dalla società civile alle traiettorie spericolate fino alla caduta

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Dal 2017 al 2025, con una breve pausa dovuta ancora a uno scioglimento del consiglio comunale di Taranto. Il venerdì nero di Rinaldo Melucci si consuma alle 12 e 52 minuti: all’ufficio di via Plinio, 17 consiglieri – 15 di opposizione e 2 di maggioranza – consegnano le firme di dimissioni e decretano così lo scioglimento del consiglio comunale. Più prosaicamente, la fine del Melucci bis. Quello che non riuscì un anno fa con la marcia indietro last second di Luigi Abbate, a distanza di dodici mesi va in porto. Ed è una beffa per Melucci poiché stavolta non potrà più essere ricandidabile come sindaco in quanto si è completata la sua seconda legislatura. 

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La sua parabola

Otto anni fa, era il 2017, Rinaldo Melucci entra nella scena politica tarantina da outsider. Finita la doppia consiliatura di Ippazio Stefano, supportato dal centrosinistra anche lui, si punta su un uomo «del fare». Così viene definito allora dal Partito democratico che lo candida dopo un elaborato – come sempre – percorso. A capo di una coalizione di centrosinistra, Melucci vince il ballottaggio contro Stefania Baldassari e viene eletto sindaco. All’inizio, anche a detta sua e di chi gli stava vicino, muove i primi passi in maniera un po’ spaesata. Legittimamente, perché la politica non è il suo pane.

Quel Melucci, però, oggi è un lontano ricordo. La metamorfosi dell’ex sindaco in questi anni è stata totale. Muovendosi con estrema disinvoltura sui diversi fronti politici, flirtando con Emiliano e poi litigando col governatore, abbracciandosi col Pd per poi allontanarsi e sposare la causa di Italia Viva con l’infatuazione per Matteo Renzi. Per non parlare dei rumors che lo hanno visto vicino alla Lega – matrimonio mai ufficializzato – soprattutto con il senatore Roberto Marti.

Ma è proprio con Michele Emiliano che in questi anni è andato in scena un vero e proprio rapporto di odio e amore con strizzate d’occhio di Melucci sull’ex Ilva persino con l’acerrimo nemico del governatore, ossia l’ex ministro Carlo Calenda. Tornando al rapporto col presidente, nella prima giunta Melucci dentro ci sono anche due assessori baresi sponsorizzati proprio da Emiliano. Iniziano i primi strappi, poi le ricuciture. Spesso c’è di mezzo la visione sul Siderurgico. Fatto sta che a nemmeno un anno dal suo insediamento, il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci azzera per la prima volta la giunta. Prima, ma non ultima. Perché in questi anni i rimescolamenti si ripetono, pratica che diventa la cartina di tornasole per decifrare le due legislature: la necessità di tenere insieme, accontentare le varie e variegate esigenze. Un primo punto di svolta arriva a novembre 2021: con le dimissioni irrevocabili di diciassette consiglieri comunali di maggioranza e minoranza la giunta guidata dal sindaco Melucci arriva al capolinea. La storia che si ripete, insomma.

La rielezione

Melucci viene rieletto nel 2022 sostenuto da una coalizione che comprende Pd e Movimento 5 Stelle, mentre il partito renziano di Italia Viva rimane all’opposizione. Ancora una volta Emiliano sponsorizza e appoggia la candidatura di Melucci. È un periodo in cui l’ex sindaco viene annoverato nella classe enfant prodige degli amministratori di centrosinistra. Ma è in questa seconda consiliatura che inizia a scricchiolare il rapporto col Pd non prima, però, di un tentativo di prenderne le redini almeno territorialmente. Il punto di rottura col Pd si ha quando Melucci perde il congresso: il sindaco sta con Bonaccini ma a Taranto Schlein trionfa con 1448 voti. Il sindaco usa toni durissimi parlando di «congresso indecente», della necessità di «un esame di coscienza». Poi si fa fatica a mettere insieme le tappe: la partecipazione alla Leopolda e l’innamoramento con Italia Viva, l’ammiccamento con il governo sui Giochi del Mediterraneo dopo un’iniziale spaccatura, l’inaugurazione del cantiere delle Brt alla presenza di Matteo Salvini, la rottura con il commissario dei Giochi del Mediterraneo Massimo Ferrarese e la faticosa ricucitura.

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In tutto ciò, Melucci torna alle prese con le firme dal notaio lo scorso anno. Il febbraio caldo che poi si ripeterà nel 2025. L’operazione dal notaio di disarcionare il sindaco non riesce l’anno scorso e, clamorosamente, fallisce grazie – o a causa, dipende dai punti di vista – a Luigi Abbate: quello che era stato per anni l’acerrimo nemico con tanto di microfanate e agguati in stile Iena contro il primo cittadino sui temi più svariati diventerà poi perno della maggioranza e presidente del consiglio comunale. L’operazione di “Io C’entro” portata a termine dal presidente del consorzio Asi Costanzo Carrieri è il passaggio più recente: hanno aderito praticamente tutti gli uomini vicini a Melucci, assessori, consiglieri, presidenti di partecipate, uomini di centrosinistra e centrodestra. Ma, stavolta, non è servita a restare in sella. E, come lui stesso ha ammesso più volte, la stanchezza prevarrà sulle valutazioni future e una conferma in politica è sempre più ardua.





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