La gestione del centro diurno O.A.S.I. di Settimo Torinese per persone con disabilità cognitive e fisiche è finita nell’occhio del ciclone. Marco Secci, padre di uno degli ospiti, denuncia con forza quanto sta accadendo e non risparmia critiche all’amministrazione comunale guidata dalla sindaca Elena Piastra e alla cooperativa Il Margine, responsabile della gestione. “È imbarazzante il silenzio e la presa di posizione del Comune di Settimo Torinese su quanto è accaduto al centro diurno O.A.S.I.”, attacca Secci, facendo luce su un sistema che, invece di tutelare i più fragili, sembra alimentare pratiche arbitrarie e dannose.
Secondo Secci, il Comune si è limitato a dichiarare che il servizio agli ospiti, tutti disabili gravi, è comunque garantito, lavandosene le mani e ignorando le ricadute psicologiche devastanti che certe scelte organizzative stanno provocando. A deciderle sarebbero due dirigenti della cooperativa, ben radicate sul territorio, che “nel silenzio e nell’ombra non si preoccupano minimamente delle ricadute psicologiche degli ospiti del centro”. A essere sotto accusa sono i cosiddetti “trasferimenti punitivi” imposti agli operatori, spostati senza preavviso e senza considerazione per il rapporto di fiducia costruito con gli ospiti nel tempo.
“Mio figlio Gabriele è smarrito e nervoso. Non comprende perché i pilastri e i punti di riferimento della sua vita quotidiana spariscono come funghi”, racconta Secci, mettendo in luce il disagio vissuto dalle famiglie. L’impressione è che ci sia una gestione autoritaria e priva di empatia, che non tiene conto delle conseguenze emotive di queste scelte. “Ci sono molte testimonianze di persone che hanno ricevuto gli stessi trattamenti, ad opera delle stesse persone, e che si sono licenziate per sfinimento”, prosegue Secci, denunciando una situazione che sembra reiterarsi nel tempo.
I genitori si aspettavano un confronto aperto con l’amministrazione, ma il Comune ha preferito restare in disparte, accettando passivamente le decisioni della cooperativa. A questo punto la battaglia si sposta sul piano politico: “Chissà, se almeno le forze di opposizione si interesseranno alla vicenda, perché, in alternativa, non resta che rivolgersi agli organi competenti per far luce sul presente e sul passato”, aggiunge Secci, preannunciando possibili azioni legali.
La cooperativa Il Margine si difende parlando di scelte organizzative necessarie, un modello gestionale consolidato che garantirebbe la qualità del servizio. Ma ai genitori queste parole suonano come un insulto. Secci e le altre famiglie sanno che per i loro figli la continuità è fondamentale. Ogni operatore allontanato è un trauma, ogni cambiamento imposto senza spiegazioni è una violenza psicologica. Il Comune e la cooperativa si trincerano dietro regolamenti e decisioni aziendali, ma dimenticano il cuore della questione: il benessere degli ospiti e delle loro famiglie.
Le testimonianze di altri genitori confermano che questa è una prassi consolidata, una modalità di gestione in cui chi si oppone viene allontanato con trasferimenti forzati. Molti operatori hanno scelto di andarsene per non sottostare a queste logiche punitive. Chi prova a chiedere spiegazioni si scontra con un muro di silenzio o risposte burocratiche che non fanno altro che aumentare il senso di frustrazione e impotenza.
Intanto, la vicenda sta prendendo una piega sempre più delicata. Alcune famiglie stanno raccogliendo materiale per presentare un esposto e chiedere un intervento delle autorità competenti. Troppe domande restano senza risposta. Se davvero la cooperativa ha nulla da nascondere, perché i trasferimenti avvengono sempre con questa modalità? Perché chi chiede spiegazioni viene zittito? Perché il Comune si rifiuta di intervenire?
Non si tratta solo di O.A.S.I., ma di un modello di gestione che sembra voler ridurre tutto a una questione amministrativa, dimenticando che qui si parla di persone, di relazioni, di equilibri delicatissimi che non possono essere spezzati in nome di un presunto modello organizzativo collaudato. Secci e gli altri genitori non accettano di essere trattati come spettatori impotenti di un sistema che calpesta i loro diritti. Questa battaglia non riguarda solo loro, ma chiunque creda in un welfare che abbia ancora un’anima.
La rabbia delle famiglie non si spegnerà con un comunicato della cooperativa o con la solita indifferenza dell’amministrazione. Troppi silenzi, troppi giochi di potere sulle spalle di chi non può difendersi. Questa volta, nessuno farà finta di non sentire.
Quando il welfare tradisce: la lotta dei genitori per la dignità dei figli disabili
Il centro diurno O.A.S.I. di Settimo Torinese, nato per essere un rifugio di stabilità per persone con disabilità gravi, il simbolo di un sistema che ignora il diritto alla continuità e alla dignità. I genitori degli ospiti non stanno chiedendo favori, non cercano privilegi. Stanno solo chiedendo che venga rispettata una regola basilare dell’assistenza ai più fragili: la stabilità dei rapporti umani. E invece si trovano di fronte a una gestione cieca e burocratica, che non si preoccupa delle conseguenze devastanti che certe scelte possono avere sulla psiche e sul benessere dei loro figli.
Non è difficile capire che chi vive con una disabilità grave ha bisogno di figure di riferimento costanti. Non è difficile comprendere che la rottura improvvisa di quei legami rappresenta un trauma che non può essere banalizzato come una semplice “scelta organizzativa”. Eppure, è proprio questa l’assurdità che le famiglie stanno combattendo.
La cooperativa Il Margine, responsabile della gestione del centro, giustifica i trasferimenti degli operatori con necessità gestionali e modelli organizzativi collaudati. Ma quale modello può definirsi efficace se ignora la componente umana? Come si può accettare che le decisioni vengano prese senza considerare il peso emotivo sugli ospiti e sulle loro famiglie?
“Mio figlio Gabriele è smarrito e nervoso. Non comprende perché i pilastri e i punti di riferimento della sua vita quotidiana spariscono come funghi”, denuncia Marco Secci, padre di uno degli ospiti del centro.
Le famiglie non si arrendono. Sanno bene che dietro quelle fredde decisioni amministrative ci sono persone reali, ragazzi e adulti che costruiscono faticosamente un equilibrio ogni giorno e che ogni giorno si trovano a dover ricominciare da capo. Il Comune di Settimo Torinese, invece di prendere posizione per tutelare i suoi cittadini più fragili, si nasconde dietro dichiarazioni formali che suonano vuote e distanti. Si appella a regolamenti e competenze, ignorando il vero cuore della questione: il diritto dei ragazzi a vivere in un ambiente sicuro e prevedibile.
Il diritto alla continuità non è un lusso, ma una necessità. Non si tratta di una rivendicazione astratta, ma di un principio fondamentale per garantire il benessere di chi non può difendersi da solo. Quando si toglie stabilità, si crea disagio. Quando si spostano operatori con cui i ragazzi hanno costruito rapporti di fiducia, si mina l’intera impalcatura su cui si regge la loro serenità.
La rabbia dei genitori non si spegnerà con un comunicato della cooperativa o con l’ennesimo silenzio dell’amministrazione comunale. Troppi silenzi, troppi giochi di potere sulle spalle di chi non può difendersi. Questa battaglia non riguarda solo il centro diurno O.A.S.I., riguarda la dignità di ogni famiglia che lotta per il diritto dei propri figli a una vita degna, serena, stabile. E questa battaglia non si fermerà.
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