Sassari Era la prima vera serata di libertà. Appena adolescente, aveva infatti ottenuto dai genitori il permesso di andare in discoteca con le amiche del cuore. Non di notte però, di sera. Tappa al Blu Star di Ossi e la madre sarebbe poi andata a riprendere lei e le altre ragazze all’orario che avevano concordato. Ma quel giorno, per una minorenne dell’hinterland di Sassari, ha rappresentato tutt’altro che il primo vero respiro di libertà, quel giorno è cominciato un calvario.
«Ricordo ancora lo sguardo di mia figlia perso nel vuoto quando andai a prenderla fuori dalla discoteca, ricordo i suoi capelli pieni di terriccio, i tagli sul corpo, alcuni ancora sanguinanti, i segni dei morsi sulla pelle…».
Una madre in lacrime racconta in un’aula di tribunale il calvario vissuto dalla propria figlia una sera di ottobre del 2022 quando – ripresasi da uno stato di choc che durò tutta la notte – rivelò di essere stata stuprata. Violentata da un ragazzo poco più grande di lei «con il quale si era baciata in pista mentre ballavano – ha riferito la donna rispondendo alle domande del pubblico ministero Angelo Beccu – e che poi l’ha portata in una grotta lì vicino e ha abusato di lei, nonostante mia figlia gli urlasse di smetterla».
Violenze che sarebbero state confermate anche dai medici del pronto soccorso di Sassari che avevano riscontrato anche l’assunzione di alcol e cannabinoidi nella minorenne. Quel ragazzo, che oggi ha 21 anni, è finito a processo con l’accusa di violenza sessuale. Difeso dall’avvocato Lidia Marongiu si è sempre difeso respingendo con forza le accuse che gli contesta la Procura, ossia “aver approfittato dello stato di incoscienza della ragazza dovuto all’assunzione di alcolici e marijuana, per trascinarla in un anfratto e violentarla”. Rievocare quei momenti di dolore non è stato semplice per la mamma della giovane, costituitasi parte civile con l’avvocato Sara Dettori. Ha dovuto ripercorrere – davanti al collegio presieduto dal giudice Giancosimo Mura (a latere Monia Adami e Sara Pelicci) ogni attimo di quella sera e dei mesi successivi durante i quali la figlia ha dovuto seguire un percorso psichiatrico, ha subìto diversi ricoveri, ha lottato – tra attacchi di panico e ansia – per superare quell’incubo.
«Ancora oggi mia figlia non sa come sia finita dentro quella grotta, ricorda solo che lei diceva di fermarsi ma lui continuava». Ripercorre anche primi soccorsi prestati alla ragazza. «Quando andai a prenderla a Ossi mi preoccupai perché non rispondeva al telefono, chiamai l’amica e la sua voce era spaventata. Capii che era successo qualcosa e una volta arrivata in auto davanti alla discoteca vidi tantissimi ragazzi riuniti. A un certo punto è sbucata mia figlia. Non era in sè, era piena di tagli. L’ho portata a casa e le ho fatto una doccia, è stato allora che mi sono resa conto dello stato in cui si trovava: quel terriccio era ovunque, negli indumenti, negli slip, aveva un taglio sulla clavicola largo e profondo. Non parlava…». Solo la mattina successiva la giovane si è resa conto «e ha cominciato a ripetere al telefono con un’amica: “cosa mi ha fatto?”, “cosa mi ha fatto?” “Mi ha stuprato”». Un racconto confermato ieri,, 19 febbraio, da altre tre testimoni sentite sempre ieri in aula, tre amiche che erano presenti quella sera di tre anni fa. Il collegio ha rinviato l’udienza al 21 maggio.
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