Perché le università telematiche sono un fattore di sviluppo

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Sviluppatesi in gran parte senza alcun aiuto da parte della fiscalità generale, le università telematiche stanno contribuendo enormemente all’aumento dell’istruzione della popolazione italiana. Tuttavia, queste istituzioni sono oggetto di continue campagne denigratorie da parte degli organi accademici, in primo luogo la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (Crui).

L’Italia è purtroppo uno dei Paesi europei con la più bassa diffusione dell’istruzione terziaria, con oltre 10 punti percentuali sotto la media europea di laureati (35,1%). Questo enorme deficit nel campo dell’istruzione superiore è dovuto al fallimento del sistema universitario nazionale, che rischia di portare a un clamoroso dissesto dell’intero Paese. L’università tradizionale arranca e fatica a svolgere quella che dovrebbe essere la sua missione principale, formare giovani che siano pronti a entrare nel mondo del lavoro.

Secondo gli accademici il problema è nella mancanza di finanziamenti adeguati da parte della politica, che in realtà risultano in crescita negli ultimi anni, sia in valore assoluto, sia se rapportati al numero degli studenti: dai 7,5 miliardi del periodo pre-Covid, agli oltre 9 miliardi attuali. Su base pro capite, siamo passati da circa 4.700 euro a circa 5.500 euro per ogni studente. Il problema vero sta nell’incapacità delle università tradizionali di soddisfare una quota della domanda potenziale, ossia di quelle persone che si trovano in situazioni di disagio economico o sociale.

Nel giro di pochi anni dalla loro nascita, le università telematiche hanno saputo intercettare una domanda che in precedenza rimaneva quasi del tutto trascurata. Tra l’anno accademico 2013/14 e il 2023/24, il numero di iscritti alle telematiche è cresciuto da poco più di 50 mila a oltre 273 mila, con un boom delle nuove immatricolazioni da meno di 5 mila a più di 26 mila nel medesimo periodo. Come nella nota legge di Say, l’offerta ha creato la propria domanda e nel campo dell’istruzione superiore non vi potrà essere sovrapproduzione per decenni in questo Paese.

Gli atenei digitali hanno rette molto contenute

Gli atenei digitali diventano inoltre un laboratorio costante di «innovazione applicata», in quanto devono sviluppare dispositivi al passo coi tempi ed efficaci in termini di risultati, facendo leva su chatbot e applicazioni dell’intelligenza artificiale. Infine, le università telematiche ottengono dal Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università (Ffo) una quota ridicola (circa 2 milioni su 9 miliardi, ossia lo 0,02%) e si mantengono solo con le rette pagate dagli studenti, rette estremamente contenute e accessibili anche a persone non dotate di particolari mezzi. A parità di finanziamenti per il Ffo, dunque, la crescita delle telematiche determina un aumento enorme dell’offerta formativa, degli studenti serviti e delle risorse complessive destinate alla formazione superiore e anche un aumento dei soldi pubblici a disposizione del sistema universitario tradizionale.

Questo miracolo apparente ha una spiegazione per certi versi banale: ad attirare capitali freschi, che alimentano gli investimenti e consentono di sostenere una crescita degli iscritti impetuosa come quella osservata negli ultimi anni, è la motivazione del profitto. Se gli atenei che vivono di tasse ritengono davvero che il profitto sia un peccato in sé e per sé è davvero grave realizzare un utile in modo casuale. Nel 2023 gli atenei statali hanno infatti chiuso i bilanci con un avanzo complessivo di 900 milioni di euro, ai quali si devono sommare 2 miliardi di patrimonio non vincolato e 7 miliardi di patrimonio vincolato. Un’enorme quantità di denaro sottratta agli investimenti produttivi, che va anche a detrimento dell’offerta formativa.

Di contro, e proprio grazie all’incentivo del profitto, le società proprietarie degli atenei telematici apportano capitali aggiuntivi e ampliano l’offerta formativa, incrementando il volume delle risorse messe a disposizione della crescita del Paese, dell’innovazione e del progresso. Se la transizione digitale è una delle leve per promuovere la crescita, allora le università telematiche sono parte della soluzione e non dei problemi dell’istruzione superiore in Italia. (riproduzione riservata)

*presidente United

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