Cosa non funziona nella Sanità a Roma e nel Lazio

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La Sanità è da sempre il cavallo di battaglia del presidente della Regione, Francesco Rocca. Non a caso le ha dedicato gran parte della conferenza per fare il punto sui primi due anni di governo, parlando di importanti cambi di passo sul fronte degli investimenti, delle liste di attesa e dei pronto soccorso.

Nello stesso momento, la Fondazione Gimbe ha evidenziato, in due diversi report, due problemi che ancora mettono in difficoltà le famiglie a Roma e nel Lazio, quando si parla di cure: la spesa sanitaria, che è la più alta in tutta Italia, ben sopra la media nazionale. E poi la mobilità passiva, ovvero le prestazioni erogate ai cittadini al di fuori della Regione di residenza. In testa, anche in questo caso, c’è il Lazio.

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La spesa sanitaria delle famiglie

Partendo dalla spesa sanitaria sostenuta dalle famiglie, i numeri (relativi al 2023) includono i costi per: medicinali e prodotti per la salute, servizi sanitari ambulatoriali e ospedalieri e altri servizi sanitari. Da questo punto di vista, se a livello nazionale, la spesa media delle famiglie per la salute ammonta a 1414 euro, nel Lazio questo valore, che è il più alto di tutti, sale a 1852,2.

“L’interpretazione delle differenze della spesa out-of-pocket tra aree geografiche e soprattutto tra Regioni non è univoca – si legge nel report – poiché influenzata da molteplici fattori: qualità e accessibilità dei servizi sanitari pubblici, capacità di spesa delle famiglie, consumismo sanitario e, in misura minore, eventuali rimborsi da parte di assicurazioni e fondi sanitari, oltre naturalmente al numero medio di componenti per nucleo familiare”.

La rinuncia alle cure

Ad alte spese sanitarie nel Lazio si affianca un’elevata percentuale di rinunce alle cure. Che nella Regione è la seconda più elevata in Italia: 10.5%. Ben sopra la media nazionale del 7.6%. “Il numero di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà assoluta – sottolinea, a questo proposito la Fondazione Gimbe – ha un impatto residuale sulla spesa outof-pocket, ma contribuisce significativamente al fenomeno di rinuncia alle cure, aggravando il peggioramento dello stato di salute e riducendo l’aspettativa di vita delle persone più povere del Paese”.

La fuga verso altre Regioni

Tra le maglie nere collezionate dal Lazio c’è anche quella per il più alto indice di fuga, che emerge dal numero di prestazioni erogate ai cittadini al di fuori della Regione di residenza (dati aggiornati al 2022). Con un debito pari a quasi 600 milioni (per la precisione 596.733.182), il Lazio è in testa.

Mentre sul fronte opposto, quello della mobilità attiva, ovvero le prestazioni erogate da ciascuna Regione a cittadini non residenti, che esprimono il cosiddetto “indice di attrattività”, il Lazio si posiziona quarto, con un credito di oltre 400 milioni (403.373.843).

Il saldo, comunque, secondo il report della Fondazione resta “negativo rilevante” e pari a – 193.359.339 euro.

Le liste di attesa

Incidono, per determinare questo quadro piuttosto complesso, i tempi di attesa per visite ed esami. Un problema su cui il presidente Rocca ha più volte detto, portando a supporto una serie di dati, di star lavorando per invertire la tendenza.

In occasione della conferenza sui primi due anni di governo, Rocca ha fatto sapere che chi ha prenotato una visita dal primo gennaio a oggi (oltre 700mila cittadini), nel 95.7% dei casi ha ricevuto un appuntamento nei tempi di garanzia previsti dalla legge. La percentuale sale al 96.5% per le oltre 470mila prestazioni critiche monitorate e prenotate sul Recup.

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A Roma le liste d’attesa sono insostenibili: ecco dove si aspetta di più e per quali esami

Restano però, per ammissione dello stesso Rocca, alcune prestazioni per cui i tempi di attesa sono ancora troppo alti. Andando con ordine, nella Asl Roma a registrare le percentuali più basse di esami e visite erogate entro i termini previsti si contano per: elettromiografia semplice del capo (16.7% e 69.8 giorni di attesa) del tronco (20% e 106 giorni di attesa). Si tratta di un esame che viene utilizzato nella diagnostica neurologica per la valutazione di patologie a carico del sistema nervoso periferico e dell’apparato muscolare.

Tempi lunghi anche per un’ecografia muscolotendinea e osteoarticolare (32.8% e 125.8 giorni di attesa). Nella Asl Roma 2 non c’è alcuna elettromiografia del capo e del tronco erogata entro i termini, con oltre 150 giorni di attesa in entrambi i casi. Nella Asl Roma 3, infine, le maggiori difficoltà si incontrano per prenotare un’elettromiografia semplice del capo (0% e 60 giorni di attesa), ma anche una polipectomia endoscopica dell’intestino crasso (0% e 291 giorni di attesa).



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