La procura di Catanzaro mette ancora nel mirino l’ex presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio. L’ex governatore ha ricevuto nei giorni scorsi l’avviso di conclusione delle indagini nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto “Sistema Pallaria”. Oliverio è accusato di falso: il suo nome è infatti legato alla proroga di alcuni contratti di collaborazione coordinata e continuativa ( co. co. co.).
Secondo l’impostazione accusatoria – che coinvolge trentuno persone – l’ex governatore avrebbe esercitato pressioni su due dirigenti regionali affinché prorogassero illecitamente, per un ulteriore anno, il contratto di due lavoratori inizialmente assunti nel 2017 con un incarico a progetto presso il dipartimento di Protezione Civile.
I due funzionari coinvolti nell’indagine sono Domenico Maria Pallaria, all’epoca dirigente generale reggente del dipartimento di Presidenza e anche dirigente generale reggente del settore Protezione Civile, e Antonio Nisticò, responsabile amministrativo del settore Protezione civile.
La presunta irregolarità si sarebbe consumata nell’aprile del 2019, portando così il reato vicino alla prescrizione, che scatterà il prossimo aprile. Ed è proprio questa circostanza, unita alla tempistica della notifica dell’indagine, ad aver suscitato la dura reazione di Oliverio. L’ex governatore, infatti, non ha esitato a esprimere pubblicamente il proprio sdegno, ritenendo di essere vittima di un accanimento giudiziario da parte della procura di Catanzaro, guidata fino a poco tempo fa da Nicola Gratteri, lo stesso magistrato sotto la cui direzione furono avviate le indagini su questa vicenda.
Attraverso un lungo post pubblicato sul proprio profilo Facebook, Oliverio ha denunciato quella che definisce ormai una vera e propria persecuzione giudiziaria nei suoi confronti.
«Ancora una volta – scrive l’ex presidente della Regione – come una bomba a orologeria, deflagra una “nuova” indagine della procura della Dda di Catanzaro, già retta da Gratteri, tacciata nei miei confronti di “chiaro pregiudizio accusatorio” dalla Suprema Corte di Cassazione».
Il riferimento di Oliverio è alle dichiarazioni della Cassazione nell’ambito dell’inchiesta “Lande desolate”, un procedimento giudiziario che in passato lo aveva visto coinvolto e che gli era costato un provvedimento di obbligo di dimora. Tuttavia, in quel caso, il politico calabrese era stato successivamente assolto, e i giudici della Cassazione avevano duramente criticato l’impianto accusatorio, sottolineando come fosse caratterizzato da un evidente pregiudizio nei suoi confronti. In particolare, la Suprema Corte aveva censurato il fatto che gli inquirenti avessero attribuito a Oliverio una presunta condivisione delle modalità fraudolente con cui dovevano essere finanziate alcune opere pubbliche, senza che vi fossero elementi concreti a supporto di tale accusa.
«Questo pregiudizio – prosegue Oliverio nel suo sfogo – mi perseguita da più anni ormai e, non pago di ricevere assoluzioni su assoluzioni, proscioglimenti e decreti di archiviazione, per tenere desto l’interesse su di me, a distanza di ben sei anni dai fatti, notifica una nuova indagine.
Che sia abnorme la contestazione nei miei confronti, unica peraltro, inserita in un contesto che riguarda decine e decine di contestazioni ad altre persone, lo evidenzia la lettura del capo di imputazione. Avrei istigato un Dirigente al fine di un anno di proroga di contratto di 2 ( due) co. co. co.! Falso presupposto e falsa affermazione. A meno che non si voglia sostituire la procura alla normale amministrazione di una Regione o di qualsivoglia altro Ente».
L’ex governatore calabrese non nasconde la sua indignazione e critica aspramente quella che definisce una strategia dilatoria da parte della magistratura, volta a mantenere aperta l’attenzione giudiziaria su di lui senza una reale esigenza investigativa.
«Con me si è tentato, senza successo e con pregiudizio accusatorio, più e più volte aggiunge -. Quello che in questo caso indigna ulteriormente è che la bomba congegnata è a scoppio ancor più ritardato. Insopportabile, al di fuori da ogni norma processuale, che esige, al contrario, una celerità di giudizio. Se si inizia con 6 anni di ritardo, per colpevolissime strategie dilatorie, è una pessima giustizia! Ai calabresi ormai tristemente nota».
Insomma, non si placa la tensione tra Oliverio e la procura e, in particolare, con il suo ex procuratore Nicola Gratteri. Già in passato, l’ex governatore aveva denunciato quello che a suo avviso è un uso distorto dell’azione giudiziaria nei confronti degli amministratori pubblici, accusando alcuni settori della magistratura di operare sulla base di preconcetti anziché su elementi oggettivi.
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