I lavoratori sono troppo stressati. Alle aziende chiedono benessere

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I lavoratori chiedono benessere alle aziende – Archivio

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Le aziende come hub del benessere. Sembra essere questa la filosofia che accomuna dipendenti e datori. «Stiamo assistendo a un rimescolamento del senso del lavoro – spiega Giorgio De Rita, segretario generale del Censis, presentando i dati dell’VIII Rapporto sul welfare aziendale –. Negli ultimi 20 anni i lavoratori under 35 sono calati di un terzo a causa della denatalità; si è ridotto il welfare pubblico ed è aumentato il lavoro da remoto. Tutti questi fattori hanno dato maggior poter contrattuale ai giovani lavoratori, vista la difficoltà delle imprese ad attrarre e trattenere talenti».

Soprattutto dopo la pandemia, sono da registrare tre milioni di dipendenti affetti dalla “sindrome da corridoio”, cioè l’osmosi di ansie e disagi tra lavoro e vita privata, che riduce drasticamente il benessere soggettivo, la qualità della vita e la salute mentale. Il 25,7% dei dipendenti si porta al lavoro i problemi di casa, privati, con effetti negativi sulla performance lavorativa, il 36,1% si porta i problemi lavorativi a casa con effetti negativi sulle relazioni familiari, amicali eccetera. Si portano a casa i problemi lavorativi con relativi effetti negativi il 41% dei più giovani, il 34,9% degli adulti e il 33,7% dei più anziani. Si portano invece al lavoro i problemi di casa restandone negativamente condizionati, il 22,7% dei dipendenti giovani, il 29,2% dei dipendenti adulti e il 20,6% dei più anziani.

Proprio per questo motivo l’83,4% dei dipendenti ritiene una priorità che il suo lavoro contribuisca al proprio benessere olistico, fisico e psicologico. Condivide tale priorità il 76,8% dei dirigenti, l’86,1% degli impiegati e il 79,5% degli operai. E anche il 75,0% dei dipendenti tra 18 e 34 anni, l’85,7% tra 35 e 54 anni, l’88,4% dai 55 anni in su. Il 31,8% dei lavoratori dipendenti ha provato sensazioni di esaurimento, di estraneità o comunque sentimenti negativi nei confronti del proprio lavoro, cioè forme di burn-out. Tale stato psicologico coinvolge il 47,7% dei giovani, il 28,2% degli adulti, e il 23% dei dipendenti più anziani. Molte le sofferenze sperimentate dai dipendenti poiché il 73,0% ha vissuto situazioni di stress o ansia legate al lavoro; il 76,8% non sempre è riuscito a trovare un equilibrio tra vita privata e lavoro; il 75,9% si sente spesso sopraffatto dalle responsabilità quotidiane; il 73,9% sente di avere troppa pressione addosso quando lavora. Inoltre, il 67,3% ha provato frustrazione per via del mancato supporto da parte del datore di lavoro; il 68,5% sente che in azienda non viene promosso un ambiente lavorativo buono e sano; il 65,0% ha comunque difficoltà a concentrarsi sul lavoro a causa dello stress; il 36,7% è andato da uno psicologo o ha fatto ricorso al counseling a causa del proprio lavoro.

«L’anelito al benessere è di tutti e riguarda tutte le dimensioni: fisica, mentale, sociale ed economica – sottolinea Alberto Perfumo, amministratore delegato di Eudaimon -. I tempi sono maturi per le aziende per proporsi come hub del benessere, garantendo ascolto e accompagnamento alle soluzioni, da quelle più piccole e quotidiane a quelle più articolate, private e pubbliche. Un ruolo nuovo che garantisce più attenzione alle persone e maggior coinvolgimento». Infatti il 63,5% dei dipendenti vorrebbe svolgere attività di meditazione o yoga e ricorrere a uno psicologo; il 38,2% ritiene che la meditazione lo aiuterebbe a gestire meglio lo stress. Per affrontare gli effetti delle sofferenze da lavoro è forte la richiesta di tempo: l’89,4% vorrebbe più tempo per sé stessi e le cose che piacciono, l’86,2% per stare di più con amici e parenti, il 78,9% per svolgere attività fisica, il 73,9% per svolgere attività culturali, il 79,0% per potersi riposare. Per il 94,6% dei dipendenti conta un buon rapporto con superiori e colleghi, cioè un buon clima aziendale, per il 93,1% la possibilità di operare con un certo grado di autonomia, per il 92,2% un riuscito bilanciamento tra vita privata e lavoro, per il 91,6% la flessibilità degli orari, per l’87,6% sentirsi valorizzati in azienda e per il 64,1% lavorare anche in smart working.





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