Negli ultimi anni, le tensioni tra le due Coree sono aumentate significativamente, con la possibilità di una guerra in Corea che appare sempre meno remota. Le relazioni tra il Nord e il Sud si sono deteriorate, e la crisi politica interna della Corea del Sud ha ulteriormente complicato la situazione internazionale. Dopo il sostanziale fallimento della tentata normalizzazione delle relazioni tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord, durante il primo mandato di Donald Trump, il dittatore nordcoreano Kim Jong-Un sembra aver perso ogni speranza per una futura riconciliazione e l’arsenale missilistico e nucleare del regime continua a crescere. Inoltre, l’invasione russa dell’Ucraina ha offerto a Pyongyang l’occasione di avvicinarsi a Mosca, bilanciando la soffocante amicizia con la Cina e confermando la svolta bellicista del regime.
Nel frattempo, la guerra in Corea è diventata una preoccupazione crescente a Seoul, dove il presidente Yoon Suk Yeol ha adottato una politica ostile nei confronti di Pyongyang, rafforzando al contempo le relazioni con il Giappone e gli Stati Uniti, mentre le tensioni nella penisola coreana si intensificano. La gigantesca crisi politica sudcoreana scatenata dal tentativo di Yoon di imporre la legge marziale e il suo successivo impeachment hanno gettato il Paese nell’incertezza generale. Gli effetti di questa debolezza interna sul futuro delle relazioni inter-coreane sono al momento ancora poco chiari.
La rinuncia del Nord al dialogo
Sin dalla divisione della Corea nel 1945, entrambi i governi hanno ascritto la riunificazione delle penisola tra i principali obiettivi nazionali dei rispettivi regimi, e la guerra non fu esclusa come strumento per il raggiungimento di tale obiettivo. Solo a partire dal 1972, le due coree hanno formalmente escluso, in uno storico comunicato congiunto, che la riunificazione non sarebbe stata raggiunta manu militari. Da allora si sono susseguite fasi alterne di apparente riconciliazione e di tensione tra i due Paesi. Una svolta storica è stata annunciata da Kim Jong-Un a dicembre 2023 durante un discorso davanti all’Assemblea Popolare Suprema (il parlamento nordcoreano), quando il dittatore ha proclamato la fine degli sforzi della Corea del Nord verso la riunificazione e la designazione ufficiale della Corea del Sud come “nemico principale” del regime.
Hanno fatto seguito a questo discorso la chiusura di istituzioni pubbliche nordcoreane dedicate al dialogo con il vicino e la letterale demolizione di simboli legati alla potenziale riunificazione. Provocazioni più serie da parte di Pyongyang includono l’invio di palloni pieni di spazzatura oltre la frontiera e soprattutto i regolari test di missili balistici a raggio intermedio, l’ultimo dei quali si è tenuto a gennaio.
Kim avrebbe dunque preso la decisione di intraprendere questa svolta dopo che gli storici bilaterali col presidente americano Trump tra il 2018 e il 2019 non hanno sortito i risultati sperati. Il Presidente Nord Coreano sperava di ottenere una riduzione della presenza militare americana in Corea (circa 24,000 truppe americane sono stanziate in Corea del Sud come deterrente contro il Nord dalla Guerra di Corea del 1950-1953) o perlomeno un parziale rilassamento del regime sanzionatorio imposto alla Corea del Nord, attraverso una normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti. Le negoziazioni hanno raggiunto un’impasse e Kim avrebbe quindi deciso di cambiare tattica per assicurare la sopravvivenza del regime.
La Cina è da sempre il protettore e principale partner commerciale della Corea del Nord sin dagli anni 50. Questa relazione però è ormai percepita come soffocante da Pyongyang, che da anni cerca di diversificare le proprie amicizie:u n’occasione perfetta si è presentata con l’invasione russa dell’Ucraina. Sfumata l’ipotesi di una normalizzazione dei rapporti con gli americani, Kim ha teso la mano a Putin, costruendo una de facto alleanza tra la Russia e la Corea del Nord. In cambio del supporto militare fornito dalle truppe nordcoreane a Kursk, Mosca ha promesso una maggiore cooperazione in campo missilistico e supporto diplomatico nei consessi internazionali, in particolare riguardo alle sanzioni.Tramite il nuovo legame con la Russia, la Corea del Nord ora patirà meno l’isolamento internazionale impostogli dagli Stati Uniti. Il regime è più solido, può prepararsi più spregiudicatamente ad una possibile futura guerra e con la nuova amministrazione Trump, non deve fare altro che aspettare la prossima mossa di Washington.
L’incertezza politica del Sud inasprisce le tensioni
L’impeachment di Yoon Suk Yeol e la successiva crisi istituzionale hanno invece lasciato la Corea del Sud in una fase di estrema incertezza, sia sul piano interno che internazionale. La sua presidenza, iniziata nel maggio 2022, è stata fin da subito improntata a una linea dura nei confronti di Pyongyang, interrompendo le politiche di riconciliazione dei suoi predecessori progressisti e rafforzando l’alleanza con Washington e Tokyo. Yoon ha incrementato le esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti, sostenendo una postura di deterrenza aggressiva contro il Nord, in netto contrasto con l’approccio più diplomatico del suo predecessore Moon Jae-in. Questa strategia ha contribuito all’irrigidimento di Pyongyang, che ha risposto intensificando i test missilistici e dichiarando formalmente il Sud un “nemico principale”.
Parallelamente, Yoon ha promosso una storica distensione con il Giappone, un paese con cui la Corea del Sud ha rapporti difficili a causa delle dispute storiche risalenti al periodo coloniale. Il suo incontro con l’allora primo ministro giapponese Fumio Kishida nel 2023 ha sancito un nuovo capitolo nelle relazioni bilaterali, con accordi su sicurezza e cooperazione economica. Tuttavia, questa politica ha sollevato forti critiche interne, molti sudcoreani hanno visto come un’umiliazione la disponibilità di Yoon a risolvere la questione dei lavoratori forzati della Seconda Guerra Mondiale senza ottenere scuse ufficiali da Tokyo.
Sul piano internazionale, l’amministrazione Yoon ha risposto all’avvicinamento tra Pyongyang e Mosca con una politica speculare. Sebbene inizialmente Seoul si fosse limitata a inviare aiuti umanitari e forniture non letali, l’intensificarsi della cooperazione tra Nord Corea e Russia ha spinto Yoon a cambiare rotta, non escludendo la possibilità di fornire materiale militare indirettamente a Kiev attraverso paesi terzi. Questo allineamento con l’Occidente ha aumentato il rischio di ritorsioni da parte di Mosca e Pyongyang.
La crisi politica che ha travolto il governo di Yoon ha origine dal suo tentativo di imporre la legge marziale in risposta a proteste e scioperi sempre più intensi. Questa mossa autoritaria ha scatenato un’ondata di indignazione e ha offerto al Parlamento, dominato dall’opposizione, il pretesto per avviare il processo di impeachment. Il Partito Democratico, già critico nei confronti della linea dura di Yoon, ha colto l’occasione per cercare di riorientare la politica sudcoreana verso una maggiore moderazione. Se l’opposizione dovesse consolidare il potere nelle prossime elezioni, è probabile che Seoul tenti un riavvicinamento con Pyongyang, riprendendo il modello di dialogo portato avanti da Moon Jae-in tra il 2017 e il 2022. Tuttavia, il mutato atteggiamento della Corea del Nord, che ha formalmente rinunciato alla riunificazione pacifica, riduce notevolmente le possibilità di successo di una simile strategia.
Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2025, la Corea del Sud si trova in una posizione di vulnerabilità strategica. La crisi interna ha reso il paese meno prevedibile agli occhi dei suoi alleati, mentre Pyongyang osserva con attenzione l’evolversi della situazione, pronta a sfruttare ogni segnale di debolezza. Il futuro delle tensioni tra il Nord e il Sud e la possibilità che scoppi una guerra in Corea dipenderanno non solo dall’esito delle elezioni in Corea del Sud, ma anche dalla capacità di stabilire una strategia di sicurezza che risponda alle crescenti sfide nella regione.
*La zona demilitarizzata al confine tra le due coree vista dal Sud [crediti foto: Wikimedia]
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