World Vision Romania, una delle organizzazioni coinvolte.

In Repubblica Ceca, il principale beneficiario degli aiuti statunitensi è la grande organizzazione non profit People in Need, attiva in programmi umanitari e di sviluppo, ma anche nella promozione della democrazia. Il suo budget annuale ammonta a 243 milioni di euro, di cui 68 milioni provenienti da sovvenzioni statunitensi. L’ultima tessera del domino a cadere è stata il Consiglio Danese per i Rifugiati, che ha annunciato di dover licenziare 2.000 dipendenti.

Per comprendere l’impatto di questa sospensione in Europa, basta guardare ai Balcani. Negli ultimi quattro anni, USAID ha destinato 1,7 miliardi di dollari ai Balcani Occidentali, di cui oltre 400 milioni solo alla Bosnia ed Erzegovina. Dal 1995 al 2024, gli Stati Uniti hanno investito circa due miliardi di dollari nel paese. Solo nel 2024, 40 milioni di dollari sono stati assegnati a un paese di circa tre milioni di abitanti. La brusca interruzione ha portato alcuni giornali a non poter pagare gli stipendi di febbraio o a rinunciare ai servizi di contabilità e supporto informatico. 

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Le conseguenze a lungo termine sono ad ora imprevedibili, ma non potranno che essere disastrose: la distruzione del sistema mediatico iniziata da Musk con l’acquisizione di Twitter due anni fa, è entrata nella sua fase cruciale. E riguarda il mondo intero.

Questo articolo è stato realizzato nell’ambito delle Reti tematiche di PULSE, un’iniziativa europea che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali

Immagine in anteprima: frame video YouTube via Five Minutes News



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