Operai, cacciatori, contadini, monache, re e regine, imprenditori, soldati, camuni, romani, longobardi, veneziani: questi sono solo alcuni dei protagonisti del composito affresco di persone che stiamo andando a incontrare. Persone vere, che nascevano, vivevano e morivano in cinque posti molto diversi l’uno dall’altro e distanti tra loro nel tempo, ma non così lontani dal punto di vista geografico.
Il percorso che sta per essere raccontato è complesso e allo stesso tempo non lo è. Semplice per noi seguirlo nel suo svolgersi, ma non dobbiamo immaginarlo coronato di viole o tempestato di gemme, soprattutto per chi l’ha creato centimetro per centimetro. O almeno non sempre. È doloroso e faticoso: è fatto di pietra viva, legno, impegno instancabile, ma anche di pietre preziose, di momenti di gioia e di gloria.
Questo percorso parla di un immenso lavoro, lungo tutta la Storia intesa come scorrere di anni, secoli, millenni. Questo è il racconto di cinque posti, ma non di cinque posti qualunque. Parliamo dei cinque siti Patrimonio dell’Umanità Unesco presenti nelle province di Bergamo e Brescia.
Sono, in ordine di iscrizione alla Lista: «Incisioni Rupestri della Valcamonica», primo sito italiano in assoluto a entrare nella Lista nel 1979; Villaggio Operaio di Crespi d’Adda (provincia di Bergamo), nel suo genere uno dei meglio conservati in Europa (anno d’ingresso 1995) e certo uno dei più avanzati dal punto di vista della qualità delle abitazioni, dei servizi e delle tutele offerte alle maestranze; Lucone di Polpenazze del Garda e Lavagnone di Desenzano, dal 2011 iscritti nella Lista nell’ambito del sito seriale transnazionale «Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino»; sempre nel 2011 il complesso monumentale di San Salvatore-Santa Giulia e il Parco archeologico di Brescia romana entrano nella lista all’interno del sito seriale «I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568 – 774 d.C.)». Due siti bresciani ammessi nello stesso anno nel World Heritage non è cosa da poco. E, nel 2017, le Mura Veneziane di Bergamo entrano nel sito seriale transnazionale «Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale».
Cinque luoghi oggi considerati unici e imprescindibili per il mondo intero, che quando sono sorti (non dal nulla, ma dal sudore e dall’uso delle mani e della materia grigia) nessuno sapeva che sarebbero diventati fondamentali, che avrebbero acquisito un valore assoluto per tutti e sarebbe stato ritenuto indispensabile conservarli per le generazioni a venire. World Heritage, l’eredità che si lascia al mondo, la promessa realizzata che un popolo dona al proprio futuro.
La parola Heritage, soprattutto pronunciata alla francese, è bellissima. Rende in modo perfetto l’idea del valore e del significato di un luogo rispetto al trascorrere dei secoli. È un concetto quadridimensionale, insomma, che collega lo spazio e il tempo, noi alle generazioni che ci hanno preceduto e a quelle che verranno, come se fossimo un tutt’uno. Questi siti sono delimitati o definiscono essi stessi un confine.
Concepiti per separare, oggi simbolo di apertura
Le mura di Bergamo sono un divisorio puro, le palafitte un villaggio su impalcato ligneo il cui confine è l’acqua, le incisioni della Valle Camonica un fenomeno culturale circoscritto in un territorio specifico, un villaggio operaio in cui c’è tutto ciò che serve (casa, chiesa, scuola, fabbrica, dopolavoro e persino il cimitero. Dalla culla alla tomba, insomma) e non c’è bisogno di andare altrove, un monastero e un’area sacra (con teatro) romana, centri di potere religioso che la storia (certo non per caso) ha voluto si trovassero in continuità tra loro, uno di fianco all’altro. Separati dal resto della città da un recinto sacro per quanto riguarda il tempio e da spesse mura e portoni ben chiusi per il convento, ma posti nel suo cuore.
Concepiti con lo scopo di separare, oggi tutti questi siti sono simbolo di apertura, di commistione tra epoche, di libero pensiero trasversale. Nati per essere belli e utili ma riservati a pochi, ora sono diventati belli e utili e aperti a tutti. Potrebbe sembrare che ci siano costruzioni od oggetti più suggestivi, più comprensibili, meglio riusciti di altri: in una parola più importanti. Potrebbe essere, ma sarebbe come fare una classifica non tanto degli edifici quanto delle persone che li hanno costruiti, abitati, migliorati e a volte anche distrutti.
Brixia parco archeologico di Brescia romana
In questi siti vivono i palafitticoli che hanno tagliato gli alberi per ricavare i pali su cui costruire le loro case, i Camuni che si sono arrampicati sulle rocce per incidere i pitoti, i romani dell’antica Brixia che andavano al Capitolium a rendere omaggio ai loro dei, i patrizi che abitavano nelle ricche Domus dell’Ortaglia, le monache benedettine che per secoli hanno pregato e camminato dentro la chiesa longobarda di San Salvatore e poi nei chiostri rinascimentali di Santa Giulia, i muratori che hanno lavorato per 27 anni alla costruzione delle Mura Veneziane di Bergamo e i soldati che, una volta finite, le percorrevano giorno e notte per difendere la città dai nemici, gli operai e le operaie che sgobbavano nel Cotonificio e nella centrale idroelettrica e abitavano nell’attiguo villaggio di Crespi d’Adda.
Vicino al villaggio del Lucone di Polpenazze c’erano il Lavagnone di Desenzano, le palafitte del Gabbiano a Manerba e di Lugana Vecchia a Sirmione, la Valle Camonica era una via di comunicazione battuta, Brescia era al centro di un territorio di fiorenti scambi commerciali (e intanto Santa Giulia si arricchiva di strutture e decorazioni).
Bergamo era uno snodo territoriale di cui le grandi potenze dell’epoca volevano il controllo e che, con la costruzione delle Mura, divenne l’estremo baluardo occidentale del complesso sistema difensivo ideato dalla Serenissima per proteggere i propri domini di terra, il Villaggio Crespi ospitò generazioni di famiglie che trasformavano il cotone grezzo proveniente da Nord America e Asia ed esportavano raffinate camicie in Inghilterra, Nord Europa e anche negli Usa. Parliamo di un enorme numero di persone, di relazioni, di creazione di strutture e oggetti, di vita vera.
Tutti loro, spesso senza saperlo, hanno contribuito a compiere imprese che sono state ritenute, e sono, un valore assoluto per tutto il genere umano. Queste persone hanno fatto con le proprie mani le cose che ora sono davanti ai nostri occhi. Queste persone, di cui quasi sempre non sappiamo nemmeno il nome, hanno costruito la storia.
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