L’attacco ai criteri Esg sia un’opportunità per sostenere le imprese nella transizione

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Chi resterà indietro con nostalgie di passato perderà la sfida competitiva e anche quella dei rendimenti in borsa.

Con queste parole Leonardo Becchetti, presidente di Etica Sgr, ha lanciato un monito ai gestori e alle imprese: in un mercato in rapida evoluzione, chi si aggrappa ai modelli tradizionali rischia di rimanere indietro, sia in termini di competitività che di performance azionaria.

Questa affermazione si inserisce in un contesto globale sempre più problematico per i fondi che tengono conto dei criteri ambientali, sociali e di governance (Esg). Negli Stati Uniti, ad esempio, il clima politico e la crescente presa di distanza dal cosiddetto stakeholder capitalism hanno spinto molti gruppi a disinvestire dai fondi Esg, riconsiderando il proprio ruolo: mentre una volta si impegnavano attivamente per promuovere il cambiamento nelle aziende, oggi la strategia tende a separare la componente Esg dalle decisioni d’investimento, privilegiando criteri esclusivamente finanziari.

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BlackRock, il più grande gestore patrimoniale del mondo, forse esemplifica meglio di tutti questa parabola: l’amministratore delegato Larry Fink ha smesso di usare il termine Esg perché, ha affermato, “è stato completamente trasformato in un’arma”, e oggi preferisce parlare di “investimento di transizione”. Insieme ad altri gestori, BlackRock ha abbandonato gruppi come Climate Action 100+ e Zero Asset Managers. Vanguard e BlackRock, oltre a giganti tecnologici come Meta e Amazon, hanno anche attenuato le loro politiche in materia di diversità, equità e inclusione (Dei), adottando un approccio meno rigido, in continuità con le nuove mosse dell’amministrazione Trump.

Ma cosa è avvenuto negli ultimi mesi nel mondo degli investimenti e del risparmio targato Esg? Secondo l’ultimo rapporto di Morningstar Sustainalytics nel quarto semestre del 2024 gli acquisti netti di fondi sostenibili globali si sono dimezzati rispetto ai livelli del 2023, mentre il resto dell’universo dei fondi ha registrato un boom e il secondo più grande numero di sottoscrizioni in sette anni. Gli asset nei fondi sostenibili statunitensi sono scesi nell’ultimo trimestre, “sulla spinta del crescente sentimento anti-Esg e dell’intensificazione dei controlli sotto l’amministrazione americana”. Una crescita modesta si è registrata in Asia, escluso il Giappone. Osserva ancora la società di ricerca che

I minori afflussi sperimentati dai fondi sostenibili negli ultimi anni contrastano con i molteplici sondaggi che mostrano un continuo interesse degli investitori per gli investimenti sostenibili. 

Secondo un sondaggio pubblicato da Morgan Stanley un anno fa, infatti, il 54% degli investitori individuali aveva pianificato di aumentare i propri investimenti sostenibili nel 2024 e il 77% era interessato agli investimenti sostenibili.

Ma non ci sono soltanto cattive notizie. In Europa i flussi verso i fondi obbligazionari sostenibili hanno superato quelli verso il reddito fisso tradizionale. Come evidenzia Morningstar Sustainalytics, il vecchio continente “è il primo grande mercato di fondi Esg al mondo, con l’84% del patrimonio gestito”. Un primato da difendere e consolidare nel tempo, evidenziando come sia possibile promuovere un comportamento aziendale responsabile senza sacrificare i rendimenti. In quest’ottica sarebbe opportuno che l’Unione europea non cedesse alle crescenti richieste di alleggerimento dei requisiti di rendicontazione Esg (in particolare le direttive Csrd e Cddd, ovvero sulla rendicontazione di sostenibilità e sulla due diligence) provenienti da Francia e Germania, che si apprestano a presentare proposte per limitarne l’onere normativo. Come spiega una coalizione di grandi investitori, composta dall’Institutional investors group on climate change (Igcc), dallo European sustainable investment forum (Eurosif) e dai Principle for responsible investment (Pri), la rimessa in discussione dei requisiti Esg europei “nella loro interezza, rischia di creare incertezza normativa e potrebbe in ultima analisi mettere a repentaglio” l’obiettivo dell’Europa di essere all’altezza del suo Green Deal, che è sancito dalla legge. Se l’Ue sbagliasse, rischierebbe di vanificare anni di lavoro.

La sfida per il mondo finanziario, invece, è duplice: da un lato, i gestori devono dimostrare che l’integrazione di criteri Esg non è solo un’operazione di compliance o un’ideologia fine a se stessa, ma un vantaggio competitivo reale che si traduce in maggiori rendimenti e in una riduzione dei rischi; dall’altro, devono saper comunicare in modo trasparente e credibile il valore aggiunto di tali investimenti agli investitori, spesso scettici di fronte a un panorama normativo e mediatico fortemente polarizzato.

D’altronde diverse ricerche confermano i vantaggi di pratiche aziendali sostenibili. Uno studio globale della NYU Stern School of Business ha rilevato una chiara relazione positiva tra Esg e performance finanziaria nel 58% degli studi aziendali, mentre solo l’8% ha mostrato una reazione negativa. E i ricercatori della Harvard Business School hanno mostrato che, nel momento in cui nel 2020 i mercati finanziari globali stavano crollando a causa della pandemia, le aziende con i rendimenti azionari meno negativi erano quelle che il pubblico percepiva come più responsabili. Altri Rapporti hanno evidenziato che integrare i rischi Esg consente di migliorare la resilienza degli istituti di credito, anticipando gli impatti economici e normativi della transizione.

Alcune critiche, come gli oneri elevati in capo alle aziende e il pericolo greenwashing, possono sollevare certamente problemi reali, sui quali in futuro servirà intensificare gli sforzi.  Una maggiore collaborazione tra agenzie di rating, regolatori e aziende è fondamentale per superare queste sfide. E poi c’è l’aspetto economico. Le strategie Esg comportano investimenti significativi per le aziende, in particolare nel breve e medio termine, a fronte di performance finanziarie che tendono a diventare evidenti su orizzonti temporali più lunghi, come ha ben mostrato il report della NYU Stern School of Business. La redditività è dunque fondamentale per mantenere il supporto a lungo termine degli azionisti, soprattutto nella fase di incertezza che sta attraversando l’economia mondiale. Proprio gli scenari economici per i diversi settori produttivi italiani saranno al centro del prossimo Rapporto ASviS di Primavera, che verrà a presentato a maggio in apertura del Festival dello Sviluppo Sostenibile.

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In generale, sarà essenziale dunque un ampio supporto alle aziende aperte al cambiamento. Ciò richiederà una spinta importante a tutti i livelli, dalle istituzioni internazionali alle associazioni di settore. I casi virtuosi già esistono: iniziative come i Principi delle Nazioni Unite per l’investimento responsabile (Pri) forniscono quadri per allineare le pratiche aziendali con gli obiettivi Esg, offrendo criteri misurabili per la sostenibilità e la governance. Come ha raccontato Monica Sozzi sul sito ASviS, la rete italiana del Global compact dell’Onu ha lanciato recentemente le nuove linee guida per le aziende su diversità e inclusione. Perché, ha osservato Marco Frey, presidente di Un Global compact network Italia, 

la misurazione è un imperativo non solo etico, ma anche strategico per le imprese. 

Nel documento sono riportati indicatori chiave, raccomandazioni e buone pratiche per trasformare i valori in azioni concrete lungo l’intera catena del valore. 

Ieri Asstra, l’associazione che riunisce le imprese di trasporto pubblico locale in Italia, ha presentato un vademecum sulla rendicontazione Esg, che serve a mostrare agli stakeholder come raggiungere gli obiettivi stabiliti.  Il presidente di Asstra, Andrea Gibelli, ha evidenziato come 

il reporting Esg non solo offra l’opportunità di rivedere e ottimizzare i processi produttivi, ma anche di allinearli alle tendenze finanziarie contemporanee, aprendo nuove opportunità di crescita.

Partecipando attivamente a questo percorso, dunque, le aziende non solo contribuiscono a un pianeta più sano, ma sbloccano anche infinite possibilità di innovazione e crescita. Come ha notato il Cambridge institute for sustainability leadership, impegnato nella sensibilizzazione del mondo del business sulle tematiche green, 

gli interessi dei combustibili fossili e altri difensori dello status quo impiegano ingenti risorse per rafforzare la resistenza sociale e politica al cambiamento. È giunto il momento di riconsiderare la sostenibilità come un imperativo per salvarci.

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Copertina: Unsplash



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