l’occhio perso, la Banda della Magliana, Mafia Capitale e l’arresto. L’ombra del Nero su Roma

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Il pirata, il quarto re di Roma o il guercio per via dell’occhio perso in seguito a una sparatoria con la Digos nei pressi del valico del Gaggiolo. È sempre lui, Massimo Carminati, da decenni coinvolto nelle trame più oscure della storia criminale d’Italia: dall’omicidio Pecorelli al presunto depistaggio delle indagini per la strage di Bologna passando per il sensazionale furto al caveau della Banca di Roma all’interno del palazzo di giustizia fino a Mafia Capitale. «Er Nero» di Romanzo Criminale dalla metà degli anni ’70 è riuscito quasi sempre a farla franca nei processi, nonostante le accuse di molti pentiti. Ma ora torna in carcere per scontare tre anni e quattro mesi di pena residua dei dieci definitivi disposti nell’ambito dell’inchiesta Mondo di Mezzo che nel 2014 ha sconquassato la Città Eterna facendo emergere la collusione tra funzionari della pubblica amministrazione e diverse società e aziende riconducibili a Carminati e Salvatore Buzzi. Una guerra con lo Stato mai finita, combattuta fin da giovanissimo quando entra nei Nar del suo amico e compagno di scuola Giusva Fioravanti. 

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Massimo Carminati torna in carcere a Rebibbia per residuo pena, deve scontare tre anni e quattro mesi

Il senso dello spettacolo

«Io sono un vecchio fascista e sono felice di quello che sono. Non ho niente da nascondere, niente di cui vergognarmi», urlava nell’aula bunker del carcere di Rebibbia durante una delle tante udienze di Mafia Capitale. Poi il braccio teso davanti alla telecamera per salutare il suo sodale Riccardo Brugia, anche lui coinvolto nell’inchiesta. Ha il senso dello spettacolo Carminati, soprattutto quando sa di essere ripreso. Il filmato che immortala l’incontro del Nero col boss di Camorra Michele Senese accompagnato dall’autista Giandavide De Pau (sì, proprio il presunto killer di Prati) ed entrato nel processo Mondo di Mezzo – si conferma meglio di un film. Il summit prima è amichevole, poi i toni si alzano e Carminati punta il dito contro Senese come per minacciarlo. Senese, uno che «se magna le persone», abbozza e se ne va. 

Nar e Banda della Magliana

Carminati nasce a Milano nel 1957 ma si trasferisce a Roma con la famiglia negli anni sessanta. È nella capitale che inizia a muovere i primi passi tra malavita comune e ambienti politicizzati. Frequenta la sezione dell’MSI di Marconi e poi quella del FUAN di via Siena nel quartiere Nomentano partecipando agli scontri di piazza e cominciando ad accumulare un certo prestigio personale negli ambienti dell’estrema destra romana, grazie alla sua fama di duro e di picchiatore di strada, ricevendo varie denunce per reati di rissa, violenza ed aggressione. Parallelamente, non disdegna frequentazioni puramente criminali: diventa amico di Franco Giuseppucci, «Er Negro», fondatore e primo boss della Banda della Magliana per il quale, come ha raccontanto il pentito della banda Antonio Mancini, faceva «riscossione crediti». Mancini conosce Carminati da «quando aveva tutti e due gli occhi boni». «Era tenuto in considerazione, stimato, mi raccontavano di un suo omicidio a un tabaccaio su ordine di Giuseppucci. Poi un’altra volta De Pedis mi disse che era stato sempre Carminati a far parte del commando che ha ammazzato Pecorelli», aveva raccontato l’Accattone. 

Le rapine

Ma è la sua partecipazione alla rapina alla banca Chase Manhattan nel 1979 a segnare l’inizio del suo coinvolgimento in attività criminali di più ampio respiro. Nel 1995, viene coinvolto nel processo contro la Banda della Magliana, in cui viene chiesta una pena di 25 anni per vari crimini, ma in seguito la sua condanna è ridotta a 6 anni e mezzo. Nel 1999 è accusato di aver orchestrato un furto clamoroso ai danni del caveau della Banca di Roma, rubando ingenti somme di denaro, oro e, si dice, numerosi documenti riservati di avvocati, magistrati e giornalisti. Nonostante le accuse, riesce a ottenere una riduzione della pena grazie all’indulto. Carminati comincia ad avere un ruolo di primo piano nella storia parallela del malaffare della Capitale, ma soprattutto per gli inquirenti diventa un mediatore tra mondi solo apparentemente lontani: i Nar e la Banda della Magliana; la mafia e la politica; o come nel calcio-scommesse con ‘soci’ con stretti collegamenti con esponenti della criminalità calabrese.

Mafia Capitale

La scoperta del ‘Mondo di Mezzo’ porta a galla una zona grigia, di affari e collusioni che hanno corroso la città. Quando avviene il primo blitz dei Carabinieri, il 2 dicembre 2014, il sindaco è Ignazio Marino del Pd, che ha vinto le elezioni contro l’uscente Gianni Alemanno del Pdl. Tanti i pezzi grossi della burocrazia romana coinvolti e tanti gli illeciti bipartisan, proprio come il nero Carminati e il ras delle coop rosse Buzzi. «È la teoria del mondo di mezzo – dice Carminati in una intercettazione – dove tutto si incontra…tutto si mischia…perchè anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno». Il Nero viene arrestato nel dicembre 2014 e condannato in appello nel 2018 a 14 anni e sei mesi di reclusione; la condanna è stata poi annullata, con rinvio per la riformulazione della pena, nel giudizio in cassazione. Il 16 giugno 2020 esce per scadenza dei termini di custodia cautelare, rientra in carcere solo oggi. E la sua ombra sulla Capitale non sembra tramontare mai.

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