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“Affermazioni false, diffamazione malevola, interferenza elettorale”. Queste sono state le parole che il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha definito il biopic a lui dedicato e non affatto approvato “The Apprentice – Alle Origini di Trump” di Ali Abbasi, il film che né Trump, né Hollywood volevano. Ma allora perché rientra tra i capitoli di questa rubrica? No, non è solamente per le candidature che ha ricevuto all’Oscar per Sebastian Stan (Miglior Attore) e Jeremy Strong (Miglior Attore Non Protagonista).
LA STORIA
“The Apprentice – Alle Origini di Trump” è la storia di come l’attuale presidente degli Stati Uniti è diventato la persona che è oggi. Il film ritrae Trump come un giovane determinato a emergere dall’ombra del padre nel settore immobiliare di Manhattan. Sotto la guida di Roy Cohn, un legale noto per i suoi metodi spregiudicati, Trump apprende tattiche senza scrupoli che lo aiutano nella sua scalata al potere, evidenziando la corruzione intrinseca nel sistema americano.
IL FILM CHE NESSUNO VOLEVA VEDERE
Ali Abbasi è noto per affrontare temi controversi e provocatori nei suoi film. La sua regia spesso esplora argomenti legati all’identità, al potere e alla moralità, con uno stile audace e a tratti disturbante. Nel biopic sul presidente, Abbasi, attraverso la sceneggiatura scritta dal giornalista Gabriel Sherman, va ad attaccare la corruzione da cui Trump è stato tratto. All’inizio del film, il giovane Donald è pieno di ambizioni, vuole costruire un hotel suo e distaccarsi dal padre, ma che deve affrontare delle pesanti accuse di razzismo. Trump decide di rivolgersi all’avvocato più spietato di New York, Roy Cohn, che di corruzione e manipolazione è un genio, il quale però nasconde anche lui quei dettagli che nell’America degli anni ’70 e ’80 sono tra i temi più ambigui e dibattuti quali l’omosessualità e la battaglia contro l’AIDS (del quale Cohn muore sebbene lo abbia negato fino alla fine).
La pellicola di Abbasi è interessante anche dal punto di vista del contesto dal quale è stato realizzato: già dal suo annuncio, sia Hollywood che Trump per una lunga lista di ragioni, volevano fermare la produzione. Dal contenuto scandaloso come lo stupro sulla prima moglie Ivana, ai rischi legali e le minacce di denuncia fino al timore dell’industria cinematografica di subìre boicottaggi o la perdita di pubblico. Non è un caso che nelle sale non sia stato visto a lungo (ma che è ora disponibile su Apple TV noleggiato a 4,99 euro).
Ma un altro dettaglio riguardo a questa pellicola che ha fatto indignare i cinefili che volevano vedere questo film è anche stato per la polemica riguardante Variety, una delle più importanti testate giornalistiche d’America: Sebastian Stan (interprete di Trump nel film), alla proiezione del film, aveva dichiarato che Variety lo aveva invitato a prendere parte ad “Actors on Actors” (una serie di video nel canale YouTube in cui gli attori che hanno partecipato ai progetti più acclamati dell’anno si intervistano a vicenda, tra cui Cillian Murphy e Margot Robbie, Robert Downey Jr. e Mark Ruffalo e Nicole Kidman e Ewan McGregor), ma che non ha potuto prendervi parte proprio a causa del film: “Non avevo trovato un altro attore a farlo con me, avevano troppa paura di parlarne. E non importa, va bene anche così. Non è per accusare nessuno” ha affermato Stan, “Ma è qui che si perde il controllo della situazione. Se davvero parlarne diventa una situazione di timore e disagio, avremo davvero un problema”.
STAN & STRONG, INTERPRETI DA OSCAR
Nonostante questo, il film ha comunque riscontrato successo e il merito va non solo alla regia di Abbasi ma anche ai loro interpreti, i quali hanno ricevuto due candidature agli Oscar: Sebastian Stan per Miglior Attore e Jeremy Strong per Miglior Attore Non Protagonista. Sebastian Stan, noto per i film della Marvel nel ruolo del Soldato d’Inverno, da anni si cimentava in progetti che richiedevano una certa versatilità, una dote innata che ha arricchito, nei suoi 27 anni di carriera, i film e le serie tv a cui ha preso parte. L’attore rumeno naturalizzato americano era stato nominato all’Emmy nel 2022 per aver interpretato Tommy Lee nella serie “Pam & Tommy” e giusto qualche settimana fa ha vinto il Golden Globe per la sua performance in “A Different Man”, film uscito quasi contemporaneamente con “The Apprentice”. In entrambi i film (ma in tutti i progetti a cui ha preso parte), Stan ha provato il suo talento e il profondo rispetto che porta ad ogni suo personaggio (Trump compreso), rimanendo però nella sua dolce e timida umiltà che ha rubato i cuori a molti fan.
Altrettanto spettacolare è stato Jeremy Strong, conosciuto per aver interpretato un altro tipo di Roy in “Succession”, la serie che conta ben 19 Emmy. Strong incarna il personaggio di Cohn in una performance magnetica e ruba la scena ogni volta che appare. La sua capacità di umanizzare una figura così controversa ha contribuito a rendere il personaggio di Cohn complesso e sfaccettato, aggiungendo profondità al film. Questa attenzione ai dettagli e alla psicologia del personaggio ha portato molti a considerare la sua performance come una delle migliori della sua carriera, consolidando ulteriormente la sua reputazione come attore di talento.
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