Abbiamo partecipato ad un evento in anteprima negli uffici losangelini di Team Jade, studio di sviluppo che ha “resuscitato” il brand sparatutto Delta Force dopo anni di inattività. Tra l’altro, i progetti del collettivo prevedevano fin dall’inizio non solo la presenza della modalità competitiva attualmente disponibile su PC Steam, ma anche di una campagna PVE giocabile sia in singolo, che con altri tre utenti (qui la prova del PvP di Delta Force). Con tanto di trama, missioni e cinematiche basate nientemeno che sul film “Black Hawk Down” diretto da Ridley Scott nel 1999, e sul primo videogioco della serie Delta Force, di cui questa campagna vuole essere una sorta di “remake”.
Da film a videogioco: Black Hawk Down
Facciamo una premessa: abbiamo giocato per intero a due missioni della campagna slegate tra loro, con un incarico proveniente dall’inizio dell’avventura e l’altro posizionato a circa metà della storia. Ciò significa che non ci esprimeremo sulla trama, su quanto sia aderente o si discosti da quella del film su cui è basata.
Di certo gli sviluppatori conoscono l’importanza del materiale di riferimento del loro progetto: “Delta Force è doppiamente importante per noi e per i giocatori, perché è sia una serie storica, per alcuni di noi il primo FPS mai provato, ma è anche Black Hawk Down, un grande film riconosciuto a livello internazionale che stiamo cercando di tradurre in videogioco in un modo che speriamo sia il più interessante possibile per l’utenza“. Le poche cinematiche che abbiamo visto ci hanno lasciato impressioni positive, sia lato grafica, animazioni ed effettistica, sia sul fronte audio, complice l’ottimo doppiaggio in inglese e una credibile sonorizzazione della guerra. La stessa che del resto abbiamo apprezzato durante il gameplay.
Premesse e operatori selezionabili
Prima di cominciare, siamo stati divisi con gli altri colleghi in due squadre, ciascuna composta da quattro giocatori. Sì, potremmo chiamare Black Hawk Down la modalità single player di Delta Force, anche perché è affrontabile in solitaria con tre compagni controllati dall’IA, ma è più corretto definirla campagna PVE. Del resto, è stata studiata per la dimensione co-op. A tal proposito, gli appassionati fan del concetto di “esercito di un solo uomo” potrebbero avere la vita difficile visto il tasso di sfida dell’esperienza. In fase di presentazione ci è stato detto addirittura di aspettarci delle “vibe alla Dark Souls” per quanto riguarda l’aggressività, l’intelligenza e il pericolo rappresentato dai soldati nemici.
Degli uomini in grado di leggere le nostre coperture e aggirarle, di nascondersi agilmente per non essere crivellati e di sfruttare al meglio granate e altri strumenti. Prima di testare la veridicità di queste premesse degli sviluppatori, abbiamo scelto il nostro personaggio, il suo kit di armi e oggetti, e ci siamo accorti di una prima evidente differenza tra il gioco competitivo e la campagna: anziché sfruttare i nove operatori della modalità a estrazione PVP, Black Hawk Down propone solo quattro personaggi divisi tra i ruoli di Assault, Engineer, Recon, o Support. Per Black Hawk Down il team voleva ricreare un’esperienza più classica, totalmente separata da tutte le possibilità strategiche del PVP. Inoltre, alcune possibilità di questa seconda dimensione del gioco sono state rimosse dalla campagna perché non compatibili con la storia. Si pensi alla personalizzazione delle armi: dei soldati al fronte avrebbero davvero il tempo di modificare i propri fucili? Non aveva senso per gli sviluppatori, che in ogni caso hanno confermato la possibilità di equipaggiare armi differenti.
Ciascun personaggio di Black Hawk Down è comunque dotato di una peculiare abilità legata al suo specifico ruolo in missione: il Support cura le ferite, l’Engineer fornisce munizioni e via dicendo. Nel provare prima il medico e poi Assault non abbiamo notato differenze nell’agilità di movimento dei soldati o nella loro capacità di infliggere i danni, peraltro entrambi avevano accesso agli stessi set di equipaggiamenti e bocche da fuoco. Insomma, la varietà tra i tipi di operatori ci è parsa meno marcata del previsto. Ci è stata promessa una difficoltà strategica importante come base dei vari livelli e forse delle differenze d’approccio più evidenti tra le classi di soldati avrebbero potuto donare maggior profondità ai modi di affrontare le missioni.
Sul campo di battaglia
Una volta iniziata la campagna il primo impatto è stato positivo: le cinematiche ci sono sembrate di ottima fattura, ben doppiate e il caos della guerra è stato ricreato con dovizia di particolari, mentre atterravamo con un elicottero su di un edificio diroccato, pronti per affrontare la nostra prima missione di salvataggio. Non conosciamo le specifiche del PC con cui abbiamo condotto la prova, ma se non altro tolto qualche saltuario problema di stabilità è filato tutto liscio. Sul fronte visivo gli sviluppatori hanno sfruttato Unreal Engine 5 per offrire un colpo d’occhio generale credibile, anche in termini di illuminazione ed effetti particellari. Inoltre, possiamo far fuoco con armi dettagliate di tutto punto e ben animate, come pure ammirare esplosioni, raffiche, e nuvole di polvere e fumo che si alzano in lontananza.
Convincenti anche le superfici che abbiamo incontrato, mentre i protagonisti e i loro avversari ci hanno dato l’impressione di essere qualche gradino sotto in quanto a rifinitura rispetto alle location. Inoltre, il riciclo di modelli degli avversari è abbastanza evidente. Rispetto alla dimensione PVP, Black Hawk Down punta a far sperimentare al giocatore un realismo più marcato, a partire dai movimenti del personaggio: pesanti, persino un po’ lenti a volte. Quelli che ci si aspetterebbe, in effetti, da un soldato armato di tutto punto e coperto di vesti antiproiettile. Da un lato abbiamo apprezzato questa diversificazione tra le dimensioni dell’esperienza, anche perché parte della difficoltà di Black Hawk Down dipende proprio dal doversi adattare a movimenti meno scattanti e a ritmi meno frenetici dell’azione, complice un time to kill più lungo. Tuttavia, ci chiediamo se i fan del competitivo, che comprensibilmente vorranno provare Black Hawk Down, la penseranno allo stesso modo, dovendosi abituare a un gunplay identico nel feedback delle armi da fuoco ma legato a una formula dai ritmi decisamente più compassati. Da ciò che abbiamo avuto modo di provare, possiamo dirvi che il livello di sfida ci è sembrato soddisfacente: non innalzato in modo artificioso da ondate infinite di nemici, ma garantito da un’IA avversaria che ha un’ottima mira e sfrutta bene le coperture.
A volte forse è un pelino troppo efficace: abbiamo visto soldati nemici fare fuoco da dietro porte chiuse – distruttibili e attraversabili dai proiettili – e in quei casi abbiamo potuto reagire solo dopo aver già beccato un po’ di danni. Bisogna stare molto attenti al fuoco amico. Non abbiamo tratti colorati a distinguere alleati e assalitori e basta una distrazione per abbattere un compagno. Inoltre non c’è respawn: chi cade in battaglia può essere “resuscitato” solo entro un breve lasso di tempo, superato il quale è considerato morto fino al termine della missione, o all’arrivo del game over. Ci hanno sorpreso poi i dettagli puramente estetici disseminati in ogni dove in mappe abbastanza aperte e – almeno stando a ciò che abbiamo visto – dotate di un buon level design e posizionamento di nemici. Esplorando le aree delle operazioni potremo trovare casse di munizioni e consumabili vari.
Missioni, longevità e difficoltà
Nella prima missione affrontata ci siamo mossi tra le strade aperte di un rione devastato da bombe e sotto il fuoco incrociato. Gli ostaggi da salvare e i terroristi da catturare si nascondevano in una struttura a due piani, e sfruttavano balconate, scale e stanze chiuse per renderci la vita più difficile. Una volta conquistato l’edificio abbiamo dovuto difenderlo da qualche ondata di avversari, cambiando punto di vista sulla mappa e dovendo utilizzare noi le coperture in precedenza a disposizione dei nemici. Infine, ci siamo diretti verso il punto di estrazione, e abbiamo iniziato la seconda missione.
Stavolta il setting era decisamente più claustrofobico e per certi versi più interessante: ci siamo dovuti muovere tra i rottami di una baraccopoli caratterizzata da vicoli stretti e pericoli a ogni angolo. Come se non bastasse, dovevamo fare i conti con cecchini ben nascosti su alcuni edifici circostanti, da espugnare per terminare il nostro compito e poter proseguire. Questa missione era di livello più alto, coi tiratori del nemico più che abili nel punire ogni nostra uscita dalle coperture, e con un bel po’ di minacce in movimento nelle stradine semibuie che sbucavano fuori all’improvviso. Non l’abbiamo completata, purtroppo, ma sappiate che abbiamo lottato fino alla fine. Comunque, ci è stato detto che la durata della campagna dipenderà anche dal nostro livello di abilità. Affrontandola in compagnia di un team capace e senza mai morire potremo chiuderla anche in meno di quattro ore.
Fatta questa premessa, il gioco ci permetterà di portare a termine tutte le sette missioni in circostanze differenti da quella ottimale e meno favorevoli. Non dovremo temere di tentare più volte il medesimo incarico e anzi dovremo coordinarci con la squadra per portare a casa il risultato. Black Hawk Down non offrirà alcun selettore della difficoltà, ma gli sviluppatori hanno detto che se dovessero ricevere numerose richieste circa l’arrivo di un livello di sfida meno intenso allora potrebbero prendere in considerazione l’idea di aggiungerlo.
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