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Il nuovo libro di Paolo Patui racconta lo sport che non è solo agonismo
Resistenza, amicizia e capacità di accettare la sconfitta in dieci nuove storie
Arriva in libreria il 22 gennaio “Contro. Dieci storie minime di sport”, il nuovo libro di Paolo Patui, con la prefazione di Marco Pastonesi. Dieci racconti che esplorano discipline come calcio, boxe, canottaggio e ciclismo, narrando vite segnate da ambizioni, sconfitte e dignità. Dalle partite di calcio giocate durante il rapimento di Aldo Moro, ai tornei di ragazzini che si svolgono mentre l’uomo mette piede sulla Luna, fino alle palestre di periferia come luoghi di riscatto, i protagonisti combattono contro i propri limiti e contro le ingiustizie della vita.
In “Contro. Dieci storie minime di sport” Patui racconta, con una scrittura avvincente e profonda, uno sport che non è solo agonismo, ma resistenza, amicizia, e capacità di accettare la sconfitta con dignità.
In occasione dell’uscita Paolo Patui ci regala una piccola riflessione inedita sul pallone. Buona lettura!
C’è il calcio, ma ci sono anche atletica, basket, canottaggio, boxe, tennis, ciclismo e perfino braccio di ferro. C’è Lupo, ma anche Spaccamontagne, Bruciaboschi, Lady Muscolo, Barbablù, il Negro e Chiquito dieci e lode. È citato Gustavo Thoeni, ma anche James Dean e Tony Manero, Gigi Meroni e Gianfranco Zigoni, Larry Bird e Adriano Panatta, George Foreman e Piero Pelù. Si narra di tiri da tre e ganci sinistri, ma anche di Aldo Moro e le Brigate Rosse, Dio e il Vangelo, poliziotti e G8, Po e Tupamaros. Si tratta di adolescenza e coscienza, e dunque anche di sentimenti e sogni, precipizi e redenzioni, complicità e amicizie, cioè sport e vita, lo sport come maestro di vita, la vita come teatro di sport.
Dalla prefazione di Marco Pastonesi
Il suono di un rimbalzo
Paolo Patui e lo sport
«Mi bastava sentire il rimbalzo di una palla per dirigermi immediatamente verso quel suono; poco importava che si trattasse di un pallone calciato contro un muretto o di uno capace di rimbalzare su un acciottolato incerto prima di traforare la retina di un canestro improvvisato. Anche una pallina da tennis o una sfera da pallavolo provocavano in me un’attrazione magnetica e invincibile. Una palla fra le mani o fra i piedi era per me il massimo del divertimento e — a dirla tutta — non era nemmeno necessario si trattasse di una palla vera. Uscivamo dalle mattine trascorse alle scuole medie e ci fermavamo in un angolo di strada poco frequentato a giocare a “sassetto”: erano sufficienti un sasso o una castagna per immaginare di essere a San Siro, quando invece le porte in cui fare gol erano le imboccature dei tombini che si aprivano sul fianco di un marciapiede. Tornavamo a casa con le scarpe graffiate e per mia mamma era una disperazione. Più o meno quella che provai nel cortile di mio nonno, quando, dopo aver calciato il mio primo pallone di cuoio, lo vidi oltrepassare la siepe che delimitava il confine con la casa dei vicini, infilarsi dentro alla finestra spalancata della cucina e finire dentro a un pentolone dove ribolliva il minestrone della signora Teresina. Le presi di santa ragione, ma ci voleva altro per distogliermi dal piacere di giocare. Poi sono arrivati altri anni (di piombo), altre aspirazioni (da cantautore) e altre passioni, tanto che davvero mi sembrava impossibile che si potesse perdere tempo a rincorrere una palla quando c’era il mondo da salvare. Era una pia illusione, ma in ogni caso quello slancio mi ha permesso di guardare con occhi diversi molti aspetti dello sport, della vita e della storia. Mi sono riavvicinato al mondo sportivo quando inevitabilmente anche mio figlio è finito dentro alla trappola del calcio e ho visto e sentito arbitri, allenatori e giocatori “dire fare baciare” le cose più innominabili che si possa immaginare. Ma attraverso certi mondi si deve passare: si impara a conoscere quello che ribolle nell’inconscio di tante persone e si impara a capire che dentro a un quadrato o a un rettangolo di gioco non c’è scampo se non sai soffrire e che il sudore serve davvero a svelare i segreti più intimi di ognuno. Ora tocca ai miei nipoti finire dentro a questo calderone. Spero non ne escano scottati come il mio prima pallone di cuoio finito nella minestra della signora Teresina».
Rassegna stampa
Paolo Patui
PAOLO PATUI è autore di numerosi testi drammaturgici, fra cui Bigatis. Storie di donne friulane in filanda, scritto assieme a Elio Bartolini. È ideatore e direttore artistico della rassegna di resistenza letteraria Leggermente. Premio Etica per la Cultura 2010 e Premio nazionale Storie di Sport 2021. Per BEE ha pubblicato Scusate la polvere , Alfabeto friulano delle rimozioni e Contro, mentre ha curato Il Teatro e la sua città assieme a Francesca Tamburlini.
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